Francia, Svizzera e Austria mettono a nudo le debolezze del sistema dei trafori. Ma anche in Toscana, Abruzzo, Calabria, strade e ferrovie sono in difficoltà. Mentre i concessionari guadagnano sempre di più dai pedaggi

Il ministro Matteo Salvini tira un respiro di sollievo. Con il rinvio dei lavori sul traforo del Monte Bianco si eviterà la contemporanea chiusura di due passaggi alpini fondamentali per l’economia e i commerci, dopo la frana che in territorio francese ha bloccato il valico del Fréjus. Un rinvio è sempre una buona alternativa alla manutenzione, soprattutto dopo che la Val d’Aosta si era opposta in modo vibrante a fare slittare di una settimana gli interventi previsti sotto il Bianco dal 4 al 18 dicembre, con il rischio di compromettere la stagione natalizia. Così si lavorerà prima al Fréjus. Il blocco della più lunga galleria autostradale d’Italia (12,9 km) basterà a congestionare l’accesso da Ventimiglia, già penalizzato dai lavori che il gruppo Gavio e l’Aspi post-benettoniana stanno effettuando sulla rete ligure per la gioia dei turisti.

 

La fragilità dell’Italia è in parte nell’orografia ma molto nella politica che è più attratta dai nuovi progetti faraonici come il ponte sullo Stretto e dalle inaugurazioni che dal lavoro oscuro della manutenzione. Il risultato è un sistema di valichi, trafori e gallerie spesso fatiscente e sull’orlo del tilt per crolli, frane e incidenti come quello terrificante del marzo 1999 che fece 39 vittime nel tunnel del Bianco (11,6 km) e ha portato a condanne, tutto sommato, miti davanti al tribunale francese di Bonneville nel 2005.

 

A valle di quel disastro un consorzio internazionale realizzò vie di fuga sotto la pavimentazione stradale e canali di ventilazione, che oggi sono comunque fra le cose da adeguare quando i cantieri apriranno nel 2024. Le manutenzioni proseguiranno al ritmo di tre mesi ogni autunno per diciannove anni.

 

Il governo di Romano Prodi, con Antonio Di Pietro ministro delle infrastrutture, aveva provato a dare una svolta con il decreto legislativo 264 dell’ottobre 2006 che ordinava di mettere in sicurezza le gallerie della rete transeuropea dei trasporti (Ten). Fatta la legge, sono iniziati i rinvii. I tecnici sanno che certi tunnel della rete stradale e ferroviaria sono a fine vita. Andrebbero chiusi, smontati e rifatti secondo tecniche avanzate. Peccato che con l’aumento dei prezzi dell’acciaio i costi siano impazziti. Per gli scavi che richiedevano 30 milioni di euro a chilometro ora ne servono 60-80.

 

Matteo Salvini

 

Sono cifre tali da mettere in crisi il rapporto tra i profitti del concessionario e i suoi costi di riparazione. La Sitmb, per esempio, è la partner italiana del Bianco (T1 in sigla) insieme alla francese Atmb. Nel 2022 la concessionaria controllata da Aspi con l’Anas e la regione ha prodotto ricavi per 58 milioni con 10 milioni di utile netto. Un ottimo risultato. Fa ancora meglio la Sitaf che gestisce l’autostrada A32 Torino-Bardonecchia e il traforo del Fréjus (T4 in sigla). Nel 2022 ha riportato profitti netti record di 48,8 milioni di euro, quasi raddoppiati rispetto ai 25,3 milioni di euro del 2021, con 173 milioni di pedaggi contro 148,5 dell’esercizio precedente. La società che il gruppo di Beniamino Gavio ha strappato al controllo dell’Anas (gruppo Fs) dopo un lungo contenzioso legale vanta risultati strabilianti non tanto per la ripresa post-pandemica quanto per le conseguenze delle politiche restrittive sui mezzi pesanti applicate dai vicini dell’arco alpino, Svizzera e Austria.

 

Sul Brennero, dove si sta costruendo la galleria ferroviaria di base lunga 64 km, lo scorso giugno Salvini non è riuscito ad arginare i nuovi divieti unilaterali imposti dall’Austria ai mezzi pesanti provenienti dall’Italia. Anche qui la situazione è stata aggravata dai lavori nei tunnel ferroviari sul versante austriaco che per gran parte di agosto hanno bloccato la linea e deviato il traffico verso Tarvisio. E anche qui, come al Fréjus, i tir hanno creato code infinite. Pochi mesi prima, a fine marzo, la delegazione italiana con il leader leghista e l’allora capo di Rfi Vera Fiorani aveva festeggiato il completamento della prima galleria del tunnel insieme ai colleghi austriaci, perché l’importante è inaugurare, anche a rate. Alla pioggia di blocchi si è aggiunto il fermo parziale sul fronte italo-elvetico del San Gottardo per un treno merci uscito dai binari il 10 agosto, con gli svizzeri che tartassano i camion per garantirsi una migliore qualità dell’aria.

 

Mentre le associazioni industriali calcolano i miliardi di pil e i milioni di tonnellate di merce che andranno perduti, si dimentica che il problema non riguarda solo il confine alpino. Sul fronte interno, ci sono le manutenzioni alla Bologna-Firenze dell’Av ferroviaria, che è fatta di gallerie per 80,5 km su 91,4 di percorso con il tunnel più lungo che supera i 18 km. Il peccato originale dell’opera è di non essere a doppio fornice. In questo modo, una galleria si poteva chiudere per riparazioni mentre l’altra funzionava a regime ridotto, magari ospitando i treni merci notturni che le Fs hanno fermato nel novembre 2022.

 

Sempre a Firenze è una telenovela il passante sotterraneo dell’alta velocità da circa sette km che dovrebbe attraversare la città con la fine lavori prevista nel 2028, in ritardo colossale rispetto ai programmi e con una serie di questioni societarie, giudiziarie, ambientali che rischia di portare ulteriori slittamenti.

 

Sul Terzo Valico dell’Av Milano-Genova i lavori, affidati al consorzio Cociv guidato da Webuild, che è impegnata anche sul Brennero, includono una galleria da 27 km e un’entrata a regime nel 2028, dopo ritardi e avvicendamenti societari.

 

In Abruzzo la galleria del Gran Sasso, la più lunga in territorio solo italiano (10,2 km), è in concessione alla Strada dei parchi del gruppo Toto, in causa con lo Stato. Nell’indagine della Procura dell’Aquila sulla sicurezza del tunnel, la chiusura del Gran Sasso sarebbe stata usata come minaccia efficace nei confronti della parte pubblica. Tuttavia a luglio Toto ha ottenuto un risarcimento di 2,34 miliardi di euro dopo la revoca della concessione stabilita un anno fa dal governo Draghi.

 

Nel can can del ministro Salvini intorno al ponte sullo Stretto è sfuggita la circostanza che dall’inizio del 2024 verrà bloccato uno dei principali collegamenti stradali della Calabria. Per almeno venti mesi, anche se alcuni tecnici pensano più realisticamente a cinque anni, l’Anas guidata da Aldo Isi spenderà 60 milioni di euro per intervenire in modo radicale sulla galleria Limina della statale 682, il valico aspromontano fra Rosarno, sul Tirreno, e Gioiosa Jonica. Il tunnel, lungo 3,2 km, è a canna singola con due corsie ed è sprovvisto del più elementare apparato di sicurezza. Eppure è vitale per alimentare il traffico merci tra il versante tirrenico, favorito dall’autostrada A2 e dalla linea ferroviaria principale, e la costa orientale, penalizzata da una linea ferroviaria ancora in parte attraversata da littorine diesel e dalla statale 106 Reggio-Taranto che è già un inferno di incroci abusivi, colli di bottiglia, svolte a mare, pizzerie con vista sui sorpassi e tir che dalle 5 di mattina attraversano i paesi. La chiusura della Limina aumenterà gli ingorghi anche perché le alternative predisposte dall’Anas per la durata dei lavori sarebbe l’angusta provinciale 5 che dalla piana di Gioia Tauro scollina attraverso il parco nazionale dell’Aspromonte.

 

È una soluzione insufficiente secondo il comitato di 42 sindaci della Locride che hanno organizzato la protesta contro l’opera dicendo di non essere stati coinvolti. A loro sostegno è arrivato il vecchio leone Aurelio Misiti, 88 anni, passato dal Pci e dalla Cgil ai governi di Silvio Berlusconi, dov’è stato viceministro e sottosegretario alle infrastrutture (2011).

 

Anche questa è la storia di un rinvio. I lavori dovevano partire prima dell’estate del 2023. Per non pregiudicare la stagione turistica il cantiere è stato rimandato, nella speranza che non accadano incidenti pure frequenti in uno dei tracciati più pericolosi d’Italia. Ribattezzata la statale della morte dopo un frontale con sei morti nel 2014, il 20 agosto scorso la 682 ha fatto altre tre vittime, fra le quali una bambina. Alla fine, nel 2023 in Italia la preghiera è sempre una buona alternativa alla manutenzione.