Il terrorismo islamista ha prodotto un’ascesa dei partiti xenofobi e antieuropei. Ma non dobbiamo piegarci a una scelta comunque perdente

Attaccano il cuore dell’Europa. Ne riconoscono i simboli, i luoghi, l’anima. Quegli stessi simboli, luoghi, anima che noi europei non sappiamo più apprezzare. Consumati nella routine. Così le nostre debolezze esaltano la facilità con cui i terroristi islamici seminano morte e odio. Prima a Parigi, poi a Bruxelles. Più impreparati di quattro mesi fa, di quel dannato novembre francese.

Queste sono ancora ore di dolore per le 31 vittime tra cui un’italiana e per gli oltre 250 feriti; una settimana in cui il senso del sacro - per atei e credenti - è stato sfregiato in nome di un dio senza amore né misericordia. Eppure ci sarà un momento in cui, passato lo sgomento, i leader e i governi europei dovranno incominciare a interrogarsi sui propri errori nel fronteggiare l’espansione dell’autoproclamato Stato islamico, entità dai confini incerti ma dalla strategia conclamata: l’uso dell’atto terroristico come forma di guerra asimmetrica. Ne è vittima non solo l’Europa, ma ancor più l’Africa e il vicino Oriente. Tuttavia i servizi di sicurezza dei Paesi dell’Ue agiscono in ordine sparso, in un regime di inutile concorrenza, scambiandosi poco e male le informazioni di cui ciascuna agenzia di intelligence è in possesso.

A Bruxelles gli attentati all’aeroporto e alle stazioni della metropolitana, a pochi passi di distanza dalle sedi di un’Europa così poco unita, hanno lacerato l’ultima illusione; l’idea cioè che i nuclei terroristici potessero risparmiare il Belgio dove hanno costruito una rete di protezione nel quartiere di Molenbeek, da dove sono partiti e dove hanno trovato rifugio gli assassini dello scorso novembre a Parigi. Un’inchiesta pubblicata nei giorni scorsi sul sito de “l’Espresso”, realizzata in collaborazione con un consorzio europeo di giornalisti investigativi, lo European investigative collaborations (Eic), ha svelato come sia facile procurarsi armi per poche centinaia di euro proprio a Molenbeek. Ha questa sconcertante provenienza l’arsenale utilizzato dal terrorista islamico Amedy Coulibaly per la strage di ebrei francesi nell’Hyper Cacher di Parigi il 9 gennaio dell’anno scorso. I servizi giornalistici, consultabili sul nostro sito, ci raccontano come nelle maglie della pignola e arcigna normativa Ue ci siano una serie di buchi utilizzati per favorire il traffico di armi dai Paesi ex comunisti.

Europa distonica. Arcigna e severa quando deve difendere le disposizioni della sua burocrazia. Imbarazzata e tentennante quando deve prendere decisioni strategiche. Il presidente francese François Hollande ha sottolineato la necessità di condurre una guerra globale contro il terrorismo. Lo annunciò già dopo il Bataclan. Dalle parole dei leader traspare la fragilità del nostro sistema di vita democratico; ci vuole davvero poco per colpire un aeroporto, una stazione della metro, un teatro, un caffè all’aperto. Sono i luoghi simbolo delle nostre libertà: di viaggiare, di fare cultura, di intrattenere relazioni sociali. Per questo odiati dai fanatici fondamentalisti. Non potranno mai impedirci di prendere un aereo, di frequentare locali pubblici, di spostarci da un capo all’altro delle nostre città. Sanno però di poter iniettare nel corpo sociale delle nostre sfibrate democrazie il veleno della paura, dell’intolleranza, del sospetto permanente. Lo scontro di civiltà, insomma, come potente arma nelle mani dei terroristi al servizio del Califfato. Loro ci conoscono, ci scrutano, ci sfidano. Noi no, chiusi nella nostra supponenza intellettuale.

Così ci ritroviamo con un indecifrato Islamistan alla periferia di Bruxelles senza capirne le origini. Oscilliamo tra un permissivismo irresponsabile e una xenofobia altrettanto irresponsabile. Perché le convenienze elettorali, la demagogia propagandistica, lo spreco di risorse pubbliche non sono una triste prerogativa solo italiana.

Il rapporto con gli immigrati, sia quei disperati arrivati di recente che quelli radicati da anni, sta mettendo a dura prova le istituzioni di tutte le principali nazioni dell’Unione. Persino la solida Germania di Angela Merkel. Democrazie senza consenso, distanti dai sentimenti (e dai risentimenti) dei propri cittadini. La risposta, ogni qual volta c’è un test elettorale, finora è stato il rafforzamento delle formazioni nazionaliste, antieuropee, anti-islamiche. C’è spazio per ogni avventura; a partire da un drammatico baratto tra sicurezza e libertà. Fino alla disgregazione totale di questa debole Europa. Una insperata vittoria per i nostri nemici.

Twitter @VicinanzaL

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