Ogni tanto qualcuno di passaggio si ferma, innescando discussioni accompagnate da un plateale gesticolare di mani e braccia. Poi cala di nuovo il silenzio. A vederli così, sdraiati in una posa solenne sui ciottoli dei vicoli - con quelle teste inturbantate, il corpo avvolto in caffettani e giacche di velluto, le mani inanellate e pugnali intarsiati stretti in vita - sembrerebbero principi decaduti, o guerrieri usciti dalle pagine di qualche favola esotica. La loro attività, tuttavia, è ben più profana. Questi uomini non sono altro che semplici commercianti di emozioni. E la merce che espongono avvolta in grossi teli colorati ammassati uno sopra l'altro è una sostanza stupefacente, il qat, che dalla notte dei tempi è parte integrante della storia, della società e dell'economia di questo affascinante angolo meridionale della Penisola arabica.
Una pianta che contiene principi simili all'anfetamina e che agisce, quando masticata, come uno stimolante sulla mente e sul corpo: l'euforia prende piede, aumentando il desiderio sessuale mentre un vago senso di relax si impadronisce dei sensi. Non a caso è uno dei principali passatempi da queste parti. Se nel resto del mondo alcol, oppio, marijuana e prodotti sintetici la fanno da padrone, a queste latitudini il qat è la regina delle droghe. Il suo dominio si estende dall'Etiopia (dove ha origine) a tutta l'Africa orientale, fino a raggiungere, sull'altra sponda del mar Rosso, i suq di Sana'a, Hodeydah, Aden e Mukalla.
Per descriverne gli effetti, gli yemeniti alzano l'indice della mano e lo fanno roteare dolcemente verso l'alto. "È un po' come il whisky", dice Sadiq Saleh, un commerciante della capitale Sana'a, mentre si addentra tra le vie della città vecchia per rifornirsi della pianta magica: "La mastico perché mi fa sentire attivo e al tempo stesso mi rilassa. Ma in realtà fa parte della nostra cultura, della nostra tradizione. È una scusa per darci un appuntamento e passare il tempo. Non possiamo farne a meno. E poi - accenna un sorriso - è perfetto per quando vai a letto con tua moglie".
Verso le due del pomeriggio migliaia di persone cominciano a riempire i vicoli, accalcandosi intorno alla merce, imprecando, spintonandosi. Nell'aria si diffonde l'odore acre del sudore. Fasci di banconote e rametti cambiano proprietario dopo estenuanti contrattazioni. Mani esperte analizzano con attenzione certosina le foglie, strofinandole come se fossero rosari, cercando quelle più morbide e rosse che danno l'effetto più intenso. I vicoli si ricoprono di fogliame. Nel giro di qualche ora, una nazione intera mastica e sputa, sorseggiando tè con un'espressione di godimento dipinta sul volto, in una colossale corsa al delirio collettivo. Negozianti, accattoni, businessmen, militari e poliziotti in servizio, burocrati e pescatori: la Qat Nation non conosce distinzioni sociali. Tutti girano per la città con guance rigonfie, succhiando avidamente gli effetti della pianta, vittime felici e consapevoli di una droga poco conosciuta dalle nostre parti, dove è bandita. Nel 1980 l'Organizzazione mondiale della sanità ha classificato il qat tra le droghe che danno dipendenza. Infatti è illegale in quasi tutta l'Europa, a eccezione di Olanda e Regno Unito, e negli Usa, dove la catina e il catinone contenuti nella pianta figurano nella lista nera delle sostanze tabù.
In Yemen il qat ha trovato una delle rare isole di legalità nel mondo. Infatti qui gli acquirenti non sono solo yemeniti. Tra le bancarelle del mercato di Aden, principale città del Sud, si aggira Mohammad al Sayyid, 38 anni. È arrivato qui da Salalah, nell'Oman, insieme a un cugino. Hanno viaggiato per due giorni. Volevano a tutti costi provare il brivido proibito. "Dalle nostre parti è illegale", dice: "Infatti avrei sempre voluto provarlo. Alcuni amici mi hanno raccontato che è un potente afrodisiaco. È davvero così?".
Mohammad non è solo. I sauditi vengono fino a qui da Jeddah e Ryadh, sgommando su grossi fuoristrada attraverso altopiani e deserti, pur di conoscere le proprietà della pianta. A La Mecca e dintorni si tratta di una sostanza proibita, perché contraria ai principi dell'Islam. E forse è anche meglio così. Perché, come tutte le droghe in tutte le società, il qat sta lentamente consumando lo Yemen dal suo interno, causando seri danni a tutti i settori del Paese. Quello agricolo è uno dei più colpiti . Con il passare dei secoli e con la crescita verticale della popolazione, questo fenomeno assorbe le già scarse riserve d'acqua del Paese più povero della Penisola arabica, che conta ben 7 milioni di masticatori, poco meno della metà degli abitanti. Secondo dati ministeriali, il 90 per cento delle falde acquifere yemenite vengono impiegate per la coltivazione di qat. Nel 2005 gli ettari di terreno esclusivamente adibiti alla droga dell'Arabia Felix sono arrivati a oltre 120 mila, a un ritmo del 12 per cento annuo. L'Associazione per la lotta contro il qat, una ong locale, stima che in tutto lo Yemen i suoi alberi siano arrivati a quota 40 milioni.
"È normale, se ci pensa", dice Mohammad bin Salah, un esperto di botanica del ministero dell'Agricoltura. "Il qat rende molto più della frutta e dei vegetali. Non c'è da stupirsi, se i coltivatori lo scelgono per avere profitti più rapidi e sostanziosi". In effetti, per essere un passatempo amato da tutte le classi sociali yemenite, le foglie magiche non costano poco. Un fascio di qualità media può valere 1.500 rial, circa 3 euro. Una cifra non indifferente quando se ne guadagnano cinque o dieci al giorno. Le qualità migliori si pagano anche fino 20 o 30 euro.
Gli associati della Qat Nation arrivano a sperperare fino a un terzo dei guadagni, pur di masticare l'erba, che è diventata una delle voci principali dell'economia. E con la globalizzazione, il commercio si è internazionalizzato. Un ricco uomo d'affari di Bir Ali racconta che, regolarmente, voli carichi di qat lasciano gli aeroporti di Sana'a, Gibuti e Addis Abeba per portare, spesso clandestinamente, l'oro verde alle comunità di espatriati in Arabia Saudita, Cina ed Europa.
E poi c'è il problema della salute. Se il qat, masticato dal 60 per cento degli uomini e dal 35 per cento delle donne, è conosciuto come il più naturale degli afrodisiaci, a lungo andare rischia di causare impotenza. Oltre a una serie di gravi malattie, come il tumore alla bocca o alla gola, e disturbi di varia natura. Ma pochi, qui in Yemen, sembrano realmente preoccuparsene. Dopotutto questo non è un fenomeno da pochi tossici allucinati ed emarginati. Qui gli emarginati sono quelli che non masticano. Ed è meglio sbrigarsi. Alle due riaprono i mercati.