Riformare l'economia senza toccare la politica. Il presidente Xi si ispira a uno degli ultimi capi sovietici: Andropov
In Cina può non essere diffuso il concetto americano dei primi cento giorni di mandato del neopresidente, periodo nel quale si suppone che il nuovo occupante della Casa Bianca debba portare a termine il più possibile. Di sicuro, però, in Cina è diffuso questo detto: un nuovo dirigente deve appiccare tre incendi. Se osserviamo la sua performance di massima autorità cinese, dal momento della nomina ufficiale a metà novembre dell'anno scorso a oggi, constatiamo che indubbiamente Xi Jinping ha appiccato tre grandi incendi politici. Il primo è quello di una campagna anticorruzione di alto profilo che ha portato alla destituzione di parecchi viceministri e funzionari di medio livello. Il secondo è un risoluto impegno a far ripartire la riforma economica. Il terzo è una complessa campagna mirante a presentarsi come un uomo del popolo.
NATURALMENTE le campagne politiche, proprio come gli incendi, possono implicare cambiamenti sia costruttivi sia distruttivi. Negli anni a venire i suoi sforzi volti a far ripartire le riforme economiche in Cina - finora più a parole che nei fatti di un'azione politica concreta - saranno oggetto di una seria verifica politica per Xi. Se quasi certamente è prematuro valutare le probabilità di un suo successo personale, è tuttavia istruttivo mettere a confronto il dilemma di Xi in qualità di riformista politico con l'esperienza di tre leader dell'ex Unione Sovietica: Leonid Brežnev, Jurij Andropov e Mikhail Gorbaciov. Oggi questi tre personaggi politici forse non sono più tanto noti alla maggior parte degli occidentali, ma i massimi dirigenti cinesi conoscono molto bene le loro storie. E per Xi ognuno di quei tre leader rappresenta un futuro altrettanto diverso.
Brežnev, il cui mandato durato 16 anni fu all'origine della stagnazione e del declino dell'Unione Sovietica, di sicuro non può diventare un modello politico a cui Xi possa ispirarsi. In realtà, molti osservatori ormai equiparano l'ultimo decennio cinese alla loro "epoca brežneviana", perché i predecessori di Xi parlavano tanto ma realizzarono ben poco nel riformare il sistema economico del paese, preferendo invece perseguire una strategia politica conservatrice meglio nota per la sua azione repressiva. Anche se di persona Xi non ha attaccato direttamente i suoi predecessori, nei suoi discorsi ufficiali degli ultimi tempi non ha nascosto qualche critica implicita alle loro politiche conservatrici. Per Xi una piattaforma politica strutturata in opposizione alla stagnazione di tipo brežneviano sarebbe ovviamente vincente.
La vera difficoltà di Xi, tuttavia, è comprendere come tirar fuori la Cina da un decennio di stagnazione. E qui l'esempio di Gorbaciov è illuminante: in qualità di ultimo leader dell'ex Unione Sovietica, Gorbaciov diede il via a quelle riforme democratiche che alla fine portarono al crollo dell'Unione Sovietica. A causa dei suoi peccati politici, Gorbaciov è tuttora il leader sovietico più deprecato dalle élite cinesi al governo. Ovviamente, quindi, neanche lui può essere un buon modello di ispirazione per Xi. Il nuovo leader cinese non riformerà il partito comunista cinese (Pcc) al governo facendolo cadere nell'oblio politico.
TUTTO CIÒ PORTA di conseguenza Andropov a essere l'unico modello al quale Xi potrebbe ispirarsi. Certo, Andropov - ex capo del Kgb - rimase in carica soltanto 15 mesi, eppure durante il suo breve mandato riuscì a lanciare una campagna anticorruzione ed elevò di rango, promuovendoli, i funzionari riformisti (Gorbaciov era per l'appunto uno di questi). A rendere teoricamente interessante Andropov per Xi è il fatto che egli non cercò di introdurre le riforme democratiche, come fece più avanti Gorbaciov: la sua strategia fu quella di rafforzare il sistema tardo-comunista con una riforma economica, non di sostituirlo con la democrazia.
Stando a quanto va affermando Xi, al momento la sua agenda politica assomiglia da vicino a quella di Andropov: riforma economica senza cambiamento politico. Naturalmente questa strategia non è una novità per la Cina. Deng Xiaoping credette fermamente in questo stesso approccio, ma la sua strategia dette esiti controversi. Negli anni Ottanta i liberali chiedevano di continuo la democrazia e sfidarono Deng: il loro scontro culminò nella tragedia di piazza Tienanmen nel 1989. In seguito, nell'era post-Tienanmen, questa strategia neo-autoritaria ebbe miglior fortuna. Negli ultimi vent'anni il Pcc ha sovrinteso a un miracolo economico e ha mantenuto il potere. Purtroppo, ora che la crescita ha rallentato, la corruzione dilaga e le tensioni sociali ribollono, il neo-autoritarismo ha perso fascino.
OGGI,SE XI INTENDE davvero rimettere in moto la riforma economica dovrà guardarsi dai suoi principali nemici, che non sono i liberali che chiedono democrazia, senso di responsabilità e giustizia sociale, bensì le élite conservatrici all'interno del Partito comunista cinese che hanno avuto enormi privilegi dall'unica forma al mondo di capitalismo clientelare dominato dallo Stato. Oggi una riforma economica non ha probabilità di successo senza una concomitante restrizione del potere e dei privilegi delle élite politiche. Riuscire in tale arduo compito sarà impossibile senza mobilitare le forze esterne al regime. In altre parole dando al popolo cinese potere democratico. In definitiva, quindi, Xi scoprirà che neppure il modello di Andropov potrà dare frutti in Cina, perché gli interessi acquisiti all'interno del regime ostacoleranno qualsiasi riforma in grado di nuocere a tali interessi. Forse a Xi non restano alternative: dovrà seguire l'esempio di Gorbaciov, e pregare di avere maggior fortuna.