Il dissidente che ha guidato la campagna elettorale del principale oppositore del presidente russo pronostica la fine del regime. «Lo zar si è giocato tutto. Non potrà restare a lungo»

La guerra in Ucraina potrebbe segnare il conto alla rovescia di Vladimir Putin al potere, la sua caduta e l’apertura della strada per un futuro democratico in Russia. È questa la speranza, e in fondo la convinzione, di Leonid Volkov, il dissidente politico che guida lo staff di Alexei Navalny, leader dell’opposizione russa e principale avversario di Putin, che è stato responsabile della campagna elettorale di Navalny nel 2018.

 

«Con la guerra, Putin ha commesso un crimine e un grave errore, credo che siano drasticamente diminuite le sue possibilità di rimanere al potere fino alle fine dei suoi giorni», dice Leonid Volkov che L’Espresso incontra a Ginevra, dove è intervenuto al 14esimo Geneva summit for human rights and democracy.

Volkov che è in esilio a Vilnius, in Lituania, è convinto che la maggioranza dei russi non sostenga la guerra all’Ucraina: «La realtà è che Putin ha reso impossibile esprimere il dissenso, chi usa la parola “guerra” rischia quindici anni di prigione, si può chiamare solo “operazione militare speciale”. Nonostante questa repressione totale, migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la guerra. In oltre 16mila sono stati arrestati, è il maggior numero di detenzioni mai avute in Russia. Ci sono migliaia di persone che non sostengono la guerra ma che non hanno il coraggio di scendere per strada e non sono da biasimare perché verrebbero arrestate, perderebbero il lavoro, gli studenti sarebbero espulsi dalle università. Negli ultimi sondaggi telefonici, il tasso di risposta è sceso al di sotto del 4 per cento, le persone sono sotto shock, hanno paura, non vogliono parlare. Ci sono, naturalmente, ancora quelli che seguono pedissequamente la narrativa militare bugiarda che Putin e la sua macchina propagandistica portano avanti. Sono criminali che devono essere tutti perseguiti per crimini di guerra». Uomini che Volkov paragona a Alfred Rosenberg Illustrator, uno dei più potenti gerarchi nazisti al fianco di Hitler condannato a morte a Norimberga o agli animatori della Radio televisione libera delle mille colline (Rtml) che iniziò le trasmissioni nel 1993 incitando all’odio e allo sterminio dei Tutsi in Ruanda. In Ucraina alle oltre 1.500 vittime, vanno aggiunti i quasi 4 milioni di rifugiati, il 90 per cento costituito da donne e bambini, e 7,1 milioni di sfollati interni. 

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In Russia è proibito parlare, dissentire con il Roskomnadzor, il servizio federale che sovrintende alle comunicazioni, che ha ridotto al silenzio i media indipendenti, il quotidiano russo Novaya Gazeta si è autosospeso dopo 29 anni di attività e sei giornalisti uccisi, tra cui Anna Politkovskaja e Natalia Estemirova: «Novaya Gazeta si è messo a tacere da solo», osserva critico Leonid Volkov: «Hanno deciso di andare offline per non so quali motivi, non penso sia stata una mossa intelligente. Ma Novaya Gazeta non è grande. La cosa grave è che sono stati bloccati i grandi media indipendenti come la radio Echo Moskvy, la stazione televisiva online TV-Rain e Meduza».

 

Meduza, giornale online di notizie e inchieste con sede a Riga, in Lettonia, è ancora visibile tramite l’utilizzo di reti private virtuali, le Vpn: «La necessità di verità ha spinto l’opinione pubblica a installare strumenti per aggirare la censura, moduli per la crittografia delle informazioni come il Tpm (Trusted platform module). Le persone vogliono avere accesso a informazioni politiche indipendenti, sentire le opinioni del dissenso. Questo è un ottimo segno». Ed è proprio su questo terreno che è impegnato il Fondo anticorruzione (Fbk), la Ong creata dieci anni fa da Alexei Navalny che ha denunciato gli affari sporchi di Putin e le violazioni dei diritti umani del Cremlino, e che il Cremlino ha dichiarato «estremista» mettendola fuorilegge nel giugno 2021, dopo che nel gennaio dello stesso anno aveva fatto arrestare e condannare Navalny a tre anni e mezzo di carcere di massima sicurezza.

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«La chiave per la sopravvivenza della nostra organizzazione è sempre stata la flessibilità, l’adattamento alle circostanze», racconta Leonid Volkov. «L’abbiamo fatto anche questa volta producendo un flusso di informazioni multimediali con anche cinque ore di dirette al giorno. Io non sono un giornalista, ma sto facendo interviste e conducendo trasmissioni. E tutti nel nostro ufficio lo stanno facendo. Non siamo un media di professionisti e, naturalmente, qualcuno potrebbe obiettare che tutto è fatto in modo amatoriale. Ma la cosa importante è che lottiamo contro la propaganda e raggiungiamo da 35 a 40 milioni di persone ogni settimana in Russia».

 

È inevitabile interrogarsi sulle responsabilità dell’Occidente, che non ha agito in passato mentre Putin combatteva le sue guerre - in Cecenia nel 1999, in Georgia nel 2008 e poi in Crimea nel 2014 - mentre i suoi oppositori e nemici venivano uccisi, come l’ex agente segreto Alexander Litvinenko, morto per avvelenamento il 23 novembre del 2006, come Alexei Navalnny finito in coma nell’agosto del 2020, avvelenato anche lui, stessa sorte prima di lui era toccata anche ad altri, come l’oppositore Wladimir Kara-Murza.

 

«Il criminale è Putin ma l’Occidente ha fatto molti errori. La sua inerzia ha assicurato a Putin l’impunità e questo ha contribuito molto alla decisione di iniziare una guerra civile», continua Volkov. «Le sanzioni forti che abbiamo chiesto avrebbero dovuto essere preventive, arrivare prima dell’annessione della Crimea». Inerzie che si pagano: «Putin sta dicendo molto apertamente che questa è una guerra non solo contro l’Ucraina, ma contro l’Occidente. Qualunque sarà il prezzo da pagare – in termini di aumento dei prezzi di alcune materie prime, servizi o luce e gas – non sarà mai paragonabile a quello che sta pagando l’Ucraina. L’Occidente dovrebbe ora concentrarsi sull’élite russa perché moltissime persone, anche nella cerchia ristretta di Putin, non sostengono questa guerra e le sue atrocità, sarebbero pronte ad abbandonarlo se avessero garanzie di protezione e queste potrebbero essere date solo dai governi occidentali».

 

Circa la minaccia atomica, recepita con preoccupazione dall’Europa, Leonid Volkov avverte il pericolo intrinseco di fare un argomento politico in Occidente: «Crea le condizioni per politiche di appeasement, per accordi al prezzo di gravi concessioni. Dire: “Temiamo che userebbe armi nucleari, quindi dobbiamo concedere l’Ucraina”, è una dinamica senza fine. Putin non è razionale, se userà o no armi nucleari non dipenderà dalle nostre azioni. Mostrarsi pronti a concessioni non è il modo in cui Putin dovrebbe essere trattato. L’approccio deve essere basato su dei principi».

 

Quando il regime cadrà effettivamente a pezzi, potrebbero esserci in Russia massicci disordini, un conflitto interno, perché la società è molto divisa. Tuttavia Volkov è ottimista sul futuro del suo Paese: «Avrà la possibilità di sbarazzarsi di Putin e del suo patrimonio, purificarsi, ricostruire l’economia, creando le condizioni per tutti i giovani talenti di ritornare. Spero che questa guerra ci offra la possibilità di ricostruire un Paese europeo democratico». 

 

Alexei Navalny, condannato nel marzo scorso a un’altra pena di 9 anni per frode e insulti a un giudice, è pronto a correre per la presidenza: «Sta bene, anche se si trova in una situazione di vulnerabilità e di rischio sempre maggiore. È il prigioniero politico personale di Putin e rimarrà in prigione fino a quando lui sarà al potere».