Se manca la maggioranza al Senato, Bersani dovrà allearsi con il Centro. E tra Casini e Monti, c'è pure l'ex segretario missino. Che, ammettono a denti stretti i vertici del centrosinistra «sarà un bel problema»

Pier Luigi Bersani non l'ha mai nascosto. Lo ha detto durante il congresso del 2009 e lo ha ribadito nelle primarie contro Matteo Renzi. Lui vuole «guardare ai moderati».   Insomma, il segretario Pd ne ha fatto uno dei punti qualificanti la sua piattaforma politica: l'alleanza con le forze europeiste e antipopuliste. «Casini organizzi i moderati, io organizzerò i progressisti» è stato il suo motto negli ultimi mesi. 

Ora, rispetto a quanto affermato da Bersani in questi mesi, sono avvenuti due cambiamenti. Il prima è che ad organizzare il campo dei moderati, più che Casini è stato Mario Monti. Il secondo è che nel campo dei moderati fa parte anche Gianfranco Fini: l'ex segretario del Msi, l'ex alleato di Berlusconi.

Il partitino di Gianfranco Fini, valutato attorno al 2 per cento, è uno dei tre che sostengono la candidatura di Mario Monti alla presidenza del Consiglio. Difficile immaginare che si possa arrivare a un accordo tra 'progressisti e moderati' senza l'ex leader di Alleanza Nazionale; altrettanto difficile è immaginare gli elettori progressisti accettare di buon grado l'alleanza con chi ha sostenuto il Cavaliere per quasi venti anni.

Ma non solo. Nell'immaginario del popolo di sinistra Fini è l'autore della pessima legge sull'immigrazione (la Bossi-Fini ndr); Fini è l'ex missino che venti anni fa festeggiava la ricorrenza della marcia su Roma. E che, prima di cambiare idea, definiva Benito Mussolini «il più grande statista del secolo». Senza dimenticare che il ruolo avuto durante il G8 di Genova del 2001 da parte del Presidente della Camera è ancora in parte da chiarire.

L'ex delfino di Almirante è insomma per il popolo democratico - che pure dai sondaggi sembra accettare un accordo con Casini e Monti - un confine da non oltrepassare, un limite invalicabile, un nome probabilmente non accettabile.  

Ad esempio Andrea Orlando, responsabile giustizia del Partito Democratico, pur con qualche distinguo ammette l'esistenza di un problema Fini. Premessa: «Mi pare prematuro qualunque tipo discorso al riguardo, anche perché il campo dei moderati in parte lo decide Monti in parte gli elettori con il voto». Ma «certo, bisogna vedere se Fini è veramente un moderato o rivendica un'ascendenza di destra». Insomma sì, «sarà un problema, perché è espressione di una cultura politica che non è moderata. E non è una questione che può essere risolta dal fatto che esiste un cartello elettorale, peraltro eterogeneo».

Più cauto il giovane Roberto Speranza, uno dei tre giovani moschettieri di Bersani alle primarie e ora candidato al Parlmento: «Noi dobbiamo aprire alle forze europeiste ed antipopuliste. Dovrà essere Fini che dovrà dimostrare di essere compatibile con questa agenda. Il suo passato è fatto di scelte che non lo portano in questa direzione, ma è anche vero che la sua è cambiata negli ultimi anni, anche se rimane una distanza culturale evidente». Roberto Giachetti, giunto alla quarta legislatura nel centrosinistra, fa invece spallucce: «Fini è un alleato di Monti, quindi se il Partito democratico ha detto che dialogherebbe con Monti... E poi la percentuale di Fli permetterà a Fini di avere un pugno di parlamentari. Ma se si ritiene utile aprire un dialogo con i moderati, lo si apre con Fini». Secondo Giachetti, Fini e Casini, inoltre, hanno avuto cammini simili rispetto alla figura di Silvio Berlusconi: « Anche Casini alcuni anni fa stava con Berlusconi, mi sembra che anche Fini nella vicenda che lo ha portato a rompere con il PdL si sia comportato come Casini, o vogliamo stare ancora qui a dire che è stato fascista....»

Per Ivan Scalfarotto, vice presidente dell'Assemblea nazionale del Pd e candidato in Puglia per i democratici, il vero nodo della questione sarà la tenuta dell'area centrista: «Dentro al polo montiano c'è di tutto e di più. Ancora una volta la cartina di tornasole saranno i diritti civili, soprattutto per chi, come il polo centrista, si definisce modernizzatore». Scalfarotto non nasconde però che esiste un problema legato a Fini: «E' evidente che è oltre le nostre 'colonne d'Ercole': io penso che noi dobbiamo vincere le elezioni e poi, sui singoli temi, cercare punti di contatto in Parlamento. Sono convinto che su alcune questioni, saranno loro, i centristi, ad avere problemi nel tenere insieme Irene Tinagli e la Binetti. Sono molto meno compatti di quanto possa sembrare».