I giustizieri che danzavano sul cadavere di Gheddafi erano complici dei suoi delitti. Ma il dio della vendetta acceca tutti. E la giustizia dei vincitori è inevitabile. Così trionfa la ferocia

Che orrore l'eccidio del tiranno. una prova che quelli che lo uccidono sono più feroci di lui, privi di ogni pietà come lui. Nella fotografia dell'esecuzione c'è il corpo sanguinolento di Gheddafi e di chi gli ha appena sparato: un giovanotto che mostra felice il suo trofeo, la pistola d'oro del rais, e a fianco un ragazzo di forse dieci anni, privo di pietà e di ogni umana espressione, grassoccio di buon appetito che pensa alla prossima colazione. Altre fotografie hanno mostrato le ultime ore di vita del dittatore, l'umiliazione del feroce e superbo in fuga, distrutto dalla paura, terrorizzato, nascosto dentro un tubo di scolo dell'autostrada per ripararsi dalle raffiche dei caccia a reazione francesi, giustizieri per sete di petrolio.

Quali sono state le ultime parole del rais? "Non sparate, non uccidetemi". Il giovanotto gli aveva sparato alle gambe mentre tentava di rialzarsi e aveva già visto la sua pistola d'oro di cui si sarebbe impadronito. Che orrore la fine del Gheddafi, simile a quella degli altri potenti feroci, quando il dio della vendetta acceca tutti, toglie il senno a tutti. Che senso aveva quella fuga in extremis nel deserto libico di sabbia luminosa e tersa che si sarebbe visto anche un coniglio in fuga? Perché non fuggire di notte a lume di luna?

I cronisti dicono: "Ci sono alcuni particolari da chiarire, alcuni punti oscuri da spiegare". Sì, c'è da spiegare la follia degli uomini, incontenibili nell'ora delle defenestrazioni e delle giustizie sommarie. L'uccisione del tiranno è la prova che i suoi giustizieri sono come lui, non sono ancora arrivati alla celebrazione di un processo, vogliono il sangue. I giornali hanno pubblicato le fotografie di tutti i dittatori uccisi a furor di popolo, sul patibolo fra i loro giustizieri. Pagano per i loro delitti, ma come non pensare che di quei delitti furono complici quelli che ora danzano sui loro cadaveri con la loro pistola d'oro? Come distinguere nelle facce stravolte dei giustizieri le stesse passioni di coloro che ora si apprestano a giustiziare?

La cosa più turpe in queste scene di umana ferocia è la mancanza di pietà o meglio di solidarietà umana. In punto di morte il feroce tiranno Gheddafi, il volto coperto di sangue, gli occhi imploranti, le richieste di pietà estreme, è uno che fa la sua estrema chiamata di correo, uno che dice ai giustizieri: "Ma in che cosa voi siete diversi da me?". Certo, la logica dei vincitori risulta quasi sempre vincente. Certo, senza la giustizia dei vincitori questo sarebbe un mondo invivibile. Certo, i tiranni più o meno pazzi come Gheddafi commettono violenze che gridano vendetta, per cui una vendetta era inevitabile.
Ma come liberarsi da questa catena senza fine di oppressori da arrestare, di malvagi da isolare, di scimmie assassine da fermare? Le fotografie dell'eccidio, quegli ultimi sguardi di Gheddafi che ormai guarda la morte sono il grande mistero che il cristianesimo ha creduto di risolvere con la passione, la crocifissione e la resurrezione di Cristo, ma questa tragedia resta incombente, gli agnelli sacrificali non la risolvono. Per tutte le generazioni arriva il giorno in cui si strappa il velo del tempio, in cui ci ritroviamo indifesi di fronte alla ferocia e all'irragionevole.

Il giorno della morte di Gheddafi sembrava uno dei giorni dell'ira, le cateratte del cielo si erano aperte per rovesciare sopra di noi le acque della punizione divina. Le città degli uomini sono fragilissime, le loro fogne, i loro tombini, le loro dighe si spezzano alla prima onda di piena, non ci vuole molto a piegare la nostra superbia. L'impressione peggiore della vicenda è che la democrazia libica sia inesistente e che forse non si avvererà mai. Le immagini dell'uccisione di Gheddafi dimostrano un livello di civiltà molto arretrato, un deficit che occorreranno secoli per colmare. Ma d'altra parte anche noi con Mussolini non abbiamo saputo rinunciare a questa soluzione della morte come unico modo per superare il problema.