"Arance e martello” è il film di quando tutto era ancora al suo posto, appena tre anni fa. La sinistra in piazza e il sindaco di destra al balcone. L’ultima estate di Silvio Berlusconi al governo, quando c’era il Pd di Pier Luigi Bersani, l’ultima estate in cui faceva caldo e non pioveva.
Cambiò tutto, nell’estate 2011, l’anno che doveva celebrare l’unità italiana e che segnò il default di una intera classe dirigente. Il 3 agosto Berlusconi intervenne alla Camera, dopo la chiusura delle Borse, per non alimentare tensioni: «Non dobbiamo inseguire i nervosismi del mercato finendo per aumentarli», balbettava il Cavaliere zuppo di sudore nell’aula di Montecitorio, come se il Mercato fosse una divinità capricciosa e vendicativa. Oggi è la deflazione, ieri era lo spread a turbare gli italiani.
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Quella sera toccò quota 390. Il giorno dopo Berlusconi e Giulio Tremonti nella sala stampa di Palazzo Chigi litigarono davanti ai (pochi) cronisti. Era arrivata la lettera di Jean-Claude Trichet e Mario Draghi, presidenti uscente e entrante della Banca centrale europea, a imporre le riforme all’Italia che il governo Berlusconi non era in grado di rispettare. Non furono la sinistra, i comunisti, le toghe rosse a segnare la caduta del Cavaliere nel 2011: furono i Soldi, il Denaro, a spazzare via il tycoon che aveva predicato agli italiani di arricchirsi e che invece li aveva impoveriti. Il Mercato, mentre nei mercati si combatteva una quotidiana lotta per la sopravvivenza.
Poi i pezzi si sono confusi. Il popolo della sinistra che ieri montava i gazebo, faceva le primarie e si dilaniava oggi si ripara sotto il quaranta per cento di Matteo Renzi o rifluisce nel disorientamento. Dal 2011 il Pd governa con Berlusconi o surrogati. E resta in piedi il muro, protagonista del film di Diego Bianchi, l’eterno cantiere della linea C ancora in attesa di inaugurazione, che si snoda nelle periferie della Capitale, il simbolo della separazione tra il mondo reale e la politica. In tanti hanno provato ad abbatterlo: i tecnici alla Monti, i cittadini a 5 Stelle, la Rete.
La barriera tra politici, intellettuali, predicatori tv e gente comune sembra diventata più trasparente, un velo fatto di nulla, invece è più resistente. La realtà è rappresentata come nella Grande Bellezza, vista dalla cima di una terrazza. Ma le cose si capiscono meglio dalla strada. Preziosa, dunque, la telecamera a mano di Zoro,
che si muove all’altezza delle persone, a inquadrarne sentimenti, rabbie, speranze. A mescolare voci, volti, storie, dolori, odori e sapori, come avviene in un mercato, confuso ma vitale. A buttare giù the Wall.