Il caso delle molestie degli alpini da una parte, i cambiamenti di opinione del ministro sulla transizione ecologica dall’altro. Esempi memorabili di un’eccellenza nazionale

Con un illuminante fondo su Il Giornale, il professor Stefano Zecchi ha difeso, di fatto, una bella tradizione italiana: le mani sul culo. Il tema sono le molestie da branco di alcuni alpini, all’adunata di Rimini, che la Destra italiana - e i loro trombettieri - hanno subito ribaltato a molestie della Sinistra verso gli alpini, secondo uno schema collaudatissimo: se sei della mia famiglia, della mia squadra, della mia cosca, ti difenderò sempre e comunque. Per gli altri, ceffoni. Mentre il sottoscritto, per dire, quando a sbagliare è uno dei “propri”, tende a incazzarsi il doppio.

 

La questione sottende e sorregge un altro archetipo tricolore, ossia il doppiopesismo. La doppia morale. La doppia esposizione, molto luminoso, libero subito, stabile signorile. Che può riguardare evenienze contingenti, posizioni politiche tout-court, talora di lungo periodo, o addirittura un parolone temibile e spesso a doppio taglio: l’etica. A formare un unicum molto made in Italy cui ci siamo abituati, un po’ come alle mise di Malgioglio in Eurovisione. E spesso ci piace.

Il ritratto
Isolato e criticato, il lungo addio di Roberto Cingolani: “Basta con la politica”
13/5/2022

Poi però ci sono i virtuosismi. Cioè il doppiopesismo sullo stesso tema, della stessa persona che riveste lo stesso ruolo, nel giro di pochi giorni. Tipo il ministro contro la transizione ecologica, Roberto Cingolani, che un paio di settimane fa riteneva imminente e inevitabile l’embargo al gas russo, e recentissimamente ha suggerito l’ipotesi di un “inverno a rischio” nel caso ciò avvenisse. Al netto dell’analisi logica (se l’inverno fosse a rischio, dovremmo gioire: magari resta l’autunno e ci scappa qualche ottobrata romana in più) il Cingolani “attendista”, quello che smentisce il Cingolani interventista, sembra sminuire in un sol colpo, molto efficace, la dottrina Draghi. Quella del «volete pace o condizionatori?». Una sintesi da tweet, sicuramente lontana millenni luce da una comunicazione che renda il popolo soggetto avveduto dei rischi di comunità, ma comunque chiara: ci sarà da stringere i denti.

 

Il punto è che il Cingolani due non parla agli italiani. Parla a Confindustria e ai due Mattei. Che, per citare il poeta, attengono a «voi gente perbene che pace cercate, la pace per far quello che voi volete». Gente che socializza il posteriore comune, privatizza gli utili, e quando pensa alla Russia già si lecca il cuneo fiscale. Salvini poi, il filorusso Salvini, la cheerleader di Putin, quello che «sparare ai ladruncoli si può, agli invasori russi vediamo», ne ha già approfittato per chiedere di riaprire il dossier nucleare. Col risultato che, per scelta ecologica, ovviamente, rischiamo di ripristinare un percorso inquinante e soprattutto pericoloso, specie per un Paese che dovrebbe far scontrare i neutroni ma fatica a far girare la scenografia dello Eurovision Song Contest.

 

Alla Leopolda del 2019, il ministro, che è uomo di scienza, si spinse appunto nei giardini dell’etica. Auspicò la formazione di cittadini più consapevoli. Parole congrue al Cingolani uno, quello che comunica i rischi e li socializza, perché un qualche modo per fermare Putin dovremo trovarlo. E le sanzioni (vere) non si annunciano: si fanno. Altrimenti avrà vinto il ruggito del Cingolani 2. E la contrapposizione allo Zar, nonché la transizione ecologica, saranno tutte chiacchiere e Gattopardo.