Un giro di milioni dalla banca vicentina a un fondo maltese. Con un intreccio che porta dai discussi costruttori Degennaro fino all’imprenditore romano. Candidato al Campidoglio

Alfio Marchini
Alberto Matta, 46 anni, è un banchiere che si è fatto le ossa a Londra per poi trasferirsi in Lussemburgo con un fondo d’investimento tutto suo, col marchio Optimum. Grande successo, almeno da principio. Ma adesso la creatura di Matta è al centro di un caso finanziario su cui indagano la Consob e gli ispettori di Banca d’Italia e Bce, la Banca centrale europea di Francoforte.

La pista dei soldi parte dalla Popolare di Vicenza e approda fino alla galassia societaria che fa capo ad Alfio Marchini, l’imprenditore che nel 2013 si è buttato in politica e punta a sostituire Ignazio Marino sulla poltrona di sindaco di Roma.

Un paio di anni fa Marchini si è messo in affari con Optimum. Un’alleanza a tre, a ben guardare, perché dietro le quinte, a finanziare tutto, c’era la Popolare di Vicenza all’epoca guidata dal direttore generale (poi amministratore delegato) Samuele Sorato. Tutto è filato liscio fino a quando la grave crisi dell’istituto di credito veneto non ha messo in moto le verifiche degli ispettori inviati dalla Bce.

Dai controlli sono così emersi gli ingenti investimenti (250 milioni) della banca vicentina nei fondi Optimum (segnalati in bilancio solo nel 2014), e anche i rapporti con Marchini. Ai primi di maggio, poche settimane dopo essere stato promosso amministratore delegato, Sorato ha lasciato all’improvviso l’incarico, ma l’indagine della Vigilanza non è finita.

Per illuminare almeno in parte questa complessa vicenda conviene partire da un palazzo nel cuore di Roma. In via Bocca di Leone, a pochi passi da Piazza di Spagna ha sede Methorios, una piccola holding romana quotata in Borsa (listino Aim). È questo il crocevia degli affari tra i fondi di Matta, la Popolare di Vicenza e Marchini. A libro soci risulta che i principali azionisti di Methorios sono il gruppo Optimum (32 per cento) tramite Futura Fund di Malta, e lo stesso Marchini con una quota che si è ridotta al 16,6 per cento dal 30 per cento di due anni fa. Il 12,6 per cento ciascuno fa invece capo ai due manager che tengono le redini della gestione: Ernesto Mocci e Fabio Palumbo.

Di questi tempi Methorios se la passa piuttosto male: il bilancio 2014 si è chiuso con 24 milioni di perdite su 20 milioni di ricavi. Con il mandato di mettere ordine nei conti, alla presidenza della società capitolina si è da poco insediato Paolo Cacciari, un commercialista torinese con una parentela importante: ha sposato la figlia dell’ex presidente della Camera, Luciano Violante, da sempre in ottimi rapporti con Marchini. Nel frattempo però anche Methorios è finita sotto la lente degli ispettori da mesi al lavoro sui conti della Popolare di Vicenza, che ha chiuso il il 2014 con 760 milioni di perdite per effetto della pesante pulizia contabile imposta dalla Vigilanza. Ed è proprio nel bilancio pubblicato ad aprile che emerge per la prima volta la sottoscrizione dei due fondi targati Optimum, per un totale di 250 milioni. Si comincia nel novembre 2012 con un investimento di 100 milioni. Altri 150 milioni vengono versati nell’agosto del 2013.


MALTESI A ROMA
Parte di quei soldi non ha fatto molta strada. Optimum infatti ha investito anche nella Popolare di Vicenza. Quanto? Almeno 20 milioni, secondo le fonti consultate da “l’Espresso”. Quei titoli sarebbero poi stati venduti nel corso del 2014, secondo quanto spiega un portavoce del fondo. Va segnalato che l’istituto veneto non è quotato in Borsa. È la banca stessa, che può contare su oltre 100 mila soci, a gestire un mercato informale delle proprie azioni.

Methorios entra in scena nell’estate del 2013. In pieno agosto, Futura Fund di Malta, che fa capo a Optimum, investe 19 milioni per sottoscrivere un aumento di capitale della società. L’operazione viene gestita da Girolamo Stabile, un collaboratore di Matta che diventa vicepresidente di Methorios. Pochi giorni fa Stabile ha lasciato questa carica e mesi prima si era dimesso anche da Optimum.

Pure Marchini è della partita: gira al fondo maltese una parte delle sue azioni e incassa 11 milioni. Nel frattempo l’imprenditore romano, erede di una storica famiglia di costruttori della capitale, aveva già allacciato rapporti con i vertici della Popolare di Vicenza. Il suo interlocutore era l’allora direttore generale Sorato. La relazione ha avuto una ricaduta concreta: Marchini è diventato azionista della banca veneta. Non è chiaro a quanto ammonti l’investimento. Probabilmente siamo nell’ordine di alcuni milioni di euro.

Ricapitoliamo: Vicenza finanzia i fondi Optimum. Questi ultimi entrano nel capitale di Methorios, sostenendone i conti traballanti, e comprano anche azioni da Marchini. Il quale, a sua volta, investe nella Popolare all’epoca guidata da Sorato. Il cerchio si chiude. C’è un seguito, però, che va in scena un mese dopo, a settembre del 2013. Palumbo e Mocci, presidente e amministratore delegato della holding romana, vendono ciascuno due milioni di azioni della società. I due manager si dividono quattro milioni di euro. Chi paga? A comprare i titoli è Marchini, lo stesso che solo poche settimane prima aveva venduto parte della sua quota a Futura Fund incassando 11 milioni.


ARRIVANO I DEGENNARO
La coppia Palumbo-Mocci incassa e ringrazia. Per loro il 2013 si conclude alla grande. Dai documenti ufficiali risulta che in quell’anno presidente e amministratore delegato di Methorios, piccola società che vale in Borsa circa 70 milioni, hanno ricevuto compensi pari a 2,9 milioni di euro ciascuno, una somma che si aggiunge ai 2 milioni di euro ricavati dalla vendita delle azioni. Giusto per fare un paragone, va segnalato che in quell’anno Federico Ghizzoni, numero uno di Unicredit, la prima banca italiana, ha ricevuto uno stipendio di 2,3 milioni.

Le sorprese (e le coincidenze) non finiscono qui. Nel 2013, a novembre, Futura Fund finanzia anche una società della famiglia pugliese Degennaro, la Sudcommerci srl. L’operazione vale 22 milioni di euro che vengono versati dai fondi maltesi del gruppo Optimum, quelli che hanno fatto il pieno di risorse grazie alla Popolare di Vicenza. I Degennaro, costruttori e immobiliaristi, sono noti alle cronache anche per una serie di disavventure giudiziarie. L’ultima risale a pochi giorni fa, mercoledì 29 giugno, quando si è appreso che la procura di Bari ha chiesto il processo per Emanuele Degennaro con l’accusa di aver riciclato oltre 3 milioni di euro per conto di un clan mafioso.

Ebbene, dai documenti ufficiali si scopre che la Sudcommerci controlla un’altra società, la Partecipazioni Investimenti Real Estate, in sigla Pire, con sede a Bari. Quest’ultima, bilancio alla mano, risulta indebitata con una sola banca. Quale? La Popolare di Vicenza, che ha erogato un finanziamento di 25 milioni. A sua volta la società dei Degennaro ha fatto un solo investimento in titoli. Ancora una volta si torna nella città del Palladio. La Pire ha puntato oltre 3 milioni di euro sulle azioni della banca da cui è stata finanziata.

La partita, però, non è ancora chiusa, perché da Bari si rimbalza a Roma, nel palazzo di gran pregio, non lontano da piazza Venezia, dove si trovano gli uffici di Marchini. Lo stabile risulta controllato dalla società “Agricola Immobiliare Cafaggiolo”. Chi sono gli azionisti? Insieme allo stesso Marchini e alla famiglia di Gennaro Mariconda, famoso notaio romano, troviamo altri due nomi già saliti alla ribalta di questa storia. A libro soci dell’Agricola Immobiliare Cafaggiolo compaiono infatti Methorios, con il 18 per cento del capitale, e la Pire di Bari, con il 10,1 per cento. Sì, proprio quella, la società dei Degennaro, in affari con i fondi Optimum e finanziata dalla Popolare di Vicenza.


FUMO DI LIBIA
A quanto pare, insomma, si torna ancora una volta alla casella di partenza. Ai fondi di Matta e alla banca che li ha così generosamente sostenuti. Adesso che è cambiato il vento, e a Vicenza al posto di Sorato si è insediato il nuovo numero uno Francesco Iorio, restano ancora diversi punti da chiarire. Negli ambienti finanziari molti si chiedono quale sia stato il coinvolgimento del consiglio di amministrazione dell’istituto, a cominciare dal presidente Giovanni Zonin, nelle operazioni che sono costate il posto all’amministratore delegato Sorato, insieme al direttore finanza Andrea Piazzetta e al capo della rete commerciale Emanuele Giustini. È probabile che Iorio cercherà di sganciarsi quanto prima dal treno dei fondi Optimum. Intanto l’alleanza con Methorios e Marchini non sembra aver dato i frutti sperati. La holding romana, come detto, è assediata dalle perdite. A mandare a picco i conti del 2014 è stata la svalutazione di alcune attività in bilancio. In particolare ha pesato la rettifica della quota, pari al 7,1 per cento, nella Industrial Holding, a cui fa capo una società bresciana, la Bremach industrie.

In pratica, i vertici di Methorios si sono accorti che questa partecipazione vale molto meno di quanto loro stessi avevano affermato solo pochi mesi fa. Bremach produce veicoli per usi civili e militari, una via di mezzo tra un piccolo camion e un’auto fuoristrada. Ha un fatturato men che modesto, solo 3,7 milioni nel 2013 (ultimi dati pubblicati).Eppure, agli atti del gruppo, c’è una perizia che assegna all’azienda un valore di circa 200 milioni, tenendo conto anche di una consociata ancora più piccola, la Multicore sistemi di Prato, che si occupa di videosorveglianza e tecnologia della sicurezza, vantando appalti per la protezione delle ambasciate italiane in paesi a rischio. Il documento, siglato dal commercialista romano Massimo Chirurgi, prende per buone le previsioni di un boom dei ricavi, oltre 200 milioni nel 2015, formulate - si legge- “dal management aziendale”. Previsioni ottimistiche, per non dire azzardate, visto che Bremachnel 2014 ha visto diminuire lo striminzito fatturato e Multicore sistemi addirittura non c’è più. È finita in liquidazione nel gennaio scorso.

A questo punto Methorios non ha potuto fare altro che dare un taglio netto al valore della propria quota (16 milioni di euro) in Industrial Holding. Come è stato possibile un simile errore? Fonti della holding romana spiegano che Bremach faceva affidamento su una «commessa del governo libico resa ineseguibile dallo scoppio della seconda guerra civile libica nell’estate 2014». Sparito questo appalto, Bremach ha fuso il motore. E pure Methorios è in rosso profondo. I capiazienda Mocci e Palumbo, però, non si possono lamentare: anche l’anno scorso hanno ricevuto 1,2 milioni ciascuno di stipendio.

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