8 per mille, la Chiesa continua a incassare Un miliardo al Vaticano senza controlli

La Corte dei Conti torna sulla gestione della quota dell'Irpef che va ai culti. E dopo un anno dall'ultima denuncia registra che nulla è cambiato. Tra scarsa trasparenza e una pessima gestione della parte statale

Un anno dopo, quasi nulla è cambiato. La gestione dell'8 per mille, la quota dell'Irpef che lo Stato italiano destina ai culti, continua ad essere poco trasparente e caratterizzata da tutta una serie di limiti che garantiscono alla Chiesa Cattolica un tesoro di oltre un miliardo di euro l'anno. Una cifra monstre che la Cei, la conferenza episcopale italiana, può utilizzare praticamente senza controllo alcuno e che la Corte dei Conti denuncia con la sua ultima delibera che con ogni probabilità verrà accolta, come le precedenti, dalla totale indifferenza della politica.

I punti contestati sulla gestione dell'8 per mille sono tanti e noti da tempo.
Il meccanismo permette ai culti di ricevere più dall'inoptato che dalle scelte esplicite dei contribuenti: in pratica ogni anno l'intero 8 per mille viene distribuito tra i vari culti in base alle scelte espresse. Chi non firma e non specifica a chi "donarlo" non lascia la sua quota allo Stato, ma lascia scegliere gli altri. In questo modo la Chiesa Cattolica ottiene l'82 per cento dei fondi grazie ad appena il 37 per cento.


Ma la distribuzione è solo il problema finale, visto che l'intera cifra dei contributi che vanno ai diversi culti ha ormai raggiunto una cifra spropositata. "In un periodo di generalizzata riduzione delle spese sociali a causa della congiuntura economica - spiegano i giudici - le contribuzioni a favore delle confessioni continuano, in controtendenza, ad incrementarsi, avendo, da tempo, superato ampiamente il miliardo di euro annui, senza che lo Stato abbia provveduto ad attivare le procedure di revisione di un sistema che diviene sempre più gravoso per l’erario".



I fondi in questione vengono inoltre utilizzati per scopi spesso non conformi a quanto previsto dalla legge. Un caso esemplare è l'uso di fondi per campagne pubblicitarie, che finiscono così per essere investiti in attività promozionali invece che per gli interventi caritatevoli. In questo settore la Chiesa Cattolica non ha nessun concorrente, visto che lo Stato evita accuratamente di pubblicizzare le sue attività.



C'è poi tutto il capitolo dell'assenza di controlli nella gestione visto che, come spiega la delibera, "non esistono verifiche di natura amministrativa sull’utilizzo dei fondi erogati alle confessioni". A questo vanno aggiunti i pochi controlli sui Caf e su chi aiuta i cittadini a compilare la propria dichiarazione dei redditi. Secondo i giudici contabili, e come già raccontato dall'Espresso, si sono registrate irregolarità nel 7 per cento dei casi, quasi sempre a favore della Chiesa Cattolica. Un esempio? Scelte non optate che, al momento della trasmissione all'Agenzia delle Entrate, all'improvviso riportano invece la volontà di destinare l'8 per mille a un culto specifico.

Il lungo report della Corte dei Conti punta poi il dito contro la gestione dellla quota Statale, sempre sacrificata per coprire i buchi di bilancio: "Lo Stato mostra disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che
ha determinato - scrivono i giudici - la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore, dando l’impressione che l’istituto sia finalizzato - più che a perseguire lo scopo dichiarato a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni".

Ma in oltre 40 pagine di delibera ci sarà anche qualche buona notizia rispetto all'ultimo anno? La Corte segnala che è "migliorata la divulgazione dei dati da parte delle amministrazione coinvolte", grazie all'allestimento di siti internet finalmente aggiornati. E inoltre l'Agenzia delle entrate ha cambiato il modulo del 730, scrivendo a caratteri più grandi che la parte inoptata viene comunque distribuita tra i vari culti. Un po' poco per credere che qualcuno si stia davvero preoccupando del tema.

Modelli 730 del 2014 e del 2015 a confronto

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