Angelino Alfano ai microfoni di Fanpage.it dice: «Non possiamo spostare la Sicilia, i barconi non possono arrivare a Portofino, questa situazione ce la consegna la storia e la geografia. E io lavorerò affinché l’Italia non diventi l’hotspot dell’Europa. I migranti, infatti, una volta approdati, vanno distribuiti in tutte le regioni italiane che provvederanno poi alla distribuzione comunale».
Bene, aggiungerei che forse sarebbe il caso di abituarci a definire i migranti rifugiati, perché è quello che sono nella stragrande maggioranza dei casi.
Eppure, il 24 agosto scorso, questo meccanismo di equa distribuzione dei rifugiati non ha funzionato e 48 sudanesi (nel totale silenzio e nella quasi totale distrazione dei media) sono stati rimpatriati in Sudan, un Paese da cui si fugge per sopravvivere, non semplicemente come capita alla maggioranza degli italiani, per lavorare (dato il tasso di disoccupazione) o per realizzarsi. No, abituiamoci a pensare che esistono Paesi da cui si fugge per sopravvivere, per sottrarsi a persecuzioni politiche o, più spesso, religiose. E mettiamo subito in chiaro una cosa: non sono ammesse come risposte «aiutiamoli a casa loro» e «Saviano, portali a casa tua». Sforziamoci di pensare altre ipotesi, ché queste al momento non funzionano.
Sul sito de “l’Espresso” è stato pubblicato un interessantissimo articolo di Vincenzo Giardina dal titolo esplicativo: “Sud Sudan, se la missione di pace vale zero”. Giardina fa la cronaca terribile di ciò che nella capitale del Sud Sudan è accaduto lo scorso 11 luglio: «Stragi di profughi e stupri di cooperanti, con i caschi blu che restano a guardare» e lo definisce «un episodio tra tanti».
A qualcuno verrà di certo in mente di marcare la differenza tra la Repubblica del Sudan del Sud, di cui parla l’articolo di Giardina, e la Repubblica del Sudan. Si tratta di due Stati diversi, ma la seconda, di fatto, è una dittatura militare, quindi per chi si trova costretto a lasciare il Paese, le cose non vanno sicuramente meglio. Possiamo quindi dire, senza commettere errore, che i cittadini sudanesi che riescono a lasciare il loro Paese sono rifugiati politici.
Qualcuno ancora dirà: «Attenzione, non tutti lo sono». Qui la ragione si ferma se la frase continua con «e arrivano in Italia per commettere reati». Altra variante è l’evergreen: «Con la disoccupazione che c’è…» come se la disoccupazione non fosse conseguenza della crisi economica, ma dei flussi migratori. Mi fermo però alla prima obiezione, quella che ancora conserva del senso (non buon senso, però) «attenzione, non tutti lo sono (rifugiati)». Fosse così, allora bisognerebbe certamente analizzare i singoli casi, ma a quanto risulta, i 48 cittadini sudanesi (addirittura pare ce ne fossero tre del Darfur e io ricordo sempre quell’impietoso servizio che “Le Iene” fecero nel lontano 2006. I nostri parlamentari - non tutti - alla domanda cos’è il Darfur diedero le risposte più fantasiose) rimpatriati il 24 agosto come conseguenza del memorandum d’intesa siglato tra le polizie italiana e sudanese a inizi agosto, sono stati rimpatriati in maniera sommaria, senza che i loro casi fossero analizzati. Lo denunciano Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, sul “Fatto Quotidiano”, la Caritas e Nigrizia. Poi il vuoto. (Qui la replica della polizia delle frontiere)
Quindi la ricostruzione di quanto è accaduto il 24 agosto fatta da Pietro Barabino è una storia con qualche “forse”, perché nessuno in questo Governo si è preso la briga di spiegare agli italiani come vengono spesi i loro soldi, perché sì, i soldi dei rimpatri anche quelli sono degli italiani. Ecco cosa sappiamo: 48 migranti sarebbero stati prelevati da Ventimiglia per essere trasferiti a Khartoum. Inizialmente il volo sarebbe dovuto partire da Malpensa e invece poi, essendo a Milano pronta una manifestazione di protesta, i rifugiati sarebbero stati portati a Torino-Caselle. Avrebbero trascorso una notte in cella e sarebbero stati legati sull’aereo. E, se non fosse già troppo quanto avete letto sino a qui, il volo charter da Torino a Khartoum, approntato all’ultimo momento, sarebbe stato operato da Egyptair, compagnia di proprietà del Governo egiziano, con cui, secondo me, ma potrei sbagliare, abbiamo ancora in sospeso la vicenda Regeni. Ecco, quest’ultima è mia opinione, prendetela con il beneficio dell’inventario.
Per la cronaca, Angelino Alfano questa volta non ha detto di non sapere, ma che è tutto regolare.
Aggiornamento 12 settembre 2016: La replica del direttore della Direzione centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere.