Premio di maggioranza e doppio turno
È il punto più rivendicato dal premier, il cuore della riforma di Matteo Renzi e Silvio Berlusconi che è sicuramente più orientata verso la tutela della governabilità che verso l’obiettivo della rappresentanza. L’impianto della legge è infatti fortemente caratterizzato dal premio di maggioranza. L’emendamento Esposito alza la soglia a cui scatta il premio, dal 37 per cento, come previsto dalla precedente stesura, al 40: se un partito dovesse raggiungere il 40 per cento già al primo turno, quindi, (cosa successa, come noto, alle ultime Europee, al partito democratico) si vedrebbe riconoscere subito 340 seggi su 618, cioè il 55 per cento. Se nessun partito raggiunge il 40 per cento dei voti, i primi due vanno al secondo turno. Non sono ammessi apparentamenti né accordi formali con le altre liste. A chi vince il ballottaggio viene quindi assegnato il premio di maggioranza.
Preferenze e capolista bloccati
È il punto su cui si stanno mettendo di traverso alcuni senatori della minoranza del Pd. La legge prevede che nei 100 collegi che compongono le 20 circoscrizioni elettorali ogni partito debba presentare un candidato bloccato e una lista di candidati da sottoporre alle preferenze, pari almeno alla metà dei seggi disponibili per quel collegio. Ogni collegio eleggerà dai 3 ai 6 deputati in base alla popolazione. L’elettore potrà quindi barrare il simbolo contribuendo a far eleggere il candidato bloccato, il “capolista”, indicato dal partito. Qualora nel collegio al partito dovessero spettare più seggi (il che, è la critica delle opposizioni, avviene quasi esclusivamente per il partito che prende il premio di maggioranza) questi verranno assegnati secondo le preferenze espresse dagli elettori. Sulla scheda, sotto il simbolo del partito, infatti, si potranno scrivere fino a due nomi, che dovranno però essere di due generi diversi. Per gli amanti dei tecnicismi: si segnala che i seggi sono attribuiti su base nazionale con il metodo dei quozienti interi e dei più alti resti. In sintesi funziona così: tolti i seggi assegnati al partito di maggioranza, gli altri sono divisi tra le liste, o coalizioni di liste, che hanno superato la soglia di sbarramento. Sommati i risultati elettorali di tutte le liste, si divide per il numero di seggi in palio. Si ottiene così un quoziente con cui si procedere a distribuire i seggi. La divisione determina il numero di seggi interi per ogni lista, assegnati geograficamente secondo i risultati locali. I seggi che rimangono da attribuire sono poi assegnati tenendo conto dei resti della precedente operazione.
Candidature multiple
Ai candidati capolista, quelli bloccati il cui nome è stampato sulla scheda al fianco del simbolo, sarà concesso di candidarsi in più collegi, fino a un massimo di dieci. È invece vietata la candidatura in più collegi per chi concorre alle preferenze. La norma è controversa perché - notano soprattutto Sel e 5 stelle - sarà poi il pluricandidato, scegliendo il collegio d’elezione, a decidere quale deputato far scattare con il meccanismo delle preferenze. Ugo Sposetti, del Pd, per provocare, e gli Ncd, serissimi, partendo da questo meccanismo stanno proponendo di modificare questo punto eliminando il limite alla candidature multiple. La teoria è semplice: se un leader può candidarsi in tutti e 100 i collegi, dovendone scegliere poi uno solo d’elezione, farebbe scattare poi solo candidati votati con le preferenze.
Soglia di sbarramento
È una delle concessioni più significative che Matteo Renzi e Silvio Berlusconi hanno fatto alla minoranza dem e ad Angelino Alfano. La soglia di sbarramento è fissata al 3 per cento, ed è quindi ridotta rispetto a quella votata dalla Camera. La prima bozza di Italicum indicava addirittura l’8 per cento per le liste e il 12 per le coalizioni. La misura fa felice anche la minoranza di Forza Italia di Raffaele Fitto: se il rapporto con Berlusconi dovesse restare così teso, infatti, si può sempre provare ad uscire in mare aperto. Ad attenderli potrebbero esserci gli alfaniani, per cui vale lo stesso discorso: «È un bene che la legge con il premio di maggioranza spinga al bipartitismo» ha detto all’Espresso Roberto Formigoni, «ma ottenendo l’abbassamento delle soglie ci siamo svincolati dai ricatti di Berlusconi».
Niente primarie per legge
Il caso delle primarie liguri non è bastato. Vari emendamenti chiedevano di inserire le primarie nella legge elettorale, con la conseguente regolamentazione, ma sono stati bocciati. L’ultimo è quello della senatrice Lucrezia Ricchiuti, del Pd, ma civatiana: la maggioranza del Nazareno ha detto no in maniera compatta, 170 contrari, al Senato.
Entrata in vigore
La principale novità introdotta dal maxi emendamento del senatore Esposito, approvato dal Senato, è comunque la disposizione sull’entrata in vigore della legge elettorale. Le norme qui spiegate non saranno infatti valide fino al primo luglio 2016. Solo dopo entrerà in vigore l’Italicum. La data serve a Matteo Renzi per, quando minaccia elezioni anticipate, ricordare che si andrà con il consultellum. A Silvio Berlusconi, invece, dovrebbe garantire più tempo per riorganizzare il centrodestra.