E' diventato il boss più temuto del Messico. Guida una gang da 20 miliardi di dollari. Ecco la mappa del potere dei cartelli. Che le autorità non riescono a sconfiggere. Come dimostra la donna uccisa al primo giorno da sindaco

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Non fosse per gli uomini pesantemente armati, in passamontagna, e i quattro inginocchiati davanti a loro, qualcuno con il viso tumefatto, ci sarebbe un lato grottesco nel pistolotto con cui un tipo molto compreso nella parte si rivolge al potenziale pubblico del video: “Buona sera a tutti. Con questo comunicato annunciamo la cattura di una banda di sequestratori che operava nella tal zona. Vi presentiamo gli autori eccetera eccetera”.

Poi, i quattro uomini vengono interrogati uno a uno, confessano i propri misfatti e solo alla fine appariranno i loro corpi senza vita, uno sull’altro. Eppure, la scena non è tra le peggiori a cui i componenti del Cartel Jalisco Nueva Generación (CJNG) hanno abituato i messicani da qualche anno a questa parte: torture e squartamenti, esecuzioni lente che, filmate e consegnate al web, disegnano l’efferatezza di quel cartello nato di recente e già il più micidiale tra i carteles messicani.

Il più feroce secondo la Dea e il più efficiente e meglio armato, con lanciagranate che il primo maggio di quest’anno hanno disintegrato un elicottero Cougar dell’esercito con sedici persone a bordo, oltre a far esplodere stazioni di benzina, banche e auto in quattro Stati. Da quel momento il Cartel è diventato il primo obiettivo del governo e il suo leader, Nemesio Oseguera Cervantes detto “El Mencho”, è oggi il narco più ricercato al mondo dopo l'arresto del Chapo Guzmán, il capo del Cartel de Sinaloa, figura leggendaria catturata da pochi giorni dopo essere evaso dal carcere di altissimima sicurezza di Altiplano ed essere stato intervistato dall'attore americano Sean Penn.
El Chapo

I cartelli del narcotraffico sono un cancro che il governo messicano non riesce a estirpare. Potenti e pronti ad alzare il livello dello scontro anche dopo aver subito sconfitte da parte delle forze dell’ordine. Come dimostra il caso di Gisela Mota, 33 anni, sindaco di Temixco, Stato di Morelos, eliminata in casa sua dal cartel de los Rojos (è la versione più accreditata) dopo un giorno di mandato: aveva giurato guerra ai narcos che le avevamo ammazzato marito e figlio.

La mappa dei clan più potenti muta in continuazione. Nel firmamento criminale ora brilla la stella del Mencho. Al pari della sua organizzazione, anche il Mencho è una figura nuova: solo di recente i baffi radi e il viso anonimo immortalato nelle poche foto sono diventati familiari ai messicani, pur senza guadagnargli quel carisma mistico che circonda altri famosi boss, sarà che la sua biografia è scarna e poco spettacolare.

Di certo c’è che è nato cinquant’anni fa nel Michoacan, precisamente nella regione di Tierrascalientes: torrida e povera, un primato nella coltivazione di avocados alla cui raccolta lavorò Nemesio, ancora bambino, per contribuire al mantenimento della famiglia. Aveva meno di quindici anni quando passò al traffico di marijuana e cocaina, diventò poi responsabile della sicurezza dei carichi tra Messico e Stati Uniti ma venne beccato con cinque chili di droga e gli toccò passare tre anni in una prigione della California da dove uscì prima del termine per buona condotta. A quel punto si fece assumere nella polizia dello Stato di Jalisco, che lasciò dopo qualche anno per lavorare con la famiglia Valencia, che si occupava del narcotraffico nel Michoacan per conto del Cartel di Sinaloa. Quando l’allora capo di quel cartello morì, la famiglia si spaccò e Nemesio fu abilissimo a dirigere la parte più forte. Era ambizioso e riservato ma aveva fin da allora le idee chiare e il senso pratico di un imprenditore self made. Si era anche sposato con la sorella di uno dei suoi capi, Rosalinda, una bellezza bruna e dal carattere deciso il cui fratello, Abigael, diventò socio del Mencho.

Era il 2010 e la prima missione del nuovo gruppo, ai tempi sconosciuto, fu di far fuori gli “Zeta”, che controllavano gran parte del Messico e, soprattutto, le rotte della droga del Pacifico. I seguaci del Mencho adottarono perfino un nome indicativo, i Matazetas, e per due anni diedero ai rivali una caccia spietata che terminò quando gli Zeta si indebolirono, anche a causa di lotte interne. Poi, gli uomini di Nemesio se la presero con i Caballeros Templarios, il nuovo cartello che sorvegliava le rotte delle metanfetamine e posava a clan di cavalieri antichi con tanto di codice para-religioso. Anche i Templarios furono smantellati in poco tempo, di loro restano oggi poche centinaia di uomini dato che il resto ha disertato per paura.

Nei paesaggi del Jalisco si mischiano molte cose: distese di agavi a perdita d’occhio, montagne e colline verde umido, paesini sgangherati o ameni. Nel centro dello Stato, la capitale Guadalajara è la nuova Silicon Valley del Centramerica e un importante centro culturale mentre aumenta esponenzialmente la crescita industriale.

Appena fuori da Villa Purificacion, cittadina di diecimila abitanti nel Sud dello Stato, c’è il rancho di 40 ettari in cui, prima che venisse requisito, ha vissuto il Mencho, in modo così pubblico da rendere impossibile che i vicini non sapessero, né le autorità. Entrava e usciva a bordo di una delle moto che rappresentano la sua passione, un vizio di famiglia che è costato la vita al fratello, qualche anno fa (per onorarlo, il boss ha ordinato un funerale di Stato).
El Chapo con Sean Penn su Rolling Stones

Anche El Menchito, il figlio del capo, un biondino di 23 anni, ha avuto vari incidenti, ma se ha rifatto il naso non è a causa di uno di quelli ma per passare inosservato. Lo hanno beccato lo stesso, prima l’anno scorso e poi quest’anno. È accusato di essere il numero due del Cartello e da quando lo hanno preso ha cambiato già due carceri in cui lamenta trattamento degradante e torture, una sorta di nemesi visto che il padre è un noto sadico: si diverte a umiliare i prigionieri prima di ucciderli, pretende che gli dicano che è il migliore e si inginocchino chiedendogli perdono, che non concede.

Nei numerosi video su youtube El Mencho non appare, ma la sceneggiatura ha un imprinting chiaro, benché i dettagli siano lasciati alla spietata creatività degli esecutori: un tipo viene mutilato lentamente, a colpi d’ascia, sulle note di The Body, a un altro viene tagliata la testa e sostituita con quella di un maiale. E poi ci sono gli interrogatori, i condannati a recitare quella parte triste dei pentiti che confessano le loro colpe, prima di venire giustiziati con un colpo alla nuca.

Sarà per la violenza che il Mencho ha fatto strada nella narcoindustria, ma non solo. Intanto ha avuto l’intuito di diversificare la produzione tra cocaina e droghe sintetiche. Un’altra delle sue qualità è il basso profilo. Niente a che fare con la logorrea da social network del Chapo Guzman, né con la sovraesposizione di La Tuta, il capo dei Caballeros Templarios, un ex maestro di scuola arrestato qualche mese fa.

I pochi appelli che ha lanciato sono per avvertire che loro, il CJNG, non sono terroristi ma brava gente che protegge la popolazione. Pazienza se l’ultima trovata è far saltare in aria i nemici dopo aver attaccato loro un candelotto di dinamite al collo, come racconta un video in cui un bambino di circa dieci anni piange terrorizzato, prima di esplodere tra le risate dei carnefici. “Era un informatore e andava punito”, hanno liquidato la faccenda quelli del Jalisco.

Sta di fatto che nelle droghe sintetiche il Cartel è al primo posto, e infatti si calcola che il suo volume d’affari sia di 20 miliardi di dollari. Il CJNG rifornisce quasi tutto il mercato europeo e statunitense con le metanfetamine che produce elaborando gli ingredienti arrivati dalla Cina, e inoltre si è assicurato una parte del mercato interno. Tant’è che da cartello periferico si è esteso in nove Stati e ha spostato la sua sede nel Jalisco dove il suo capo frequenta soprattutto El Grullo, cittadina di tetti rossi e viali in cui sfrecciano le biciclette. Per il resto, della sua vita privata si sa poco, solo che ha la stessa moglie da molti anni e una sfilata di figli di cui una, Jessica Johanna, gestisce un ristorante giapponese di lusso a Guadalajara.

Nemmeno dei suoi uomini si conosce granché, sarà che la maggior parte non ha precedenti con il narcotraffico. Molti sarebbero ex membri dell’esercito mentre altri sono chimici ed esperti di finanza passati da professioni lecite alle più redditizie file del Mencho. Oltre che bravo a fare affari, quest’ultimo è abilissimo nelle pubbliche relazioni, peccato il carattere infame. E gli hanno dedicato, come a ogni bravo capo, perfino qualche narcocorrido, il più famoso lo ha composto il gruppo Jesus Ojeda y sus parientes ed è intitolato “El Mencho”. Nel videoclip, Jesus e i parenti sfoggiano cappelli texani e pistole cromate mentre gorgheggiano: “En Michoacán empecé y la historia no termina, le sufrí y le batallé sé lo que cuesta la vida, poco a poco le escalé, son guerreros mi cártel, mi gente es efectiva” (Ho iniziato nel Michoacàn e la storia non è finita, ho sofferto e faticato per sapere quanto costa la vita, poco a poco son salito, son guerrieri quelli del mio cartello, la mia gente è efficiente).

Probabile lo abbia pagato il Mencho, quel corrido, ma non è detto. Benché sanguinario, è piuttosto rispettato, molti credono davvero alla storia che difenda il popolo contro le corrottissime autorità. Con queste ultime Nemesio ha il dente avvelenato da quando il governatore dello stato di Jalisco, Aristóteles Sandoval, gli ha voltato le spalle dopo che il Mencho gli aveva finanziato, pare, la campagna elettorale.

La guerra ai narcos qualche risultato l’ha portato. Molti tra i capi dei cartelli sono stati arrestati anche se l’evasione del Chapo la dice lunga sul livello di collusioni. Secondo gli analisti è proprio per quegli arresti che gran parte dei cartelli si è atomizzata. I vuoti di potere nelle organizzazioni hanno favorito la crescita del CJNG che però a sua volta ha subito ultimamente molte perdite tra cui, qualche giorno fa, il fratello del Mencho, uno della cupola.

L’ultimo colpo è lo smantellamento della rete di aziende di riciclaggio individuate dalla Oficina de Control de Activos Extranjeros (OFAC), tra cui quel gioiello sul Pacifico che è l’Hotelito Desconocido, in cui si riunivano i pezzi grossi del Cartel a mille euro a notte. E tanto per confondere le idee su quella piovra che è il Cartel de Jalisco, arriva la notizia della Dea che Abigael González Valencia detto El Cuini, cognato di Nemesio arrestato nel settembre scorso, sarebbe il narco più ricco del mondo, e il vero cartello forte sarebbero i Cuinis, e cioè Abigael e i cinque fratelli, che per il governo messicano sono la stessa cosa del cartello del Mencho, mentre per la Dea due cartelli alleati. Abigael, lo hanno arrestato mentre pranzava in un ristorante di Puerto Vallarta e non si è scomposto, ha solo offerto 50 milioni di pesos perché la sua foto non apparisse in tv ma invece è apparsa eccome. Mostra una faccia qualunque, una di quelle che dimentichi subito per quanto è anonima.

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