Il leader Xi Jinping sceglie Putin e l'Africa per i suoi primi viaggi all'estero. E manda così un messaggio chiaro all'Occidente

Da quando la Cina è emersa dall'autoisolamento, nel 1979, i suoi leader hanno seguito una politica estera focalizzata sulla costruzione di buoni rapporti con l'Occidente e il mantenimento di un basso profilo sulla scena mondiale. A giudicare dai risultati raggiunti è facile rendersi conto che la strategia è stata valida. Negli ultimi 35 anni i rapporti amichevoli con l'Occidente e con gli Stati Uniti in particolare, hanno portato alla Cina centinaia di miliardi di dollari in investimenti esteri, tecnologie preziose e l'inestimabile accesso ai vasti mercati dell'Occidente (che assorbono circa il 60 per cento delle esportazioni cinesi). Senza l'Occidente la Cina non avrebbe registrato una crescita a due cifre per trent'anni.

Ma i rapporti tra Cina e Occidente ultimamente si sono guastati. Sotto il profilo ideologico il partito comunista cinese al governo considera l'Occidente la prima minaccia politica e non fa che alimentare il nazionalismo anti-occidentale quale nuova fonte di legittimità. I paesi occidentali, da parte loro, guardano con sempre maggior frustrazione al mancato miglioramento della situazione dei diritti umani in Cina. Sotto il profilo geopolitico la Cina ha iniziato a mostrare i muscoli. La spesa militare cinese da trent'anni cresce in misura esponenziale, creando un potenziale bellico che un giorno potrebbe sfidare quello statunitense. Sul fronte commerciale, la prassi di manipolare il tasso di cambio e sovvenzionare le proprie imprese ha alienato alla Cina i partner occidentali.

Così quando Xi Jinping , il nuovo capo del partito comunista, è salito al potere nel novembre scorso, molti si aspettavano da lui importanti iniziative in politica estera per rafforzare i fragili legami con l'Occidente. Ma il primo viaggio ufficiale di Xi dimostra che il nuovo presidente cinese preferisce una strategia diversa. Invece di una capitale occidentale, Xi ha scelto Mosca come prima tappa. Nella città russa ha firmato una serie di importanti contratti che permetteranno alla Cina di acquistare dalla Russia gas naturale, cacciabombardieri Su-35 e silenziosissimi sottomarini diesel Lada. Poi Xi è partito per l'Africa, facendo tappa in Tanzania per siglare accordi per ulteriori investimenti, prima di partecipare al vertice dei paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) a Pretoria, in Sud Africa.

Questo itinerario è sotto molti aspetti rivelatore. L'abbraccio apparentemente cordiale tra Xi e il presidente russo Vladimir Putin, non sarà forse segno della nascita di un'alleanza strategica mirata a contrastare l'Occidente, ma indica che il nuovo leader cinese è desideroso di garantirsi il massimo sostegno da parte di Mosca. Anche se tra cinesi e russi non sussiste un vincolo strategico durevole, Xi e Putin hanno bisogno l'uno dell'altro per contrapporsi all'Occidente. Negli ultimi anni la cooperazione diplomatica tra la Cina e la Russia su questioni chiave (come la Siria e l'Iran) si è intensificata, talvolta provocando frustrazione in Occidente. Scegliendo Mosca come prima tappa del suo viaggio, Xi intende forse mostrare all'Occidente che la partnership sino-russa è da prendersi sul serio.

Se dietro alla visita di Xi in Russia si ravvisa una logica geopolitica, la sua incursione in Africa sembra essere mossa da considerazioni di carattere puramente commerciale. Ovviamente garantirsi l'accesso a risorse naturali chiave sul continente è stata per Pechino una priorità strategica. Gli accordi di investimento conclusi da Xi in Tanzania hanno ulteriormente consolidato la posizione di vantaggio della Cina. Ma esiste un altro messaggio significativo. Partecipando al vertice Brics a Pretoria, Xi sottolinea l'importanza dei paesi in via di sviluppo per il futuro della Cina. Mentre l'Occidente continua a lottare in campo economico, sembra che i leader cinesi scommettano di più sui paesi in via di sviluppo, come futuri mercati. A dire il vero le esportazioni cinesi verso questi paesi stanno crescendo molto più velocemente di quelle verso l'Occidente.

La logica strategica della nuova politica estera di Xi non è difficile da indovinare. A quanto sembra il leader cinese pensa che, nel trattare con l'Occidente, la Cina debba prediligere un approccio indiretto. Invece di fare concessioni all'Occidente nella speranza di migliorare i rapporti, Xi preferisce rafforzarsi procurandosi un maggior numero di alleati alla periferia dell'Occidente. Se la Cina dimostra di non dover necessariamente dipendere dall'Occidente, come in passato, può strappare accordi più favorevoli.

Ma la validità della nuova strategia diplomatica cinese resta, nel migliore dei casi, incerta. La Russia si è dimostrata un partner notoriamente inaffidabile per la Cina negli ultimi vent'anni e Xi potrebbe ben presto rimpiangere di aver scommesso su Putin. Quanto ai paesi in via di sviluppo, hanno i loro problemi con la Cina, che vanno da forti deficit commerciali al timore della predominanza economica cinese.

È quindi molto probabile che Xi scopra ben presto che la strategia che ora gli appare promettente non è altro che una deviazione improduttiva.