Se nemmeno l'ennesimo arresto di un assessore della sua giunta l'ha sradicato dalla poltrona di presidente della Regione, figuriamoci se Roberto Formigoni si scompone davanti a una condanna per diffamazione. "E' la prima volta che un tribunale prevede di mettere becco nelle polemiche tra politici, ma evidentemente quando c'è di mezzo Formigoni si cambiano anche le regole", ha detto serafico il Celeste dopo essere stato condannato dal Tribunale di Milano a una multa di 900 euro per diffamazione nei confronti dei Radicali, e ad un risarcimento di 110 mila euro a Marco Pannella, Marco Cappato e Lorenzo Lipparini, esponenti del partito che si sono costituiti parte civile.
In realtà non si trattava di una semplice "polemica tra politici": la vicenda è quella degli esposti presentati dai radicali per le firme false che alcune liste collegate a Formigoni hanno presentato per riuscire, in extremis, a partecipare alle regionali del marzo 2010. Il governatore, con una serie di dichiarazioni alla stampa, aveva accusato il partito di Pannella di "avere ordito un complotto" contro di lui e di aver manipolato le firme in modo da fare "escludere il centrodestra" dalle elezioni.
Già nei mesi scorsi, però, s'era capito che la procura di Milano non era proprio d'accordo con le ipotesi di 'manomissione esterna' avanzate dal 'celeste' e compagni: l'indagine è andata avanti e dinanzi ai carabinieri quasi un migliaio di presunti sottoscrittori delle liste "Per la Lombardia" e "Il Popolo della Libertà - Berlusconi per Formigoni" hanno disconosciuto le proprie firme, di fatto risultate indispensabili per la presentazione delle liste. Firme che, come denunciato a più riprese dai radicali, apparivano incredibilmente simili tra di loro. Molte più le firme che i firmatari, dunque.
E così, lo scorso luglio, i giudici milanesi hanno chiesto per questa vicenda il rinvio a giudizio di Guido Podestà – attuale presidente della Provincia di Milano, all'epoca dei fatti coordinatore regionale del Pdl, ritenuto il 'mandante' delle false attestazioni – e altri quattro consiglieri provinciali. Tutti accusati di falso in atto pubblico. E oggi è arrivata la condanna di Formigoni per diffamazione: dovrà scucire 30 mila euro a Marco Cappato e a Lorenzo Lipparini. A Pannella, invece, in qualità di rappresentante del movimento dei Radicali, il celeste dovrà pagare 50 mila euro.
Il pm Mauro Clerici aveva chiesto la condanna a un anno di reclusione, senza attenuanti generiche (che invece gli sono state riconosciute dal giudice della IV sezione penale, Carmen D'Elia), perché Formigoni non aveva mai fatto dietrofront rispetto alle accuse di complotto, nemmeno dopo gli sviluppi dell'inchiesta della procura milanese sulle firme false. ''Sapevamo che era un presidente abusivo, ora sappiamo che è anche un presidente bugiardo'', ha commentato Lorenzo Lipparini, poco dopo la sentenza. ''Non è certo finita qui perché ci costituiremo anche nel processo contro i verificatori di lista. Formigoni non ci ha mai raccontato come è andata con quelle firme e non ha mai nemmeno chiesto scusa a nessuno''.