Concerti nazirock, feste per il compleanno di Hitler, contromanifestazioni nel giorno della Liberazione e «l’altro 25 aprile». Nel mese clou e nella città-simbolo della Resistenza l’appuntamento con croci celtiche, braccia tese e tricolori per ricordare i caduti della Rsi e celebrare i propri eroi con parate in stile Norimberga

Il via al mese delle ricorrenze «nere» con date simboliche per la galassia neonazista e affascinata dal Ventennio è scattato sabato 2 aprile. A Milano le feste di primavera per i fascisti del terzo millennio diventano un elenco di date importanti: raduni internazionali di band nazirock, iniziative nostalgiche per il compleanno di Adolf Hitler e nella stessa data della Liberazione parate e alzabandiera in onore dei repubblichini sepolti nei cimiteri locali.

Infine le immancabili celebrazioni di Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani per «l’altro 25 aprile», quello non ufficiale, fuori dalla storia, con le «comunità militanti identitarie e nazionaliste che organizzano il tradizionale omaggio alle vittime della violenza comunista», secondo gli organizzatori di Forza Nuova che richiamano a raccolta sigle italiane e straniere per una parata in stile Norimberga. Esibizioni muscolari di tricolori, braccia tese e croci celtiche.

IL NAZIROCK E IL POTERE BIANCO
Sabato 2 aprile si sono ritrovati in un capannone nel paesone di Rozzano, appena fuori la metropoli, verso Sud, per l’ultima edizione del concerto Hot Shower. Nessuna sigla ufficiale dietro l’organizzazione, ma i militanti accorsi sono più di settecento.

Una rassegna di “hard metal” di vocazione pagano-satanista con l’esibizione di band legate al circuito del National Socialist Black Metal, una corrente lirica del black metal, che si distingue per espliciti riferimenti al nazismo impastato con il paganesimo, folklore e mitologia.

Una prima assoluta per i “Graveland”, un gruppo arrivato da Wroclaw (Polonia) che professa il “pagan-viking metal”. Il loro leader Rob Darken in una recente intervista ha dichiarato che il gruppo si rifà «alla religione autoctona del sangue e suolo nordico», a Satana e al Dio tedesco Odino. Affascinati del nazionalsocialismo i polacchi seguono la corrente mistica dell’ufficiale delle Ss Otto Rahm, storico con l’ossessione dell’occulto.

Sul palco anche il gruppo finlandese “White Death”. Era il soprannome di un tiratore scelto dell’esercito finnico nella “guerra d’inverno” contro l’Armata Rossa sovietica, un cecchino che in meno di cento giorni nel 1939-40 uccise 505 “rossi”: un vero record. Chiamano il loro genere musicale “depressive black metal” e parlano di guerra e satanismo. Dalla Finlandia arriveranno anche i “Goatmoon”, cantori della «supremazia bianca, l’anticristianesimo, l’odio e il potere bianco nel mondo».

Provenienti dalla Lorena i “Sacrificia mortuorum”, esponenti del cosiddetto “french pagan black metal”, e dall’Alta Savoia i “Baise Ma Hache”, con un’ascia intrecciata a un osso nel logo, ovvero il simbolo della gioventù hitleriana, hanno musicato i testi di Robert Brasillach, il collaborazionista della Repubblica di Vichy fatto fucilare dal generale De Gaulle alla fine della guerra.

A chiudere i “Leichenzug” dalla Sassonia ossia “corteo funebre” che cantano  lo «sterminio e uccisione di massa» e gli italiani Frangar di Novara che celebrano il nazionalismo italiano e le sue guerre ispirandosi al “militantismo futurista”.

DAL FUHRER AL 29 APRILE
La musica nel sogno della rivoluzione. Ogni occasione per la galassia nera lombarda è buona per celebrarsi con reunion intrise di revisionismo.

Un anno fa i nostalgici del Terzo Reich si ritrovano nel varesotto per festeggiare il compleanno di Hitler con un concerto dove si impastano parole e odio. Ad organizzare i padroni di casa del fronte Varese Skinhead insieme alla “Comunità dei dodici raggi”. In scaletta brani nostalgici dei locali “Garrota”, dei “Nessuna Resa” di Lucca, dei “Testudo Rac' N' Roll” di Bari e dei “Malnatt” di Milano.

I testi richiamano la battaglia, la terra nemica, il sistema anti-Stato, la rabbia, il coraggio, il mito dei legionari e la guerra come epopea di ardite gesta e tempi gloriosi.

Per l’occasione gli organizzatori hanno diffuso anche una locandina, in cui è ritratto il Fuhrer a Berlino durante un’adunata di massa. Era il segno distintivo per guidare tutti i simpatizzanti verso la location tenuta segreta fino all'ultimo momento.

«Ancora più grave è quello che si sta preparando per il 25 aprile a Milano. Sono in corso le riunioni dei “camerati” per predisporre il programma definitivo. Sappiamo però che all’ordine del giorno c’è l’organizzazione di una forte presenza, in forma di manifestazioni pubbliche nella giornata della Liberazione, ai cimiteri di Monza e di Milano, con l’innalzamento della bandiera della Rsi con fascio littorio e aquila romana. Una vera e propria provocazione», denuncia Saverio Ferrari dell’osservatorio sulle nuove destre.

Qualcosa di simile era già accaduto negli ultimi due anni quando al Famedio del cimitero Monumentale (che raccoglie tutti i milanesi illustri) bande di neofascisti con tute mimetiche e uniformi della flottiglia “X Mas” si ritrovarono per saluti romani e l’apologia degli squadristi degli anni Venti, protagonisti di brutali aggressioni e violenze indiscriminate.

L’ultima passerella il 23 marzo scorso. Sempre al cimitero Monumentale una decina di nostalgici si sono presentati alla cripta fatta erigere da Mussolini per celebrare la fondazione del 1919 dei «Fasci di Combattimento», embrione del partito nazionale fascista e protagonista delle pagine più buie della storia d’Italia, con repressioni e cancellazione della democrazia.

Ancora oggi sopravvive un sacrario dove furono raccolte le salme di tredici squadristi morti in scontri di strada e luogo-simbolo per vecchi arnesi che rivivono nelle commemorazioni organizzate dai militanti di Casapound e Lealtà e Azione.

Un crescendo, come una lugubre sinfonia, fino al 29 aprile, triste anniversario della morte di Sergio Ramelli, il militante del Fronte della gioventù morto nel 1975 dopo un’aggressione. E nello stesso giorno anche Carlo Borsani, gerarca della Rsi ucciso nel 1945 ed Enrico Pedenovi (1976), consigliere provinciale del Movimento sociale italiano. Da otto anni si ritrovano in piazzale Susa, vicino all’università Politecnico, per una parata di tamburi, braccia tese e croci celtiche in stile Norimberga, cresciuta edizione dopo edizione. L’anno scorso, dopo le polemiche e la presa di posizione del sindaco Giuliano Pisapia, niente corteo ma una serata «di musica, poesie, canti e parole, in un omaggio corale ai caduti per l’Onore d’Italia» secondo gli organizzatori. Un filo nero di tradizioni, luoghi e simboli che si rinnova puntuale.

Quello che lo storico e anima dell’istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla resistenza Nicola Gallerano ha definito in una celebre frase: «Un rapporto col passato revivalistico, nostalgico, interamente pacificato. Consolatorio e morbido».

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