I giornalisti di Icij hanno scoperchiato 37 società dello studio Mossack Fonseca citate in giudizio o sottoposte a indagini per corruzione e distruzione ambientale. Contratti spesso garantiti da tangenti e altre pratiche corruttive: a vantaggio di pochi e a danno dei cittadini comuni. Nei file anche tre ministri e due ex governatori

Quando non era bordo del suo yacht, Farid Bedjaoui faceva salotto all'hotel Bulgari di Milano, settecentesco palazzo ristrutturato affacciato sull'orto botanico nel centro di Milano. In più di cinque anni, il conto di Bedjaoui in quell'hotel ha superato i 100 mila dollari. Nelle stanze lussuose e nella lobby di granito, Bedjaoui si incontrava con rappresentanti del governo algerino e manager della Saipem, il colosso italiano degli impianti energetici, per gestire 198 milioni di euro di tangenti. E consentire così alla società italiana di strappare contratti del valore di oltre dieci miliardi di dollari per la costruzione di pipeline di petrolio e gas dal deserto del Nord Africa alle spiagge del Mediterraneo.

Secondo i pm italiani che indagano sulla vicenda, Bedjaoui ha allestito un pacchetto di società offshore che potessero nascondere ai controlli il traffico delle mazzette spostate tra vari paesi. Dodici di quelle 17 società-schermo sono state costituite presso Mossack Fonseca, lo studio legale al centro dello scandalo Panama Papers. Lo provano documenti interni dello studio, esaminati dall'International Consortium of Investigative Journalists (Icij), Suddeutsche Zeitung e altre testate associate tra cui l'Espresso per l'Italia.

Gli investigatori definiscono una di queste società, la Minkle Consultants SA, un "crocevia di flussi finanziari illeciti", in grado di convogliare milioni di dollari dai subappaltatori a una lista di beneficiari. Affermano che una sola società, registrata a cura di Mossack Fonseca, avrebbe versato fino a 15 milioni di dollari a soci e membri della famiglia dell'ex ministro algerino dell'energia.

Lo scandalo delle tangenti transnazionali è solo uno di una dozzina di casi in Africa, in cui società fondate o amministrate da Mossack Fonseca hanno giocato un ruolo nei contratti minerari, di petrolio e gas, provocando accuse di elusione fiscale, corruzione, distruzione ambientale o altri mali. Nei Panama Papers i giornalisti di Icij hanno scoperchiato 37 società, citate in giudizio o sottoposte a indagini che coinvolgono risorse naturali in Africa.

Le iniziative imprenditoriali in materia di estrazione di petrolio, gas, diamanti, oro e altre risorse sono state a lungo inseguite dal fondato sospetto che i contratti fossero spesso garantiti da tangenti e altre pratiche corruttive: a vantaggio di pochi e a danno dei cittadini comuni. Accordi sospetti nel settore dell'energia e dell'industria mineraria si fanno, in genere, ricorrendo a società riservate e conti bancari difficili da tracciare.

Fredrik Rheinfeldt, ex presidente del consiglio della Svezia e ora responsabile dell'Extractive Industries Transparency Initiative, spiega al consorzio Icij: «Si tratta di compagnie che si aggiudicano progetti estrattivi molto redditizi perché i loro titolari vantano buone connessioni politiche, oppure perché preferiscono puntare su intese discutibili, pur di produrre veloci profitti per pochi, invece di benefici per una comunità più vasta. Le società anonime rendono più difficile frenare fenomeni di riciclaggio di denaro o di corruzione, poiché permettono ai malfattori di nascondersi dietro una serie di entità costituite in più giurisdizioni diverse».

L'analisi delle carte di Mossack Fonseca dimostra che lo studio di Panama è il maggior fornitore di "segretezza" a società legate a industrie estrattive, petrolio o gas: oltre 1.400. In particolare, per questo tipo di business, sono attive offshore in 44 dei 54 paesi africani. Molte di esse sono controllate da politici, membri delle loro famiglie, soci in affari. Spesso petrolio, gas e diamanti che giacciono sotto la superficie terrestre da milioni - forse miliardi - di anni, vengono commercialmente trattati da società-ombra spuntate soltanto da pochi mesi. Tra le compagnie create o assistite da Mossack Fonseca ci sono almeno 27 consociate di uno dei più grandi produttori di oro del mondo, il colosso minerario AngloGold Ashanti. Un portavoce di AngloGold ha dichiarato a Icij che la sua società osserva le leggi fiscali e che le società offshore avevano fatto degli investimenti che consentivano di «alleggerire» il regime della «doppia tassazione».

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Mossack Fonseca non ha invece risposto a domande dettagliate per questa inchiesta. Ha detto ad Icij che «il nostro studio, come molti altri, fornisce servizi di 'agenti registrati' per i nostri clienti professionali (avvocati, banche e trust), cioè gli intermediari. In qualità di agenti, noi semplicemente curiamo la registrazione di società, e, prima di accettare di lavorare con un cliente, conduciamo un processo approfondito di 'due diligence', l'unico che permette di essere in linea con le leggi locali, regole e norme standard a cui noi e altri siamo vincolati». Lo studio legale ha aggiunto: «Occuparsi di pratiche legali per formare una società è cosa diversa dall'instaurare legami d'affari con la stessa o gestirla. Noi ci limitiamo a costituire società».

Saipem ha dichiarato ad Icij che "sta collaborando pienamente" con i magistrati e che ha "attivato provvedimenti di ristrutturazione significativi in campo manageriale e amministrativo". Consulenti esterni hanno analizzato i bilanci della società e "non hanno trovato prove di pagamenti a pubblici ufficiali algerini tramite contratti d'intermediazione o subappalti".

Nel febbraio 2016 un tribunale algerino ha però ritenuto una consociata Saipem colpevole di frode, riciclaggio di denaro e corruzione nell'ottenere contratti dalla compagnia nazionale algerina Sonatrach. Le autorità italiane hanno incriminato Bedjaoui. I pm ritengono che abbia gonfiato contratti a vantaggio di dirigenti algerini, ritagliando una quota per se stesso, il che gli ha valso il soprannome di mister 3 per cento. Ovvero la percentuale trovata dalla Guardia di Finanza su un foglio di carta intestata dell'hotel Bulgari.

Bedjaoui, nipote dell'ex ministro degli esteri algerino, vive attualmente in un quartiere residenziale privato in stile Beverly Hills a Dubai. I suoi avvocati dicono che con il suo diploma in management non avrebbe mai potuto esercitare sufficiente influenza sulle élite politiche, militari e affaristiche in Algeria e quindi predisporre uno schema di tangenti da 198 milioni di euro.

Il caso Saipem-Sonatrach, come modello, è emblematico in Africa e in altre regioni in via di sviluppo, dove i paesi maggiormente dotati di ricchezze naturali spesso ne vengono spogliati, per lo più per colpa del sistema offshore. Tra il 2004 e il 2013 l'Algeria, il secondo paese con le più grosse riserve di petrolio in Africa, ha perso in media un miliardo e mezzo di dollari ogni anno, a causa di evasione fiscale, corruzione e criminalità finanziaria, secondo quanto ha denunciato uno studio del gruppo di ricerca Global Financial Integrity. Secondo una stima dell'Onu, in tutto il continente almeno 50 miliardi all'anno vengono inghiottiti da flussi finanziari illeciti.

Un paese ricco di petrolio come la Nigeria, per esempio, guida la lista delle nazioni africane dove miliardi di dollari vengono ogni anno dilapidati. Dai file di Mossack Fonseca salta fuori che tra gli ex clienti dei servizi offshore si contano tre ministri del petrolio, funzionari della compagnia nazionale petrolifera e due ex governatori, in seguito condannati per riciclaggio di denaro "petrolifero".

Diepreye Alamieyeseigha


Investigatori inglesi e americani sono convinti che Diepreye Alamieyeseigha, governatore di Bayelsa, uno stato nigeriano ricco di petrolio, ha investito soldi sottratti a fondi pubblici per comprare, con società offshore del giro di Mossack Fonseca, una casa a Rockville, Maryland, Stati Uniti, e quattro immobili a Londra. Alamieyeseigha, durante un viaggio nel Regno Unito nel 2005, è stato arrestato per riciclaggio di denaro. Pare sia riuscito a scappare dal paese vestito da donna. E' poi ritornato in Nigeria, dove, dopo l'incriminazione, è stato destituito dalla carica di governatore. Per un breve periodo, è anche entrato in prigione, ma nel 2013 è stato graziato dall'allora presidente Goodluck Jonathan. Alamieyeseigha è morto nel 2015.

In seguito l'attuale presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, ha rivolto un appello ai leader del mondo per aiutare i paesi africani nel combattere il riciclaggio di denaro e «accendere un faro» sui rifugi offshore. «Ogni dollaro travasato da accordi corruttivi alle società offshore nei paradisi fiscali, rende più precaria la vita dell'africano medio» Con queste parole Buhari si è lamentato, in un discorso ad un convegno sulla corruzione, un mese dopo il primo lancio dei Panama Papers.

ANONIMATO ASSICURATO
Nel 2005 l'Algeria annuncia che le sue enormi riserve di gas sono aperte al business. E' l'occasione per inaugurare una nuova rotta da un giacimento di gas in larga parte non sfruttato, nel cuore del deserto algerino, per dirigerlo verso il mercato europeo affamato di energia. Un importante passo per Algeria, paese dall'economia instabile, in gran parte dipendente dal reddito proveniente da petrolio e gas.

Funzionari e manager provenienti da Cina, Francia, Gran Bretagna, Spagna e Giappone volano ad Algeri per proporre le proprie offerte. Saipem primeggia subito come uno dei grandi vincitori. Tra il 2006 e il 2009 la società italiana, che descrive se stessa come uno dei leader mondiali in trivellazioni e pipeline, si aggiudica sette contratti per la posa di centinaia di chilometri di tubi e canali e per realizzare impianti capaci di lavorare centomila barili di petrolio al giorno.

All'attività frenetica dell'Algeria corrisponde l'espansione della catena di offshore di Bedjaoui. Bedjaoui, che è francese, canadese e algerino, si è laureato in business management a Montreal. Poi ha lavorato nell'impresa di famiglia di importazione di caffè, prima di occuparsi di una società di investimenti di gas e petrolio, con base a Dubai, dotata di un portafoglio di clienti nordafricani di grande valore.

Nel 2002 Bedjaoui si rivolge a Mossack Fonseca per aprire un conto in una banca svizzera a nome della sua società Rayan Asset Management. Un avvocato fiscalista svizzero si lancia in una febbre di acquisti, a nome dell'algerino, ordinando per lui una serie di società-schermo, già esistenti a Panama e alle Isole vergini britanniche. I controlli di Mossack Fonseca su Bedjaoui nel 2008 e 2009 non hanno mai rivelato niente di sospetto, come si ricava dai file panamensi. Non che Bedajoui rendesse facile questa verifica, poiché una volta esibiva il suo passaporto canadese per aprire alcuni conti bancari, un'altra quello algerino, per aprirne altri.

Per 11 anni Mossack Fonseca ha lavorato per Bedjaoui e una mezza dozzina di suoi familiari, amici e soci. In questo mondo Bedjaoui ha introdotto la moglie e il cognato, parenti di ministri algerini dell'energia e dell'acqua, l'amministratore delegato della società algerina del petrolio e del gas, di proprietà del governo, e il rappresentante di Saipem in Algeria. I magistrati italiani scrivono che questa rete di strette parentele li ha indotti a credere che molte delle compagnie targate Mossack Fonseca siano state utilizzate «per pagamenti corruttivi e per arricchimento personale».

Il giro di mazzette e fondi neri è stato organizzato, stando agli investigatori, nelle lobby di hotel e bar di Parigi e Milano e a bordo di yacht del Mediterraneo. Fuori dall'hotel Bulgari i visitatori si scambiavano numeri riservati di cellulari per tenersi in contatto. E non era certo per «scambiarsi gli auguri di Natale», annoterà con ironia qualche anno dopo un magistrato italiano.

Nel creare le società offshore, accusano i pm di Milano, Bedjaoui sceglie paesi che abbiano regole di segretezza «che assicurano l'anonimato degli azionisti», cercando inoltre di far perdere le tracce delle sue faccende in 16 conti bancari a Dubai, Algeria, Singapore, Londra, Hong Kong, Svizzera e Libano.

Secondo l'accusa una società offshore legata a Bedjaoui ha dirottato fino a 15 milioni di dollari alla famiglia di Chekib Khelil, ministro dell'energia algerino dal 1999 al 2010. Un testimone del procedimento italiano ricorda di aver sentito di sfuggita Khelil descrivere Bedjaoui «come un figlio».

Nel 2013 Khelil, laureato alla Ohio State che ha vissuto molti anni nel Maryland, è stato inserito per breve tempo nella lista Interpol dei ricercati. In seguito è tornato in Algeria, ma solo dopo che le autorità avevano ritirato le accuse di corruzione mosse nei suoi confronti. Raggiunto per telefono da Icij, Khelil ha risposto di non avere tempo di parlare e ha riagganciato.

Sospetti ufficiali sul ruolo di Bedjaoui nei contratti algerini sono emersi per la prima volta nel febbraio 2013. Mesi dopo, la polizia canadese sequestra beni di Bedjaoui a Montreal. In Francia gli investigatori irrompono nell'appartamento dell'algerino a Parigi. Successivamente gli requisiranno anche uno yacht di 43 metri e quadri di Warhol, Mirò e Dalì.

In quel periodo i giornali dedicano molto spazio alle indagini su Bedjaoui e alle sue proprietà in Algeria, Canada e Italia. Ma lo studio Mossack Fonseca, per la maggior parte del 2013, non s'è mai accorto dei problemi legali del suo cliente.

Heather Lowe, un avvocato del Global Financial Integrity, un gruppo anticorruzione con base a Washington, sostiene che gli intermediari delle offshore ricevono incentivi economici «non per sapere per quale ragione le società da loro fondate possono essere impiegate. Se sanno troppo, potrebbero rinunciare ai propri affari… Di conseguenza spesso non esiste un 'guardiano' che impedisca al denaro illecito di entrare nel circuito finanziario».

SETTORE AD ALTO RISCHIO

Regole standard internazionali e leggi di molti paesi esigono in genere che intermediari finanziari come Mossack Fonseca setaccino i loro clienti per essere sicuri che non siano coinvolti in operazioni illecite. Inoltre richiedono misure stringenti per quei clienti che sono "Politically Exposed Persons" (Pep, cioè persone politicamente esposte): uomini di governo, loro familiari e soci. Nel suo manuale interno, Mossack Fonseca riconosce che gli accordi riguardanti industrie estrattive, petrolio e gas sono considerati, quanto a riciclaggio di denaro e altri crimini, ad alto rischio. Lo studio legale, in particolare, classifica l'industria estrattiva come un "settore ad alto rischio" e richiede ai suoi impiegati di impegnarsi in ricerche speciali su ogni persona coinvolta nell'attività di trivellazione, scavo, commercio ed esportazione di risorse naturali.

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I documenti di Panama Papers provano però che i dipendenti di Mossack Fonseca spesso non svolgono analisi adeguate sui clienti che operano nel settore delle industrie estrattive e, in alcuni casi, offrono addirittura servizi che rendono difficile alle autorità governative identificare i protagonisti che stanno dietro le offshore e i contratti sulle risorse naturali.

Nel 2014 Mossack Fonseca propone di schermare con un "azionista fiduciario" una società intestataria di una miniera di fosfato per coprire il suo reale proprietario, a cui le autorità della Tanzania volevano risalire. Il titolare infatti voleva «fermare la catena» di una «inchiesta supplementare» sulla sua società.

Un impiegato di Mossack Fonseca chiede allora ai colleghi una "risposta veloce" per aiutare l'interessato, Elìsio Figuereido, un ex ambasciatore dell'Angola alle Nazioni Unite, a versare 26 milioni di dollari ricavati dalla vendita delle sue azioni in una società mineraria. La nazionalità e l'alto profilo di Figuereido possono essere fonte di problemi, viene osservato, ma Mossack Fonseca valuta perfino la possibilità di inviare un impiegato in una banca di Hong Kong e aprire un conto. Non è chiaro dai documenti se questo piano sia andato in porto. Non è stato possibile raggiungere Figureido per avere un suo commento.

Nel giugno del 2011 un dipendente di Mossack Fonseca scrive ai suoi superiori sottoponendo una questione. Pressato da uno studio legale inglese, precisa, Mossack Fonseca ha fatto "un'eccezione" alle procedure antiriciclaggio. Un anno prima aveva creato due società e offerto i suoi impiegati come "azionisti fiduciari", senza però prima conoscere l'identità del vero proprietario. "Nel giro di un mese", aggiunge l'impiegato, lo studio legale panamense è venuto a sapere che il titolare delle società era «un certo signor Dan Gertler, un mercante di diamanti sotto indagine per corruzione nella Repubblica Democratica del Congo. Un personaggio coinvolto nel business dei cosiddetti "diamanti insanguinati". Il suo nome è ovunque su Internet». Alcune delle società incorporate da Mossack Fonseca per conto di Gertler, ricorda infine il dipendente, erano finite sotto inchiesta nelle Isole Vergini Britanniche.

Nonostante le polemiche, Mossack Fonseca non ha dato subito le dimissioni come agente delle offshore di Gertler nelle Isole Vergini britanniche, conclude l'impiegato, ma ha continuato a tenerlo come cliente «puntando a ottenere una 'due diligence' per far sembrare che avessimo fatto qualcosa, per poi dare le dimissioni».

Preoccupato che le autorità panamensi potessero avviare un'indagine, Mossack Fonseca ha in seguito chiuso il rapporto con le società di Gertler. Rispondendo a una richiesta di commento da parte di Icij, un rappresentante di Gertler ha risposto di non essere al corrente di nessuna indagine di autorità panamensi o delle Isole Vergini britanniche sulle società nella Repubblica democratica del Congo. «Società offshore non sono mai state utilizzate per nascondere» informazioni sulla proprietà, ha ribadito il portavoce. Il quale si è rifiutato di rilasciare dichiarazioni "sulle affermazioni infondate e diffamatorie contenute in e-mail privata, di un impiegato di uno studio legale con cui, in definitiva, noi non facevamo business". Le compagnie di Gertler hanno investito approssimativamente 100 milioni di dollari nella Repubblica democratica del Congo, ha aggiunto il portavoce.

In un risposta scritta ad Icij, Mossack Fonseca dichiara di rispettare "sia la lettera sia lo spirito delle leggi. Perché noi nemmeno una volta in quasi quarant'anni di attività siamo stati accusati di azioni illecite. Siamo orgogliosi del lavoro che facciamo, nonostante recenti tentativi da parte di qualcuno di screditarci".

PAGARE E' UN PIACERE

In tema di controlli e due diligence i metodi di Mossack Fonseca sono stati carenti, in particolare, nel caso di Bedjaoui, il faccendiere al centro dell'affaire algerino.

Alcune e-mail interne rivelano che Mossack Fonseca non si è reso conto del coinvolgimento di Bedjaoui nello scandalo Saipem-Sonatrach fino a settembre 2013. Per puro caso, nel corso di una ricerca su Internet riguardante un altro cliente, è invece affiorata la notizia che Bedjaoui vi era implicato. Uno degli impiegati dello studio panamense riferisce infatti che Bedjaoui era "sospettato di essere uno dei principali protagonisti".

Quando le autorità delle Isole Vergini britanniche chiedono chiarimenti su offshore legate a quella vicenda, Mossack Fonseca ammette di non essere in grado di dare dettagli sugli impiegati-amministratori di alcune delle compagnie. Rosemarie Flax, consigliere delegato di Mossack Fonseca nelle Isole Vergini britanniche, riconosce, in una e-mail, che non aver avuto "quest'informazione essenziale è totalmente imbarazzante" ed espone lo studio legale al rischio di una multa.

Mossack Fonseca, pur avendo presentato una relazione su Bedjaoui e il suo network agli inquirenti delle Isole vergini britanniche nel 2013, ha continuato però a trattare le pratiche per un'altra delle sue compagnie, la Rayan Asset Management, almeno fino a novembre 2015.

Secondo alcune indiscrezioni, le autorità americane stanno studiando un dossier relativo a tre case di New York comperate da Bedjaoui per un valore di più di 50 milioni di dollari, compreso un condominio della Quinta strada con vista su Central Park, passato di mano per 28,5 milioni di dollari. Il dipartimento di Giustizia americano ha fornito ai magistrati italiani documenti dai quali risulta che è stata una società del Delaware a trasferire 26 milioni di dollari dalla Bank of New York a JP Morgan Chase per completare la vendita del condominio.

"L'investimento dei proventi di corruzione in campo immobiliare negli Stati Uniti è un tipico modus operandi attribuibile a Bedjaoui", scrivono i pm di Milano Fabio De Pasquale e Isidoro Palma in una lettera inviata nel marzo 2015 al procuratore generale statunitense. In una rogatoria i magistrati chiedono assistenza agli Stati Uniti per scovare l'origine di fondi investiti nell'acquisto di proprietà anche a Rockville e Potomac, nel Maryland. Sospettano infatti che il negoziato sia avvenuto con denaro "macchiato" di tangenti.

In febbraio un tribunale algerino ha condannato, con pene detentive e multe, 19 persone e società nella prima fase dei procedimenti sullo scandalo Saipem-Sonatrach. In Italia un giudice di Milano ha emesso una sentenza nei confronti dell'ex dirigente della Saipem, Tullio Orsi, che ha accettato di patteggiare una pena di due anni e 10 mesi e uscire così dal processo.

Orsi ha raccontato ai pm di aver avuto almeno tre incontri all'hotel Bulgari di Milano, una volta con Bedjaoui. Specificando che in un'altra occasione, mentre si rilassava su una barca ormeggiata sulla costa spagnola, Bedjaoui gli aveva offerto 10 milioni di dollari. Lo stesso Bedjaoui gli aveva anche detto «che c'erano altri come me che lui aveva aiutato finanziariamente e che aveva piacere di farlo».

Ha collaborato Lyas Hallas

A cura di Paolo Biondani e Leo Sisti