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Mondo
marzo, 2020

Chi ha paura del "socialista" Bernie Sanders

Bernie Sanders
Bernie Sanders

Alle urne delle primarie dem è emersa una classe media bianca, istruita, liberal desiderosa solo di piccoli ritocchi al sistema, non di rivoluzioni. Per questo la corsa alla nomination ha visto il ritorno di Joe Biden

Bernie Sanders
Ancora sabato scorso, nessuno in America se lo sarebbe aspettato. Il giorno delle primarie in South Carolina, nessuno aveva previsto l’effetto a cascata di quel voto nella corsa alla nomination per il Partito democratico. Con il sostegno plebiscitario degli afro-americani, una vittoria di Joe Biden ci poteva ben stare. Ma nessuno aveva messo in conto le novità dei due giorni successivi. In rapida successione, il ritiro dalla corsa dei due più diretti competitori di Biden nel campo moderato, Pete Buttigieg e Amy Klobuchar. E la decisione di entrambi di sostenere ufficialmente proprio l’avversario della vigilia.

Il repentino endorsement di Biden da parte sia di Buttigieg, sia di Klobuchar, è un gesto quasi senza precedenti nella storia delle primarie democratiche. E va messo in relazione con qualcosa che va ben oltre i calcoli o il fair play dell’uno o dell’altra. Come gli analisti non hanno mancato di notare (grazie all’abbondante senno del giorno dopo), l’endorsement dell’ex vice di Obama da parte di Buttigieg e di Klobuchar riesce perfettamente logico, e si spiega in un unico modo: con il desiderio dell’establishment democratico di contenere l’avanzata verso la nomination dello spauracchio “socialista”, Bernie Sanders.

Già, chi ha paura di Bernie Sanders? Il paradosso della politica americana nell’anno 2020 è quello per cui ne hanno paura non i repubblicani, ma i democratici. Non Trump e i suoi seguaci, i quali, al contrario, si augurano di ritrovarselo come avversario, quest’autunno, nella campagna per la Casa Bianca. Hanno paura di Sanders quasi tutti i dirigenti del partito, e una larga parte dell’elettorato democratico. In particolare hanno paura di Sanders gli elettori di un’America profondamente suburbana, e relativamente colta, che di tutto sente il bisogno fuorché della “rivoluzione” quotidianamente invocata dal senatore del Vermont.

Hanno paura di lui tanti democratici dai capelli grigi che detestano Trump, ma che riconoscono in Sanders un politico mille volte più degno, eppure altrettanto integralista e divisivo. Soprattutto, secondo gli analisti, ha paura di Sanders uno zoccolo duro di elettrici democratiche bianche e “college-educated”: un esercito disperso, ma nutrito, di laureate di provincia tifose (al massimo) di qualche piccola riforma, fiscale o doganale, ambientale o carceraria. Desiderose di ritocchini liberal, non di trapianti giacobini sul sistema sanitario, le corporations petrolifere, le politiche migratorie: i trapianti sognati dagli elettori democratici più giovani, e dai Latinos del Sud-Ovest.

Il Super Tuesday del 3 marzo, con i risultati delle primarie in quattordici Stati dalla California al Massachusetts, ha virtualmente ridotto la corsa alla nomination a due soli candidati, Biden e Sanders. Tanto più dopo che alla lista dei ritirati nel campo moderato si è aggiunto Mike Bloomberg, il miliardario di New York cui i soldi non sono bastati per comprarsi liberi voti oltreché inserzioni commerciali. Adesso, resta da vedere se riuscirà a “Bernie” il capolavoro politico riuscito a “The Donald” nelle primarie repubblicane di quattro anni fa: conquistare la nomination a dispetto del suo proprio partito, e costruire su tale sorprendente conquista le fondamenta di una altrettanto inaspettata vittoria finale. Ma sin da ora - fra gli elettori, e ancor più fra le elettrici democratiche dei suburbia di Minneapolis o di Denver, di Houston o di Dallas - chi ha paura di Bernie Sanders si permette di dubitarlo.

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