L'evento
Sprechi, ritardi e figuracce: ecco le Olimpiadi Milano-Cortina 2026
Investitori privati in fuga, lavori in ritardo e cattedrali nel deserto. Ancora una volta l’Italia fatica a organizzare un evento sportivo di richiamo mondiale. Perché l’importante è partecipare a consorzi e appalti per opere inutili
Un calvario. La definizione migliore del percorso verso le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026 ha il copyright di Giovanni Malagò, numero uno del Coni e membro del comitato olimpico internazionale (Cio). L’Italia s’è desta, lo è sempre stata quando si tratta di gareggiare. Dorme un sonno profondo quando deve organizzare un evento sportivo a livello internazionale. Lo schema onirico è rodato. Si parte con l’annuncio che le opere saranno a carico dei privati, che costeranno poco e che porteranno un indotto funambolico con migliaia di posti di lavoro. All’ora del risveglio, due anni e due mesi prima dell’inaugurazione, siamo di fronte di un budget che ha sforato i 4 miliardi di euro, in massima parte pubblici, con il corredo di opere infrastrutturali in ritardo massiccio a eccezione di quelle, vedi il caso del villaggio olimpico allo scalo Fs di Porta Romana, che promettono ipervalutazioni immobiliari in una città come Milano, non particolarmente bisognosa di altri rincari nel mattone.
Data la posta in palio in termini finanziari e di ritorno di immagine, i Giochi sono diventati la palestra per polemiche e spaccature all’interno dell’esecutivo. La squadra di Giorgia Meloni, salvo imprevisti nel genere Papeete 2019, si presenterà compatta all’inaugurazione prevista il 6 febbraio 2026 nello stadio di San Siro, prima opera a fallire l’obiettivo che prevedeva abbattimento e ricostruzione. Compatta si fa per dire. A proposito di Papeete, il leader dell’opposizione interna al governo, Matteo Salvini, ha già avuto divergenze con il collega vicepremier forzista Antonio Tajani, che vorrebbe coinvolgere il Piemonte presieduto dall’altro berlusconiano Alberto Cirio, e con il fronte Fdi guidato dal ministro dello sport Andrea Abodi. Anche con il presidente del Veneto Luca Zaia, descritto come «incazzato nero» dal presidente dei costruttori veneti Alberto Gerotto, ci sono state frizioni, legate a una chiara supremazia lombarda nel ticket fra Milano e la località del bellunese.
A riconciliare i due leghisti è stato il simbolo del calvario evocato da Malagò: lo sliding centre. Nella lingua di Dante è la pista che accoglierà le gare di bob, slittino e skeleton. Sommate, queste discipline governate dalla federazione degli sport invernali (Fisi) contano una cinquantina di praticanti a livello agonistico. Con un costo previsto di 81,6 milioni di euro, significa un investimento di circa 1,6 milioni per atleta. Non male per tre sport poveri.
La situazione attuale è che la pista Eugenio Monti di Cortina d’Ampezzo è stata quasi interamente demolita. Ricostruirla con criteri moderni ed ecosostenibili, cioè evitando la refrigerazione artificiale ad ammoniaca, costerebbe nell’ordine di 150 milioni e difficilmente l’impianto sarebbe pronto per i Giochi. Lo stesso direttore tecnico dello slittino, l’ex olimpionico e pluricampione del mondo Armin Zoggeler, ha commentato che una pista nuova «non ha senso».
Tuttavia il ministro delle infrastrutture Salvini, per accontentare Zaia che parla di mini Olimpiade, ha promesso di rifare la Monti di Cortina senza costi aggiuntivi. Per adesso le imprese hanno fatto orecchio da mercante, salvo un vago interesse del tandem Webuild-Pizzarotti, e l’asta per l’appalto è andata deserta.
Il Piemonte a guida forzista ha offerto la pista di Cesana, utilizzata per i Giochi invernali di Torino 2006 e poi lasciata in abbandono. A favore del ticket Tajani-Cirio ci sarebbe la spesa ridotta intorno ai 30 milioni di euro.
Ma il tedesco Thomas Bach, numero uno del Cio, ha detto chiaramente che le gare di bob andranno fatte fuori dall’Italia. Nel ventaglio di candidature c’è la bavarese Königssee. L’ipotesi Innsbruck è sgradita al governo che sta litigando con la coalizione bianco-verde austriaca sul blocco dei tir al valico del Brennero. In alternativa, si parla di Saint-Moritz e addirittura di spedire i kamikaze della scivolata su ghiaccio negli Stati Uniti per la prima olimpiade intercontinentale della storia. Se a dispetto di tutto passasse Cesana - la decisione è slittata al prossimo gennaio - Tajani ha proposto di ridenominare i Giochi Milano-Cortina-Piemonte. A quel punto, sarebbe giusto includere il Trentino e l’Alto Adige che ospiteranno le gare di sci di fondo e biathlon, salvo che forse è difficile inserire in un logo una sede che occupa quasi tutto il Nord Italia.
La vicenda dello sliding centre pone il problema, ricorrente in molte edizioni dei Giochi, di come tenere in uso impianti creati per sport con un seguito modesto di praticanti e di appassionati. «Non vogliamo lasciare cattedrali nel deserto», ha promesso Abodi a un convegno un mese fa. Certo non è semplice riconvertire una pista di bob.
Il rischio di obsolescenza non riguarda il Palaitalia, palazzetto da sedicimila posti dedicato al torneo di hockey su ghiaccio nel quartiere Santa Giulia, alla periferia sud di Milano. Sulle ali del trionfo in Coppa Davis datato 26 novembre, il presidente della Federtennis Angelo Binaghi aveva proposto appunto il Palaitalia come sede per le finali di Coppa del novembre 2025. Niente da fare. Il cantiere, inaugurato dal sindaco Beppe Sala due giorni dopo la vittoria di Jannik Sinner e compagni il 28 novembre, accusa ritardi che lo porteranno a un’inaugurazione prevista entro la fine del 2025, dunque non in tempo utile per allestire il torneo tennistico che potrebbe andare al Forum di Assago. In più, c’è un problema di extracosti passati da 180 milioni a 250-280 milioni. In teoria la tedesca Cts eventim, general contractor dei lavori affidati al consorzio Eteria fra Vianini (Caltagirone), Itinera (Gavio) e Icop, dovrebbe accollarsi i rincari. In pratica li coprirà il governo, secondo la tradizionale interpretazione italiana del project financing. Sul torneo di hockey aleggia la fatwah della Nhl, il maggiore campionato professionistico del mondo, che potrebbe negare la partecipazione ai suoi atleti perché il tempo per collaudare il Palaitalia è insufficiente.
Il capitolo sponsor è un altro tasto dolente. Bisognava trovare 500 milioni di euro per sostenere il contributo pubblico e a luglio del 2022, con l’arrivo di Esselunga, il fundraising sembrava iniziato con il piede giusto. A fine dello scorso anno il piatto piangeva a dirotto con poco meno di 50 milioni raccolti da Vincenzo Novari, ad della Fondazione Milano-Cortina. Estromesso Novari, Abodi ha nominato Andrea Varnier, che si è fatto le ossa a Torino 2006 e ha lavorato alle olimpiadi estive di Rio dieci anni dopo. Il manager veronese è arrivato a raccogliere oltre 200 milioni. Ma circa metà della cifra arriva dalle Fs e dall’Eni, due gruppi che hanno il ministero dell’economia come azionista principale. A seguire nella lista si candidano Poste ed Enel, anche queste targate Mef almeno finché il governo non riuscirà a privatizzarle. Peraltro l’Eni pagherà gran parte dei suoi 45 milioni di euro in natura, con benzina e gasolio. Le Ferrovie, spinte a donare generosamente perché fra pochi mesi si rinnoverà il cda della holding, hanno aggiunto all’obolo il treno notturno “Cadore” fra Roma e Cortina o meglio fra Roma e Calalzo perché a Cortina la stazione è chiusa dal 1964. Saranno dieci ore abbondanti di tragitto in un ambiente old style più cinquanta minuti di pullman. Di che rimpiangere la proposta, bocciata, di un ennesimo nuovo aeroporto lanciata dalla ministra del turismo Daniela Santanchè e il progetto in corso di eliporto proposto in società fra la Save di Enrico Marchi e Andrej Toporov, magnate russo-kazako con residenza a Jesolo e proprietario dell’hotel Ampezzo.
Con questo quadro complessivo, i lavori procedono a rilento quasi ovunque. L’inevitabilità del ritardo è garantita da una filiera di governance che pure si dichiara decisionista. La Fondazione Milano-Cortina, partecipata dagli stakeholder, ha in dotazione 1,5 miliardi di fondi ed è in perdita per 75 milioni di euro aggregati nel biennio 2021-22, com’è normale in questa fase. Nel 2020 è stata costituita la Simico infrastrutture Milano-Cortina controllata alla pari da Mef e Mit, con il restante 30 per cento diviso tra Lombardia, Veneto e le due province di Trento e Bolzano. Simico è la stazione appaltante delle opere ed è presieduta da Veronica Vecchi, docente alla Sda-Bocconi e subcommissaria ai mondiali di sci di Cortina 2021. L’ad è Luigivalerio Sant’Andrea, ex di Sport e salute, la ex Coni servizi rilanciata nel 2019 dal governo giallo-verde in funzione anti-Malagò.
Altri due elementi non potevano mancare nell’articolazione dell’evento. Uno è la cabina di regia di palazzo Chigi costituita il 2 febbraio, una sorta di interministeriale allargata che si riunisce un paio di volte al mese. L’ultima, il 4 dicembre, ha visto coinvolti Abodi, Zaia, Malagò, Salvini, Giancarlo Giorgetti (Mef), il responsabile dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin e Alessandra Locatelli, ministro per le disabilità, che troveranno il loro teatro sportivo nelle Paralimpiadi a partire dal 6 marzo 2026.
L’altro fattore dirigista è rappresentato dai commissari straordinari, sparsi come zucchero a velo sulle opere infrastrutturali collaterali ai Giochi. Chi ha trascorso il ponte dell’Immacolata sugli sci in Valtellina, sede delle competizioni dello sci alpino maschile, potrà avere notato il cantiere della tangenziale di Tirano, ideata per disinnescare il budello infernale di traffico da e per Bormio della statale 38 dello Stelvio che attraversa il paese. L’opera è stata affidata alla Inc dell’imprenditore piemontese Matterino Dogliani con un costo previsto di 187 milioni per 6,6 chilometri, oltre 28 milioni a chilometro. La fine lavori è prevista a giugno del 2027. Nel tentativo di abbreviare l’attesa è stato nominato commissario Nicola Prisco, responsabile dell’Anas in Lombardia. Poco più a sud, si spera di completare un’altra tangenziale, quella del capoluogo Sondrio, che costa meno (53 milioni di euro) ma si trascina da anni. Anche qui si pensa di finire a maggio del 2026, tre mesi dopo la chiusura dei Giochi. Il trittico valtellinese è completato dalla tangenziale di Bormio, contestata dai residenti ma a prezzi d’occasione: 1 km per 7 milioni di spesa, soltanto un terzo dei 21 milioni per il nuovo stadio Stelvio ai piedi della pista.
Che siano Giochi a trazione lombarda, come paventa il trevigiano Zaia, lo sanciscono piccoli eventi come l’inaugurazione dell’albero di Natale olimpico in piazza Duomo a Milano il 6 dicembre, alla presenza di Sala, di Malagò, del presidente regionale Attilio Fontana, di Marina Caprotti (Esselunga), e di Luca Pancalli, presidente del comitato paralimpico. Nel reparto grandi spese, l’elenco degli interventi infrastrutturali è stato impiombato da opere che languono da tempo, a partire dai tratti B2 e C della Pedemontana lombarda, l’autostrada più costosa della storia d’Italia, che con i Giochi non c’entra nulla e che fatica a districarsi dal contenzioso con i proprietari dei terreni da espropriare. In lista fra i rimandati sono finite le varianti di Vercurago nel lecchese e di Trescore-Entratico nella bergamasca.
L’efficiente Nordest si lamenta ma sta tradendo le aspettative. È il caso della circonvallazione di Cortina, un kolossal da mezzo miliardo di euro, e della variante Longarone con i suoi 396 milioni. Entrambe le opere sono in ritardo. Anche le imprese ci mettono del loro. Lo stadio del biathlon ad Anterselva, da ristrutturare con 40 milioni, è finito nella morsa Tar-Consiglio di Stato su ricorso della ditta Gasser esclusa dalla gara d’appalto vinta da Unionbau. Si aggiunga il villaggio olimpico cortinese, previsto per 1200 atleti e sostanzialmente inutile in mancanza dello sliding centre. Tutt’altra storia racconta il villaggio olimpico di Milano, pensato per 1400 atleti. Il nuovo spazio urbanizzato è affidato dalla Coima di Manfredi Catella. Dopo la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi l’area diventerà uno studentato ma intorno allo scalo Romana i prezzi sono schizzati in alto dal giorno dell’assegnazione dei Giochi, il 29 giugno 2019.
Il villaggio è l’unica opera in anticipo con i tempi di consegna ma per i registi di Milano-Cortina 2026 l’importante è partecipare. Basta non pretendere record di velocità o di risparmio.