La Gazprom voleva celebrarsi costruendo nel centro storico di San Pietroburgo il più alto grattacielo d'Europa. La società civile si è ribellata, con una serie di splendide performance musicali e teatrali ispirate a Brecht. E alla fine il colosso dell'energia ha dovuto cedere

Per una volta in Russia hanno vinto i buoni. A San Pietroburgo la tanto vituperata 'Gazprom Tower', la nuova sede della Gazprom Neft che con i suoi 403 metri di altezza andava a rovinare per sempre lo skyline della città, non si farà. O almeno, non si farà dove inizialmente progettato, a un tiro di schioppo dal gioiello color blu cobalto della barocca Cattedrale di Smolny, opera settecentesca dell'architetto italiano Francesco Rastrelli. La nuova sede del palazzone non è ancora stata confermata, ma sarà in un luogo - promette il governo della città - a distanza di sicurezza, in quartieri esterni da ridisegnare. Luoghi più consoni insomma a ospitare il primo grattacielo della città e il più alto edificio in Europa, una torre torta firmata da quattro architetti internazionali e costruita dalla celebre officina inglese RMJM.

Il progetto della torre, chiamata anche Okhta Center dal nome del vicino fiume, aveva scatenato negli ultimi quattro anni violenti dibattiti perché a San Pietroburgo vige una legge che fissa a quarantadue metri l'altezza degli edifici. Il nuovo torrione ignorava platealmente tutto questo e mandava a pallino l'identità storico e architettonica della città.

Per una volta l'intera società civile della città, notoriamente passiva, si era ribellata al volere della potentissima governatrice, Valentina Matvienko, da sempre sostenitrice dell'obbrobrio architettonico, e dello stesso Cremlino.

L'anno scorso l'Unesco aveva persino minacciato di togliere la Venezia del Nord dalla sua lista di siti protetti. La Torre insomma, chiamata anche "pannocchia" o "fallo" dai suoi detrattori, era diventata un pomo della discordia politico e artistico.

Contro ogni aspettativa, a metà dicembre il Cremlino e la governatrice hanno fatto marcia indietro, venendo incontro - per una volta - alle proteste della società civile. Canta vittoria il collettivo "Chto Delat?", un gruppo di una decina tra filosofi, critici dell'arte, giornalisti e architetti che della lotta alla Okhto Tower aveva fatto una ragione di vita. Alla torre hanno dedicato il video che potete vedere qui, un "songspiel" ispirato al teatro musicale di Bertolt Brecht e di Kurt Weill, ovvero una forma artistica che mira ad avvicinare musica popolare e teatro, e trasmettere riflessioni politiche a un pubblico ampio e popolare.

'Tower Songspiel' (2010) è solo il terzo video di un intero ciclo che si trova in mostra alla Galleria ar/ge Kunst di Bolzano fino al 22 gennaio 2011, assieme a 'Perestroika Songspiel' (2008), sugli anni di Gorbachev, e 'Partisans Songspiel' (2009) sulla democratizzazione di Belgrado.

Nei trentasei minuti del video, "Chto Delat?" propone una divertentissima presa in giro dell'estetica e della propaganda della Russia di oggi, una grottesca parodia a metà tra un convegno di partito e il consiglio di amministrazione di una grande azienda.

Il film è strutturato come un confronto tra due mondi: in uno c'è il Potere, rappresentato da un manager di pubbliche relazioni, un politico locale, l'addetto alla sicurezza di una società e un rappresentante della Chiesa ortodossa, nell'altro c'è un coro composto da persone di vari gruppi sociali, dall'intelligentsia, agli operai, passando per pensionati, disoccupati e immigrati. Sono due mondi contrapposti: gli affaristi e gli intellettuali, il potere e la violenza contro la cultura e la società civile.

Iniziato come un video contro una torre, è diventato una riflessione intelligente e arguta sulla Russia di Putin e Medvedev.

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