“Time is out of joint”: Amleto, la tecnologia e il disordine del nostro tempo secondo Padre Benanti

Cosa c’entra Amleto con la crisi geopolitica, l'IA e la tenuta della democrazia? Apparentemente nulla o forse tutto, se il filo conduttore lo tesse il teologo francescano, docente alla Pontificia Università Gregoriana e all’Università di Seattle e consigliere di Papa Francesco per l’etica della tecnologia

Siamo nel bel mezzo di un viaggio non convenzionale nella complessità. Lo vediamo dai rapidi cambiamenti che interessano le nostre vite nel quotidiano e dalle mutazioni dei meccanismi fondanti della contemporaneità.  E per darci un Nord da seguire, in questi tempi incerti, la voce di Padre Paolo Benanti si impone come guida necessaria. La cornice è quella del Centro Studi Americani, l’occasione è quella del dibattito sul “Mondo in continuo cambiamento – la nuova bussola internazionale”. Nel suo intervento padre Benanti sceglie di partire da lontano e ci regala la visione di un tempo stonato: Time is out of joint. Nell’ultimo periodo è già capitato che Benanti abbia citato l’Amleto per raccontare l'epoca di radicale cambiamento che stiamo vivendo, perché dice: “è espressione che si avvicina di più” a definire lo spaesamento di questo tempo incerto. Time is out of joint racconta il perdersi di Amleto quando apprende che il padre in Danimarca è stato ucciso, e “credo che in generale indichi che qualcosa è andato fuori dai cardini naturali dell'esistenza”. 
 

Per Benanti noi viviamo oggi in un tempo "stonato", in cui qualcosa si è rotto nell’ordine naturale delle cose. Ma non è la prima volta nella storia che l’umanità affronta cambiamenti così radicali. Per Benanti, infatti, “esistono precedenti storici che ci aiutano a comprendere la portata di ciò che stiamo vivendo”. Il disallineamento e la frattura del tempo si manifesta in molteplici crisi: geopolitica, climatica, tecnologica, democratica. E nel passato la frattura del tempo è avvenuta, ad esempio, con la scoperta delle Americhe che ha ridisegnato la geografia mentale ed esistenziale del mondo. Poi con la Riforma protestante che ha spezzato l’unità spirituale e religiosa dell’Occidente. E il terzo grande disallineamento è stata la nascita della scienza moderna con Galileo e Newton, che ha trasformato la nostra visione del Cosmo, della materia e della conoscenza.

 

Guardando ai nostri giorni accade che questi tre grandi “game changer” coesistano, moltiplicando probabilmente l’effetto dello spaesamento comune. Per Benanti “la Cina è un pò quella terra sconosciuta che si sta imponendo nel quotidiano”, ma se vogliamo estendere un pò di più il nostro orizzonte di analisi “sarà la scoperta” e l’ipotetica colonizzazione annunciata “dello Spazio che avrà lo stesso valore rivoluzionario della scoperta delle Americhe nel Cinquecento”.

 

Dal punto di vista religioso Benanti paragona la frattura innescata dalla riforma con i nuovi "trend" in voga nella Silicon Valley, “dove c’è questo fermento di nuovi movimenti religiosi, come il transumanesimo, il postumanesimo, che propongono una comprensione diversa della vita”, più pop e di consumo. Oggi stiamo vivendo anche un ulteriore sconvolgimento segnato dall’irruzione dell’intelligenza artificiale e dalla centralità dell’informazione come nuova materia della realtà. “La scienza”, spiega il filosofo francescano “passa da un modello causale a un modello continuativo indotto dall'intelligenza artificiale e da ciò che è Intelligenza artificiale sta introducendo: nuove capacità che prima non erano pensabili”. Non si tratta solo di una rivoluzione tecnologica, è una mutazione antropologica. “Il passaggio”, spiega Benanti, “è stato forse troppo rapido, è avvenuto in meno di 150 anni per passare dalla realtà fatta solo di materia, a quella composta di materia ed energia, fino a una realtà composta di materia, energia e informazione”.

 

Lo smartphone, simbolo di questo percorso, non è solo un oggetto: è un’interfaccia tra noi e il mondo. Ma il filosofo avverte: “Quando paghiamo anche migliaia di euro per acquistare lo smartphone di fatto compriamo un hardware, che non sarebbe nulla però senza il software”. Quello però non è in vendita, noi ne acquistiamo solo solo una licenza d’uso. È il software – invisibile e intangibile – a decidere cosa possiamo fare e cosa no. In altre parole, “la nostra libertà operativa è delegata a qualcosa che non controlliamo”. La vera sfida allora diventa politica, perché si tratta di capire chi controlla queste tecnologie, chi scrive gli algoritmi e quali valori vengono codificati nei sistemi che guidano sempre più le nostre vite.

 

Secondo Benanti “siamo ancora impreparati a questa nuova realtà”. Non abbiamo del tutto compreso l’impatto culturale del digitale. Stiamo vivendo – senza saperlo – una fase simile al passaggio dalla cultura orale a quella scritta o dall’analogico al digitale. Eppure, le istituzioni democratiche, i linguaggi politici e persino i concetti di libertà e responsabilità sembrano rimanere ancorati a un mondo che non esiste più. La tecnologia – e in particolare l’intelligenza artificiale – non è neutra. Crea nuovi poteri, nuove gerarchie, nuove disuguaglianze. Chi possiede i dati e chi controlla il software, chi può processare le informazioni in tempo reale ha in mano le leve del potere globale. Non si tratta solo di economia, ma di identità, di cittadinanza, di diritti. E soprattutto, di possibilità: possibilità di comprendere, di decidere, di agire.

 

Padre Benanti sollecita la necessità di comprendere quanto sia fondamentale una nuova alfabetizzazione etica e tecnologica. “Non si tratta di demonizzare la scienza o di abbandonare il progresso, ma di dotarsi di strumenti per orientarsi in un mondo che ha perso i suoi riferimenti abituali”. La politica, oggi, deve ritrovare la sua vocazione originaria: non amministrare il noto, ma affrontare l’ignoto. Non governare l’esistente, ma immaginare il possibile.

 

E allora Amleto torna attuale. Perché anche noi, come lui, ci troviamo a vivere in un tempo sconvolto, chiamati a rispondere a domande radicali, a fare scelte di cui non vediamo subito le conseguenze. “Time is out of joint”, il tempo è fuori asse. Ma proprio in questi momenti, conclude Benanti, “nasce la possibilità di una nuova consapevolezza”. Una nuova bussola per orientarsi nel mondo che sta nascendo ora, sotto i nostri occhi.


 

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