Il direttore generale Tedros Ghebreyesus aveva scritto al ministro della Salute per raccomandare Ranieri Guerra come suo inviato personale. Le ammissioni del'ex coordinatore Zambon: non sapevo cosa fare

Durante la prima ondata della pandemia il vicedirettore generale dell'Oms, Ranieri Guerra, nei suoi rapporti con il governo italiano e il ministro della Salute rappresentava personalmente il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Lo dimostra una comunicazione riservata del 9 marzo 2020 con cui Tedros, come si fa chiamare pubblicamente, raccomanda Guerra al ministro Roberto Speranza: un documento inedito che porta l'inchiesta della Procura di Bergamo direttamente dentro il quartier generale di Ginevra dell'importante agenzia delle Nazione Unite, dalla quale con le sue decisioni dipende - e purtroppo lo abbiamo visto - la salute degli abitanti del pianeta.

 

La lettera è stata scoperta dal gruppo di lavoro coordinato dall'avvocata Consuelo Locati, che nelle indagini assiste i familiari delle migliaia di bergamaschi uccisi dal nuovo coronavirus Sars-CoV-2. «Questa circolare», spiega Robert Lingard, consulente del team legale, «è importante perché con il ministro Speranza il direttore generale dell'Oms parla di Italian outbreak, cioè di focolaio italiano dell'epidemia. Mentre negli altri Paesi europei si parlava di cluster, quindi di casi isolati e controllati. Questo a significare che il virus in Europa si è diffuso attraverso l'Italia».

 

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«Distaccamento del dottor Ranieri Guerra a Roma in merito al Covid-19», è l'oggetto della comunicazione. «Caro ministro», scrive Tedros Ghebreyesus, «ho l'onore di fare riferimento alla recente discussione relativa al Covid-19 in Italia. La presente a confermare che, come da tua indicazione, il dottor Ranieri Guerra, Senior Adviser, sarà distaccato a Roma per assistere il tuo Gabinetto nell'attuale sforzo di controllare il focolaio di Covid-19 in Italia. Il dottor Guerra sarà mobilitato da mercoledì, 11 marzo in avanti, per un iniziale periodo di due mesi, in attesa di ulteriori tue richieste ed esigenze aggiuntive, a seconda dello sviluppo del focolaio».

 

«Comprendo che sarà dotato di un ufficio nella sede centrale del Ministero», prosegue il direttore generale dell'Oms, «e lavorerà direttamente con te e il tuo Gabinetto, interagendo con l'Istituto superiore di sanità e le autorità regionali, se e quando sarà necessario. Il dottor Guerra riferirà direttamente a me e al direttore regionale per l'Europa dell'Organizzazione mondiale della sanità, dottor Hans Kluge, che conosci bene. Rinnovo la piena disponibilità e il forte supporto che l'Oms è desiderosa di fornire a te e al Governo dell'Italia in queste difficili circostanze. Noi vi incoraggiamo ad accedere e a fare pieno uso delle attività e delle risorse dell'Organizzazione a qualsiasi livello. Riconosciamo inoltre gli sforzi fatti dal Governo italiano per controllare il focolaio, adottando misure di contenimento e mitigazione al più alto livello politico».

 

L’inchiesta
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Si apprende così che il nome di Guerra è stato suggerito a Tedros Ghebreyesus proprio dal ministro Speranza. In realtà quello che l'Organizzazione mondiale della sanità ha da offrire all'Italia è il caos totale. Soltanto l'11 marzo 2020 il direttore generale dell'Oms, dopo aver tentato per quasi due mesi di proteggere i buoni rapporti con la dittatura cinese, dichiara in ritardo la pandemia. Il 6 marzo, come raccontiamo in un altro articolo, la responsabile tecnica della task force e del centro dell'Oms per la prevenzione e il controllo delle infezioni, la professoressa Benedetta Allegranzi, contatta lo staff dell'assessore regionale Giulio Gallera con l'intenzione di imparare e ispirarsi al modello lombardo, che si rivelerà disastroso. Le linee guida le avrebbe dovute dare l'Oms all'autorità sanitaria regionale e nazionale. Non il contrario. E poi c'è il caos del coordinamento tra regioni.

 

Lo rivela Francesco Zambon, l'allora medico-funzionario dell'ufficio Oms di Venezia, che ha da poco pubblicato il libro autobiografico “Il pesce piccolo” (Feltrinelli). È la sera di martedì 3 marzo: «Torniamo a Venezia, ai tavolini in piazza San Marco e alla telefonata con HK (il direttore Oms per l'Europa, il belga Hans Kluge, ndr). Intorno a me», racconta Zambon, «c'era una notevole confusione alcolica, non sentivo bene e avevo in corpo un prosecco a stomaco vuoto, ma capii quanto bastava. Il direttore voleva che quella sera stessa assumessi il controllo delle attività Oms a supporto delle regioni italiane nella risposta al Covid».

 

«Rimasi un po' turbato», scrive Zambon, «perché io, pur medico e con un solido background in sanità pubblica ed epidemiologia, non mi ero mai occupato di emergenze. Tuttavia ero l'unico medico dell'ufficio Oms di Venezia, l'unico funzionario italiano, l'unico con contatti di fiducia ben stabiliti con molte regioni italiane […]. Senza remore accettai […]. Il 4 marzo sarei quindi entrato in ufficio come coordinatore delle emergenze del supporto Oms alle regioni italiane. Benissimo. Ma per fare cosa esattamente? Volevo avere delucidazioni sulle mie mansioni, capire quali erano gli obiettivi dell'organizzazione in Italia, quale contributo il nostro Paese si aspettava dall'Oms, su quale staff potevo contare. Domande normali per chiunque si trovi a dover ricoprire un incarico nuovo, di grande responsabilità […]. E soprattutto, avendo lavorato all'Oms per tredici anni, sapevo quanto era importante capire subito cosa non fare».

 

È proprio questa l'immagine confusa e politica dell'Oms di Tedros Ghebreyesus. Soltanto diciassette anni prima, quando direttrice generale era la norvegese Gro Harlem Brundtland, un medico che in Vietnam si occupava della prevenzione nelle scuole contro le infezioni da parassiti nei bambini, intuisce, riconosce e diagnostica la prima epidemia di polmoniti da nuovo coronavirus arrivata dalla Cina. Nessuno gli aveva dato delucidazioni sulle sue mansioni. Attraversava la capitale Hanoi in motorino per portare in laboratorio i campioni da analizzare. È anche morto per questo, ma con le sue decisioni tempestive ha salvato il Vietnam e l'umanità dalla prima pandemia di Sars. Era marchigiano, si chiamava Carlo Urbani. Un sacrificio personale che il mondo nuovo di Tedros ha già dimenticato.