Il nuovo round di colloqui tra Usa e Iran sul nucleare si terrà ancora a Roma. Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha annunciato che l'incontro, che segue gli altri tre tenutisi tra la capitale italiana e quella omanita, è fissato per sabato 3 maggio. “Il prossimo ciclo di negoziati si terrà a Roma”, ha dichiarato Araghchi al termine di una riunione di gabinetto, aggiungendo che “il giorno prima, venerdì, avremo anche un incontro con tre Paesi europei”, in riferimento a Francia, Germania e Regno Unito, che fanno parte dell'accordo sul nucleare iraniano. Del Pacg, firmato nel 2015 (noto come Joint Comprehensive Plan Of Action), fanno parte anche Cina e Russia, mentre gli Stati Uniti si sono sfilati nel 2018, sotto il primo mandato di Donald Trump, che ha deciso di reintrodurre le sanzioni fino ad allora sospese contro l'Iran. Sospensione che era stata garantita in cambio di un utilizzo esclusivamente pacifico delle sue attività nucleari.
Le premesse dell'appuntamento non sembrano essere delle migliori. La tensione tra i due Paesi resta alta: "Se durante i negoziati le parti avversarie adottano comportamenti provocatori, ciò può mettere in dubbio la loro serietà", ha affermato Araghchi, in riferimento alle sanzioni imposte da Washington contro la Repubblica islamica. "Siamo consapevoli delle divergenze interne negli Stati Uniti e delle intense attività di lobbying. Stiamo monitorando attentamente tutti questi sviluppi e prenderemo decisioni di conseguenza", ha aggiunto il capo della Diplomazia di Teheran, parlando con i giornalisti dopo una riunione di gabinetto. "Continueremo i colloqui sul nucleare con gli europei, ma i negoziati principali al momento si svolgono con gli Stati Uniti", ha affermato Araghchi. "I tre Paesi europei (parte dell'accordo Pacg) svolgono attualmente un ruolo marginale a causa delle politiche sbagliate che hanno adottato". Il riferimento è all'avvertimento che, lunedì 28 aprile, il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha rivolto alla Repubblica islamica: la Francia “non esiterebbe un solo secondo”, insieme a Germania e Regno Unito, a reimporre le sanzioni contro l'Iran se la sicurezza europea fosse messa a rischio dal programma nucleare iraniano. “La minaccia della Francia è contraria al diritto internazionale. L'uso di minacce e ricatti economici è totalmente inaccettabile”, ha dichiarato con una lettera al Consiglio di Sicurezza dell'Onu l'ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite, Saeed Iravani. “Se la Francia e i suoi partner sono veramente interessati a una soluzione diplomatica, devono abbandonare la coercizione”.
Il Pacg era diventato di fatto nullo a seguito del ritiro degli Stati Uniti. Adesso, l'inquilino della Casa Bianca vorrebbe un nuovo accordo con l'Iran: per questo motivo a marzo ha invitato il Paese a negoziare, minacciando, però, di bombardarlo in caso di fallimento della diplomazia. Il nuovo incontro segue una serie di colloqui tra l’Iran e gli Stati Uniti, mediati dall’Oman, iniziati nella capitale Muscat il 12 aprile 2025. Il secondo round si è svolto a Roma il 19 aprile, presso l’ambasciata dell’Oman, e ha visto la partecipazione di Araghchi e dell’inviato speciale statunitense Steve Witkoff. Le discussioni sono state descritte come “produttive” da entrambe le parti, con l’accordo di proseguire i colloqui a livello tecnico in Oman. Il terzo round si è tenuto nuovamente a Muscat il 26 aprile.
La preoccupazione occidentale sulla pericolosità e l'affidabilità della Repubblica islamica viene alimentata anche da quanto accade sul suolo iraniano. Proprio questa mattina, 30 aprile, Teheran ha annunciato che è avvenuta l'esecuzione mediante impiccagione di un "agente di alto rango del Mossad", i servizi segreti esteri israeliani. "Mohsen Langarneshin è stato accusato di "guerra a Dio" e di "corruzione in Terra. Era stato arruolato dal Mossad nell'ottobre 2020", si legge nella dichiarazione, citata dall'Irna, in cui si accusa Langarneshin di "stretta collaborazione con alti ufficiali israeliani" e di aver consegnato del denaro da parte loro. L'uomo era anche accusato di aver facilitato le operazioni dei servizi segreti israeliani nel Paese di Ali Khamenei. Inizialmente, Langarneshin avrebbe confessato, per poi ritirare poi la dichiarazione, affermando che gli era stata estorta con la forza.