Traduttrice in pensione, leader del piccolo movimento 'Patria e Ambiente", il 20 agosto presenterà le 260 mila firme per chiedere al Parlamento di indire un referendum sull’uscita del paese dall’Unione Europea

Inge Rauscher non il physique du role del leader indipendentista: non i muscoli e la violenza sanguinaria di William Wallace, non ha la forza oratoria di Michael Collins e, mutatis mutandis, non ha nemmeno le felpe intercambiabili di Matteo Salvini. Più che altro, con la messia piega in ordine egli occhiali da professoressa, somiglia a una specie di Jessica Fletcher alpina. Però, come i suoi predecessori e omologhi, questa traduttrice in pensione, ha determinazione, convinzione e,  soprattutto, un nemico contro cui aizzare i suoi: l’Unione Europea. Lo scorso giugno, a ridosso delle giornate caldissime del referendum di Atene, Inge, con il suo piccolo movimento di “Patria e Ambiente”, ha avviato una raccolta di firme per chiedere al Parlamento di indire un referendum sull’uscita del paese dall’Unione Europea. Il successo è stato travolgente: 260 mila firme raccolte in poco più di due settimane ( il 4% dell’elettorato austriaco, laddove il minimo richiesto era di 100 mila). Il 20 agosto le firme saranno presentate in parlamento e toccherà ai deputati decidere se accogliere la richiesta di Inge e dei suoi e indire il referendum o se invece respingere (come sembra probabile accadrà data la maggioranza di centro sinistra e filo europeista) la richiesta.

Cosa succederà in Parlamento nei prossimi giorni?
Difficile dirlo. La norma prevede che di qui a quattro mesi il Parlamento e il Ministero dell’Interno decidano, anche ascoltando esperti di economia e diritto se appoggiare la nostra richiesta di voto o se invece lasciarla cadere nel vuoto. Nel corso di questa specie di istruttoria però, va detto, che ogni partito avrà la facoltà di appoggiare il referendum e di sostenerlo. Ed è quello che speriamo facciano.

Perché volete uscire dell’Unione Europea? Cos’ha che non vi piace questa Europa?
Chiariamo un equivoco: Europa e Unione Europea non sono la stessa cosa. L’Europa è un gruppo di Stati autonomi che collaborano nella loro diversità. L’Unione Europea, invece, è l’esatto opposto:  un gruppo di stati che rinuncia alla propria identità e differenze in nome di una omologazione del tutto artificiosa imposta dall’alto da una istituzione politica superiore. Ma il gioco non vale la candela: lo dimostrano i fatti.

Quali fatti? Settant’anni di pace tra paesi che si sono combattuti per secoli?
Tanto per cominciare ci sono gli aspetti economici:  l’occupazione, qui in Austria, non è mai stata tanto bassa e, per converso, il debito pubblico che non è mai stato tanto alto; inoltre, il potere di acquisto dei cittadini austriaci, dall’introduzione dell’euro a oggi, si è più che dimezzato. Ma non è tutto: ci sono altri aspetti, politici, che ritengo molto più rilevanti e che è urgente affrontare.

Per esempio quali?
Prima di tutto la democrazia che di fatto, è stata mandata a gambe all’aria nel suo principio cardine, la rappresentanza: l’80 per cento delle leggi che l’Austria approva ogni anno non sono decise dal nostro Parlamento, e tanto meno da quello Europeo, ma imposte dai commissari che, fino a prova contraria, non sono stati eletti da nessuno. Oltre a questo, c’è il fatto che l’Austria ha perso il suo più grande tesoro, ossia la sua neutralità e, oggi, è costretta a azioni di politica estera che non ha deciso e che non le appartengono, come sta accadendo nel caso delle sanzioni alla Russia: non l’abbiamo scelto noi, non c’entra niente con noi.

Non siete i soli, però, a pensare di andarvene: la Gran Bretagna voterà presto, la Grecia ha votato ‘no’ al referendum di luglio, e in Italia e Francia i movimenti ‘no Euro’ stanno andando molto forte nei sondaggi….
Infatti. Il desiderio di autonomia sta crescendo con forza in molti paese che oggi appartengono all’Unione e somiglia sempre di più a un desiderio di libertà e indipendenza.

Come immagina l’Europa di qui a cinque o dieci anni?
Come un continente dove, ancora e finalmente, gli stati indipendenti collaborino tra loro secondo reciproci diritti e doveri e non più dove le decisioni sino imposte dall’alto o, peggio, dall’estero, come accade con gli Stati Uniti che ci trattano come un loro protettorato. Un continente in cui anche la Russia ha il posto che merita e in cui le differenze etniche e storiche sono rispettate e trattate per quello che sono: la base di un Europa multiforme della cui varietà beneficiamo tutti.

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