La Cina a pieno titolo nel Wto? L’Europa è pronta. Parola dell'ex direttore dell'istituzione, Pascal Lamy

Pascal Lamy
Una questione più politica che economica. Per Pascal Lamy, una delle voci più autorevoli sulle questioni ?del commercio globale, di cui ?si è occupato sia come commissario europeo sia ?in qualità di direttore generale del Wto, l’ingresso a pieno titolo della Cina nell’organizzazione mondiale - ora che volge al termine ?il periodo transitorio iniziato nel 2002 - non deve preoccupare più di tanto.

Il 12 dicembre scade ?il periodo transitorio accordato dal Wto alla Cina. Quali sono i rischi per la Ue?
«È una questione che tocca meno dell’1 per cento delle importazioni europee. È un tema estremamente tecnico e limitato, ma politicamente sensibile. C’è una sproporzione enorme tra l’impatto economico e la risonanza politica, ?ma noi condividiamo questo problema con i cinesi, ?per loro è una questione di immagine».

È possibile allungare il periodo transitorio?
«Sarebbe pericoloso. La Cina, aderendo al Wto ha chiesto ?di uscire dal “ghetto” delle economie non di mercato, un tempo riservato ai Paesi comunisti. Le abbiamo detto di attendere ?15 anni e ora il periodo transitorio finisce. Alcuni giuristi ?negli Usa dicono che le regole Wto sono meno chiare, che ?si potrebbe mettere in dubbio l’automaticità della scadenza ?del termine, ma la Cina aprirebbe un contenzioso, ?con ragionevoli chance di vincere».

Le contromisure in discussione nella Ue sono efficaci?
«La Ue ha rivisto i suoi strumenti di difesa commerciale in maniera molto intelligente. Ha riformato la regolazione anti-dumping e anti-sussidi. E siccome la Ue ha visto che già nel passato le cose non funzionavano perfettamente, ha deciso ?di darsi dei margini di manovra anche verso quei Paesi classificati come economie di mercato, Giappone, Usa, Brasile. ?L’obiettivo della Commissione è offrire dei margini nel calcolo dell’antidumping che nei casi dei Paesi non economia di mercato erano permessi e negli altri limitati. Hanno realizzato un ibrido: ?in occasione dell’uscita Cina dal “ghetto”, Bruxelles ha proposto di mettere in atto tutta una serie di strumenti che valevano per le economie non di mercato e ora varranno per tutti. È intelligente».

L’Italia voleva l’abolizione del principio del “lesser duty rule”, che limita i dazi al danno reale subito dall’industria europea ?(in genere più basso) rispetto agli aiuti concessi nei Paesi d’origine (più alti). E dice che le eccezioni alla regola proposte da Bruxelles hanno una base legale debole.
«Non so se c’è una base legale per giustificare le eccezioni; c’è però una base politica per cui la Ue deve mettere d’accordo tutti sulla difesa dei propri interessi nell’ambito degli strumenti del Wto. Imponendo la regola Ldr, la Ue si è auto-limitata nell’uso dei suoi dazi. Ora la Commissione propone di fare come tutti gli altri, dandosi dei margini di manovra supplementari. Alcuni Stati membri sono contenti, altri meno, gli italiani sono sensibili ?sulla ceramica e l’acciaio, i tedeschi sulla chimica… Ci vuole ?un compromesso, che offrirà degli strumenti più ampi che ?in passato. Qualcuno dirà che è protezionismo, è una cosa iperbolica perché le misure riguardano solo lo 0,2 per cento ?delle nostre importazioni, ma se la Cina le sovvenziona, ?la Ue deve intervenire».

Si attende un effetto Trump sul commercio internazionale ?
«Se parliamo di commercio tendo a pensare a un soft Trump, ?più che ad un hard Trump, perché se fa quello che dice sarebbe ?la guerra mondiale commerciale. Se applica un dazio del 45 per cento sugli iPhone assemblati in Cina e importati negli Usa, con una grande proporzione di valore aggiunto americano, saranno l’industria e il consumatore Usa a protestare. È assurdo, ?così assurdo che credo che la maggioranza repubblicana ?al congresso, che dovrebbe essere più ragionevole, gli impedirà ?di spararsi sui piedi».