In oltre un quarto di secolo, dal 1992 fino alle udienze dei processi in corso, i collaboratori di giustizia hanno dato varie versioni sulla morte del pm della Cassazione. Brani scelti da un labirinto dove la giustizia si è smarrita

L'arresto di Giovanni Brusca
Maurizio Avola, killer del clan Santapaola, autore di più di 80 omicidi. L’anno scorso ha fatto ritrovare il fucile con cui si ritiene sia stato ucciso il giudice Scopelliti
«Ercolano mi disse che Falcone aveva indicato Scopelliti per la Cassazione. Falcone aveva continuato a interessarsi al maxi, per i mafiosi faceva di più di quello che doveva fare. Si era incontrato con il dottore Scopelliti. È Lima a portare queste notizie prima di essere assassinato. Lui era un uomo di Cosa Nostra. Lima lo dice a Messina Denaro, che lo dice a D’Agata che lo dice a me. D’Agata mi ha detto che è stato Lima a dare notizie sulle mosse di Scopelliti.L’omicidio non si poteva fare a Roma perché non volevano un omicidio eccellente là, anche quello di Falcone poi è saltato per lo stesso motivo».
Deposizione all’udienza del 5 aprile 2019, processo “Stragi del ‘92”; Corte d’Assise di Caltanissetta


Giovanni Brusca, conosciuto come “u verru” olo scannacristiani, reggente del mandamento di S. Giuseppe Iato in sostituzione del padre Bernardo, fedelissimo di Riina, esecutore materiale di un centinaio di omicidi fra cui la strage di Capaci
«L’omicidio del giudice Scopelliti fu un gesto preventivo che aveva più significati: l’obiettivo era agganciarlo attraverso soggetti calabresi, per tentare di avere una relazione positiva di favore».
Deposizione all’udienza del 22 marzo 2019, processo “’Ndrangheta stragista”, Corte d’Assise di Reggio Calabria


Consolato Villani, elemento di vertice del clan Lo Giudice ed esecutore materiale degli attentati contro i carabinieri del 93-94
«Dopo l'omicidio del giudice Scopelliti vennero presi degli accordi tra una strettissima parte della 'ndrangheta e Cosa nostra per fare delle azioni contro le istituzioni e a queste partecipavano elementi dei servizi segreti deviati che erano artefici in queste azioni».
Deposizione in aula del 15.12.2017, processo “’Ndrangheta stragista”, Corte d’Assise di Reggio Calabria


Nino Fiume, braccio destro del capocrimine di Reggio Calabria Giuseppe De Stefano
«È stata una cortesia a persone di Cosa nostra, perché il dottore aveva in mano il processo di Palermo. A detta di Giuseppe De Stefano, erano due calabresi. Non ho toccato questo argomento nel 2003 per cercare di non toccare le istituzioni. I Garonfolo non volevano che venisse toccato il giudice. Giuseppe De Stefano mi ha detto che a sparare sono stati tre»
Udienza del, processo Meta dell’11 luglio 2017, Tribunale di Reggio Calabria


Giovanni Ranieri, “soldato” dello schieramento di Imerti, all’epoca del delitto agli arresti domiciliari a meno di 400mt dal luogo dell’omicidio
«Inveiva contro i Garanfolo accusandoli di aver ammazzato il giudice nei pressi della propria casa per daneggiarlo (mi hanno armato la tragedia).Prima del delitto, aveva notato i Garonfolo che da Campo Calabro andavano avanti ed indietro per la strada. Più di una volta aveva visto Peppe Garonfolo a pochi metri dal punto in cui veniva ucciso il magistrato. Poichè diffidava dai predetti, aveva pensato che volessero ammazzarlo, approfittando del fatto che, a causa della misura di prevenzione irrogategli, non si potesse allontanare dalla zona».
Dichiarazioni richiamate nella sentenza della Corte d’Assise di Reggio Calabria del 18 dicembre 1998, secondo processo per l’omicidio Scopelliti 


Giuseppe Scopelliti, braccio destro e consigliere del boss Nino-Imerti, capo dell’omonimo schieramento.
«Si sapeva che il giudice Scopelliti era “cosa loro” dei Garonfolo. Se non accettavano loro non sarebbe morto. (…) L ’omicidio del giudice Scopelliti non ha alcuna attinenza con la guerra di mafia,  anche se era vicino ai Garonfolo, tanto che quando per qualche cortesia ci si doveva rivolgere a lui, bisognava farlo tramite i Garonfolo. Escludeva che lo Scopelliti fosse stato ucciso per la stipulazione della pace (di mafia).
Udienza del 4/7/98 Corte d’Assise di Reggio Calabria, secondo processo per l’omicidio Scopelliti


Giuseppe Lombardo, “Cavallino”, killer e uomo di fiducia di Pasquale Condello
«Era stato Totò Riina, nel corso del summit, a dire che Scopelliti benchè avesse preso denaro per aggiustare in Cassazione un processo che riguardava Palermo, non aveva mantenuto gli impegni. 
A sparare erano stati Domenico Condello e Molinetti. Domenico Condello lo sparava con un fucile quando era sulla strada e poi “si sono avvicinati e hanno sparato ancora colpi di fucile e di pistola”, e quando la macchina precipitava (dalla strada nel sottostante terrapieno) lo finivano.
Giovanni Fontana gli raccontava ancora che i Garonfolo non volevano l’omicidio dello Scopelliti ma dovettero piegarsi al volere di Riina che gli aveva detto: “con me non perdete niente”. - “Questa è stata la parola che mi ha detto Giovanni Fontana»
Dichiarazioni rese in udienza il 9/6/97, richiamate nella sentenza della Corte d’Assise di Reggio Calabria, secondo processo per l’omicidio Scopelliti


Marino Pulito, ex boss della Sacra Corona Unita
Durante la guerra di mafia a Reggio Calabria, sempre il MammolitiI mi riferì che vi era un processo in Cassazione che riguardava i siciliani e che, questi attraverso Nitto Santapaola, avevano contattato ImertiAntonino affinchè avvicinasse il giudice Scopelliti per convincerlo ad "aggiustare" il processo.Questo fatto avvenne nel 1991. Successivamente Salvatore Pisano, che aveva un cognato a nome Vincenzo, che faceva parte del clan di Imerti-Condello il cui padre è stato assassinato vicino il Tribunale di Reggio Calabria, mi disse che era stato contattato il giudice inizialmente facendogli offerte di denaro anche ingenti, mi parlò di circa 4 o 5 miliardi e successivamente minacciandolo anche telefonicamente, ma poichè questi non aveva voluto accettare nessuna sollecitazione e quindi, mi disse, avevano programmato la sua uccisione appena sarebbe sceso in Calabria
Verbale del 19.1.1994


Giacomo Ubaldo Lauro, killer e colonnello della cosca Imerti, pentito alfa della ‘ndrangheta reggina
«Il delitto Scopelliti ci ha indotto a venire a patti con la cosca De Stefano - Tegano-Libri... perché ha determinato un intervento di tutti, e... intendo non solo la 'ndrangheta calabrese ma anche la mafia siciliana ed il crimine organizzato canadese legato ai calabresi»
Interrogatorio del 3.12. 92


Missiva del '92 con cui chiede al colonnello Angiolo Pellegrini, all'epoca responsabile della Dia di Reggio, di essere trasferito nel carcere di Reggio Calabria, per «capire e sapere alcune cose che mancano al mio mosaico di conoscenza. Prima fra tutti perché dopo la morte del giudice Scopelliti si è dovuta fare una pace che pace non è».


Gaspare Mutolo, primo pentito dei corleonesi, sicario e autista personale di Riina e braccio destro di Rosario Riccobono, capomandamento di Partanna-Mondello
«Tutto l'andamento del maxiprocesso, nelle sue varie fasi, è stato attentamente seguito da Cosa Nostra e sono stati posti in essere tutti i tentativi per condizionarne l'esito in senso favorevole all'organizzazione. In tale articolata strategia – aggiunge - si è inserito l'omicidio del dr. Scopelliti». 
Interrogatorio dell’1.9.1992