Politica
20 febbraio, 2012

Ha fatto regali alle banche. Ha promesso un'equità che non si è vista. Ha colpito solo le lobby minori. E non ha toccato i conflitti d'interessi né dei suoi ministri né di Berlusconi. Analisi dei primi 100 giorni dell'esecutivo

Monti è forte, ma con i deboli

Monti aveva promesso rigore, equità e trasparenza. Al momento s'è visto solo il primo. E solo a danno dei ceti più deboli. Anche tra le lobby, hanno pagato le più sfigate, mentre le più potenti - banche, assicurazioni, petrolieri, costruttori, tycoon televisivi (uno, il solito) - l'hanno fatta franca.

L'asta per le frequenze tv, per esempio, è sempre congelata, a tutto vantaggio di Mediaset: il ministro Passera ha solo annullato il beauty contest che le assegnava gratis, ma poi s'è affrettato a ingaggiare l'ex ministro Romani che l'aveva inventato come suo rappresentante in Afghanistan (sic). Ottima la scelta montiana di dare mano libera all'Agenzia delle Entrate per i blitz antievasori. Ma nel governo siedono tre ex banchieri - Passera, Ciaccia, Fornero - che vengono da Intesa-San Paolo e un quarto - Gnudi - che arriva da Unicredit: i due maggiori istituti italiani, che hanno appena dovuto pagare al fisco rispettivamente 270 e 200 milioni di tasse evase. Possibile che i quattro ministri-banchieri che all'epoca le dirigevano non ne sapessero nulla? Non basta dimettersi da banchieri e diventare ministri per troncare il conflitto d'interessi "sentimentale" col mestiere precedente. Sarà un caso, ma il Salva-Italia ha fatto molti regali alle banche coi sacrosanti divieti sui contanti e le liberalizzazioni del Cresci-Italia alle banche non han fatto neppure il solletico.

E siamo alla trasparenza. Quella di Monti è fuori discussione (anche se dà dello "statista" a Berlusconi). Ma non quella di alcuni membri del suo governo, che infatti hanno atteso fino all'ultimo dei 90 giorni promessi per rendere pubblici i loro redditi. Passera si vanta di aver venduto le sue azioni di Intesa (9 milioni di euro): il minimo. Ma non rivela a chi e a che prezzo. E nulla dice della sua buonuscita dalla banca: se, Dio non voglia, fosse legata alle future performance di Intesa, ogni scelta del governo in materia creditizia sarebbe viziata da conflitto d'interessi. Idem per Mario Ciaccia, ex ad di Banca Infrastrutture Innovazione Sviluppo (Biis, sempre Intesa), che ieri finanziava le grandi opere e ora da viceministro delle Infrastrutture le deve deliberare e sorvegliare: notizie di sue eventuali azioni e della sua liquidazione? Elsa Fornero era nel Consiglio di sorveglianza di Intesa: ha per caso delle azioni? Basta un sì o un no.

Anche il sottosegretario alle Infrastrutture Guido Improta dovrebbe spiegare i 95 immobili di cui risulta titolare: è un rutelliano della fu Margherita e da quelle parti il tema casa è piuttosto delicato. Il ministro dell'Ambiente Corrado Clini s'è dimesso con due mesi di ritardo da presidente di Science Park a Trieste: urgono dettagli. Il sottosegretario alla Difesa è il larussiano Filippo Milone, braccio destro di Ligresti, già condannato per Tangentopoli, segnalato ancora di recente ai vertici delle società ligrestiane Quintogest e Sviluppo Centro: siccome il suo ministero deve vendere le caserme in disuso, sarebbe interessante sapere se ha reciso il cordone ombelicale col pregiudicato don Salvatore. Il ministro Patroni Griffi, quello che paga le case al prezzo di box auto, aveva arbitrati in corso, ma si era impegnato a rinunciarvi: l'ha poi fatto?

Il viceministro Michel Martone, il figlio di papà che chiama "sfigato" chi non lo è, era consulente del ministro Brunetta: lo è per caso di altre pubbliche amministrazioni? Andrea Zoppini, sottosegretario alla Giustizia, ha un arbitrato sul Tav e, secondo "Panorama", non solo quello: che aspetta Monti a spiegargli che non può? A proposito di Giustizia, la ministra Paola Severino è un potenziale conflitto d'interessi ambulante. Fino all'altroieri era l'avvocato dei maggiori gruppi imprenditoriali e finanziari del Paese e di alcuni big della finanza: come Geronzi e Caltagirone, condannati in primo grado rispettivamente per bancarotta (Cirio) e insider trading (Unipol-Bnl). La sua prima mossa è stata mandare ai domiciliari i condannati per gli ultimi 18 mesi di pena, con la scusa delle carceri sovraffollate: forse era più elegante escludere dalla svuota-carceri i reati finanziari, tantopiù che la loro incidenza sul sovraffollamento è zero.

Per un premier che sogna addirittura di "cambiare il modo di vivere degli italiani", cambiare quello dei suoi ministri sarebbe un buon inizio.

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