Secondo la stima fatta dall'Fbi negli States è stato superato il numero degli affiliati, rispetto agli arrestati e indagati a piede libero che ci sono nel palermitano. Per i Federali in America sono attive oltre a Cosa nostra anche camorra, 'ndrangheta e sacra corona unita

I mafiosi siciliani emigrano verso gli Stati Uniti formano una comunità di Cosa nostra molto più grande di quella che oggi si trova a Palermo. Il Federal bureau of investigation «stima che la mafia siciliana, la camorra, la 'ndrangheta e la sacra corona unita, sono tutte attivamente presenti negli Stati Uniti, e in particolare la mafia siciliana ha più di tremila affiliati negli Usa, per lo più sparsi nelle città del Nord-Est; 100-200 sono quelli della 'ndrangheta e 200 sono gli affiliati alla camorra».

Fino al 2013 una rilevazione riservata fatta dagli analisti del ministero dell'Interno aveva calcolato che l'esercito di Cosa nostra a Palermo e provincia, fra arrestati e soggetti in libertà, era di 2.366 persone. L'Fbi ci dice adesso che negli Usa ce ne sono molti di più rispetto al territorio palermitano.

I federali collaborano alle indagini con gli investigatori del Servizio centrale operativo della polizia di Stato, diretto da Alessandro Giuliano, ed hanno sotto controllo le famiglie americane. In passato Sco ed Fbi hanno condotto insieme indagini utilizzando agenti sotto copertura che hanno poi portato all'arresto di decine di italo-americani.

Come racconta il capo dell'Fbi in Italia, Kieran Ramsey, intervenendo all'incontro “Investigando 2.0” organizzato dalla Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato guidata dal Prefetto Vittorio Rizzi: «La collaborazione con la polizia si è evoluta e questo ha permesso di capire meglio come sono cambiate le organizzazioni criminali nel tempo. Le inchieste hanno indebolito la mafia a New York, ma non l'hanno distrutta, ed oggi è in grado di ricostruirsi e rigenerarsi e lo fa in modo meno appariscente rispetto al passato», continua Ramsey, e aggiunge: «La mafia negli Stati Uniti ha evoluto le tecniche di riciclaggio e queste organizzazioni continuano a trafficare anche in armi e in esseri umani. Controllano il gioco d'azzardo, usano violenza ed estorsioni».

Le attività investigative dell'Fbi hanno visto «gruppi criminali italiani collaborare con altri gruppi provenienti da tutto il mondo. In particolare con i cartelli della droga Sudamericana e con la criminalità organizzata Russa».
Dei mafiosi americani aveva parlato ai magistrati italiani e all'Fbi alcuni anni fa il collaboratore di giustizia Nino Giuffrè. Raccontava di questo ponte dell'illegalità che collega la Sicilia agli Usa che non è mai stato interrotto. I padrini americani, come spiega Giuffrè a verbale ai magistrati della procura Federale di New York Est, avevano tentato di riprendere il traffico di droga con Cosa nostra già nel 2001, così come era stato fatto negli anni Ottanta. Ed avevano tentato di riprendere gli investimenti negli Usa per evitare il sequestro dei beni in Italia.

Giuffré ha svelato dieci anni fa agli agenti del Federal bureau investigation il modo con il quale i mafiosi siciliani riuscivano ad entrare nel territorio degli Stati uniti con falsi documenti: «Non c'è problema ad entrare negli Usa con falso nome. La cosa importante è arrivare in Inghilterra. Una volta arrivati in Inghilterra per raggiungere gli Stati Uniti non è un problema: o direttamente o indirettamente tramite il Canada o qualche altro Paese. Posso tranquillamente dire che non c'è difficoltà. Nemmeno ad avere documento sotto falso nome».

I magistrati di New York e gli agenti dell'Fbi hanno mostrato a Giuffrè diverse foto scattate negli Stati Uniti a gruppi di persone sospettate di far parte delle famiglie mafiose americane e, alcune delle quali, sono anche di origine siciliana. Il pentito ha riconosciuto molte di loro e per ognuna racconta la storia mafiosa, i collegamenti con i siciliani e gli affari illegali che hanno fatto in passato.

L'ex mafioso siciliano ha ricordato un particolare, e cioè che “picciotti” americani nei passati decenni sono andati a lezione di mafia in Sicilia per diventare uomini d'onore. Gli agenti federali in una vecchia indagine hanno scoperto che affiliati al clan dei Bonanno erano arrivati negli anni Novanta in provincia di Trapani per seguire le “lezioni” dei capimafia siciliani.

Giuffrè descrive quella che sembra una scena del Padrino: «Li mandano in Sicilia per farli diventare uomini d'onore, per fargli fare pratica, perché in America non c'è quell'attaccamento ai valori, non c'è più rispetto. E allora li mandano in Sicilia per formarli e per fargli capire cosa vuol dire diventare uomo d'onore, perché la mafia americana è diversa ed ha bisogno delle nostre qualità». E a quanto pare queste lezioni di mafia sono servite molto ai padrini americani che adesso sembrano essersi rafforzati e proliferano.

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