Vincenzo si faceva chiamare Richard Hart. Sbarcò in Nebraska. E diventò un tutore della legge modello nella lotta al contrabbando. Ma non ruppe del tutto i ponti con i malavitosi di famiglia

Al Capone, il gangster più gangster di sempre, probabilmente, neppure sapeva dell’esistenza di Homer, una minuscola e sperduta città di meno di 500 abitanti, tutti contadini e tutti poveri, in Nebraska.

Eppure per raccontare questa storia, che si intreccia come poche altre con quella del boss più famoso e famigerato del Novecento, è da Homer che bisogna partire. Da Homer, dai suoi abitanti vestiti di stracci, e dalla sua minuscola stazione ferroviaria.

Lì, un giorno del 1919, scese dal treno un tipo strano: basso, tarchiato, scuro di carnagione e di capelli. Era vestito come un cowboy fuori tempo massimo, con un impermeabile lungo fino ai piedi, gli stivali a punta e un cappellaccio a tesa larga. Alla cintura, aveva fissate due fondine e due pistole, una a destra e una a sinistra.

Hart con un nativo americano

Nessuno sapeva chi fosse, né da dove venisse, né cosa facesse lì. Probabilmente era uno dei tanti che, a quei tempi, vagabondavano per la grande America, in cerca di soldi e fortuna. E probabilmente, un giorno, così come era arrivato, se ne sarebbe andato.

E invece no, Richard Hart, come diceva di chiamarsi quel tizio, si fermò a lungo a Homer. Prese a farsi conoscere e a farsi ben volere dalla comunità, perché era sempre sorridente e disposto a dare una mano a chi gliela chiedeva, fosse per un lavoro di fatica o per imbiancare casa.

Un giorno poi, qualche settimana dopo l’arrivo di Hart in città, ci fu un’alluvione. Decine di persone rimasero intrappolate nelle case, rischiando di essere travolte dall’acqua. Richard non ci pensò due volte: si buttò nelle acque gelide dell’Omaha Creek, e salvò, a nuoto, più persone possibile.

Quella cosa, in città e nei dintorni, lo rese una specie di eroe. Tutti all’improvviso volevano che quel vagabondo senza storia diventasse loro amico, parente, o addirittura sindaco. La sua popolarità divenne talmente grande che, il consiglio cittadino gli diede l’incarico di “maresciallo”. Il maresciallo, negli Stati Uniti dell’epoca, era una specie di sceriffo, solo che a differenza dello sceriffo, non veniva eletto ma nominato. Poco male, perché, poco dopo, lo sceriffo della contea gli diede l’incarico di vice.

Richard J. Hart

In pochi mesi, dunque, Richard Hart, il vagabondo di cui nessuno sapeva niente, era diventato un eroe e un tutore della legge, tra i più conosciuti e rispettati dell’ovest.

Peccato che il suo nome non fosse Richard Hart, ma Vincenzo Capone, e che non era nato in Messico, come diceva, ma in Italia, ad Angri, vicino Salerno, da Gabriele e Teresina Capone che, quando Vincenzo aveva due anni, presero lui e il fratello minore Raffaele, e salirono su una nave per l’America. Una volta sbarcati, si trasferirono a Brooklyn, dove Gabriele prese a sbarcare il lunario come barbiere (sapeva leggere e scrivere, e questa era una ricchezza non da poco tra gli italoamericani dei primi anni del ‘900) e la famiglia crebbe: nacquero Franco, Alfonso, Erminia, Giovanni, Alberto, Matteo e Mafalda.

Della sua famiglia, in realtà, Vincenzo non sapeva più nulla da anni. Potremmo dire che se è vero che nessuno conosceva la sua storia, in fondo non la conosceva neppure lui stesso. Aveva lasciato Brooklyn e rotto i legami con la sua famiglia da quando aveva 16 anni. Non si conoscono di preciso le ragioni del suo addio. Forse era andato via dopo una brutta lite con il padre, o forse (ed è la versione dei fatti più intrisa di leggenda e per questo quella a cui più ci piace credere) perché aveva ucciso o ferito, per vendetta, uno scugnizzo che durante una rissa di strada aveva sfregiato il suo fratello più piccolo, Alfonso, detto Al (e anche, da quella sera, e per sempre, Scarface).

Dopo aver lasciato Brooklyn e la sua famiglia, di cui per anni non seppe più niente, Vincenzo fece perdere le sue tracce: aveva cambiato nome (scegliendo Richard e abbinandolo con il cognome del suo idolo del cinema, l’attore di film muti William S. Hart) e fatto mille mestieri: il manovale, l’imbianchino, il mandriano, l’acrobata in un circo. Poi, con l’ingresso degli americani nella prima guerra mondiale si era arruolato, ed era partito per la Francia, dove si era distinto come tiratore scelto (abilità che era frutto dei suoi anni circensi). Poi, una volta tornato in America, aveva ripreso a viaggiare su e giù, fino al giorno in cui era arrivato ad Homer, sceso dal treno, aveva salvato una manciata di persone da morte certa ed era diventato maresciallo. Quel che Richard/Vincenzo non sapeva (e non poteva sapere) era che in quegli stessi anni, dall’altra parte dell’America, anche i suoi fratelli stavano facendo carriera. Solo che non la stavano facendo come tutori dell’ordine, ma come factotum della criminalità di New York prima e di Chicago poi.

Al Capone

Nel 1920, però, successe qualcosa che, seppure a distanza, avrebbe incrociato i destini dei fratelli che ormai vivevano dai lati opposti dell’America e della legge.

Quell’anno infatti era entrato in vigore il Volstead Act, la legge che vietava di produrre, vendere e bere alcolici in ogni forma e quantità e che diede il via a quel periodo assurdo che fu il proibizionismo: si riteneva che l’alcol fosse foriero di cattivi costumi, violenza e inefficienza sul lavoro. E per questo lo si proibì del tutto. La cosa, come è facile intuire, non funzionò per nulla. Anzi, peggiorò le cose, perché l’alcol continuava a circolare come prima e più di prima, con l’unica differenza che a gestirne la produzione e il commercio, ora, erano i grandi cartelli della criminalità, cosa che scatenò violenze, sparatorie e, soprattutto, un fiume di soldi per i cartelli del contrabbando.

L’imperatore indiscusso di questo nuovo ramo della criminalità divenne, in breve tempo, Al, il dimenticato fratello minore di Vincenzo. Anche per Vincenzo, però, l’arrivo del proibizionismo segnò un cambio radicale. L’arrivo di quel nuovo crimine, “il contrabbando di alcol”, stava portando anche nelle pianure dell’ovest nuove bande di delinquenti a cui dare la caccia. Così, quello stesso anno, Hart smise di essere vicesceriffo e divenne agente federale per la lotta al proibizionismo,

In questo nuovo incarico, come al solito, Richard/Vincenzo si dimostrò incredibilmente abile: vuoi perché ci sapeva fare con le persone e riusciva a convincerle, sempre, a spifferargli tutto quel che sapevano, vuoi perché aveva un grande fiuto, vuoi perché era bravo a sparare, Richard/Vincenzo divenne uno dei poliziotti più temuti dai contrabbandieri di tutta la regione. Si racconta, anzi, che nel corso di un raid sia riuscito ad arrestare da solo venti contrabbandieri, e a distruggere centinaia di litri di whisky di contrabbando. Era così bravo, come investigatore e poliziotto che il Bureau (vuoi per promuoverlo davvero, vuoi per proteggere i molti politici e poliziotti corrotti che erano parte integrante del sistema del contrabbando) lo spedì a occuparsi della prevenzione del traffico di alcol nelle riserve indiane. Quale che fosse la ragione di questa promozione o rimozione, Hart si distinse di nuovo, imparando le lingue e i dialetti dei nativi, arrestando un contrabbandiere dopo l’altro e, addirittura, scortando il Presidente Calvin Coolidge durante una visita in South Dakota.

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Niente sembrava poter offuscare la stella di Richard Hart. Niente. A meno che il suo segreto, quel segreto così segreto che neppure lui sapeva di averlo, non venisse scoperto: il più integerrimo cacciatore di contrabbandieri d’America era il fratello del più grande contrabbandiere e mafioso di tutti i tempi.

In teoria, nel mondo dell’inizio del Novecento, senza telefoni e televisioni, la cosa avrebbe potuto non venire mai fuori. E Al Capone e Vincenzo avrebbero potuto non incontrarsi mai.

Però, alla fine, in realtà si incontrarono. Anche se sulle ragioni, la faccenda non è del tutto chiara. C’è chi dice che Hart abbia ritrovato il fratello mentre era sulle tracce di una banda di rapinatori che, in qualche modo, erano collegati con il cartello di Chicago. C’è chi dice che Al Capone stesso lo abbia ricontattato, dopo averlo cercato per anni, con annunci e investigatori privati. Quel che si sa è che i due hanno stretto un accordo: Al Capone non si sarebbe impicciato degli affari del Nebraska, e Hart avrebbe fatto finta di non sapere chi era suo fratello. L’accordo resse e i due ripresero a ignorarsi. Almeno fino alla fine degli anni Trenta. In quel periodo, le cose stavano cambiando di nuovo: Al aveva finito di scontare la sua pena per evasione fiscale (l’unico reato per il quale si sono mai trovate le prove per incastrarlo) ad Alcatraz. Ne era uscito malatissimo e quasi completamente demente. Anche la stella di Richard si era offuscata, perché per una serie di contrasti con i suoi superiori, aveva perso il lavoro e ricominciato a sbarcare il lunario con lavoretti di fortuna, che però non bastavano per mantenere i suoi quattro figli. Così, la leggenda, che a questo punto si fa solo una storia molto umana e pure un po’ triste, vuole che Richard/Vincenzo sia andato a far visita ai fratelli Al e Ralph. E che da quel momento in poi, la sua famiglia in Nebraska abbia smesso per sempre di avere problemi di soldi.