Il mio partito non è consapevole di quello che sta facendo. La soluzione che si sta profilando è un regalo al M5S. E io voterò contro. Il rischio di espulsione? Non credo di essere l'unico a pensarla così». Parla Pippo Civati, il 'soldato Ryan' del Pd

«Il governissimo non ce lo possiamo permettere, milioni di elettori farebbero fatica a capire». Giuseppe Civati ha le idee piuttosto chiare sul tentativo di Enrico Letta di formare un governo di larghe intese. «Non è una questione personale», chiarisce il neo parlamentare del Partito Democratico - ma politica». Giuseppe Civati, consigliere regionale lombardo, giovane esponente del Partito Democratico, per giorni ha cercato di costruire un dialogo con il Movimento 5 Stelle, ed è stato tra i più critici nei confronti della gestione post elettorale del partito.

Civati, venerdì in molti sostenevano che il Pd fosse morto. Oggi in che condizioni è?
«Il Pd è in un cortocircuito. Non è consapevole di quello che sta facendo. La soluzione che si sta profilando, un governissimo, non ce la possiamo permettere. Lo slogan di Grillo è stato quello di accomunare “PD e PDmenoelle”. Ora noi non facciamo più nemmeno un governo di scopo o del Presidente. Qui si parla di un governo politico e senza scadenza. Mi auguro che un po’ di raziocinio si inizi ad intravedere. Faccio fatica a capire, e come me milioni di elettori». 

Lunedì il governo potrebbe andare alle Camere, pensa di votare la fiducia?
«In questo momento no. E’ una posizione che porterò al gruppo. Spero in una discussione più lunga dell’ultima volta. Molti di noi, anche persone diverse, come Rosi Bindi o Debora Serracchiani, hanno sollecitato una discussione su questo argomento. Non è una questione di Letta o Renzi».

Non è un fatto personale, intende.
«Non è un 'no' legato al nome di Enrico Letta, ma è una questione politica. Non dimentichiamoci che tutto ciò arriva dopo l’affossamento di Prodi. Chi voleva fare un’alleanza con Berlusconi lo doveva dire. Invece ancora non sappiamo chi ha votato contro il fondatore dell’Ulivo. Chi ha affossato Prodi ha aperto alle grandi intese. Per assunzione di responsabilità dovrebbero dircelo. Questo Pd degli ultimi giorni non deve più esistere»

Non si sente più a suo agio nel Pd? Pensa di abbandonarlo?
«Io non voglio uscire dal Pd. Voglio allontanare dal Pd chi affossa Prodi e non lo dice. Non c’è un singolo franco tiratore ma è il Pd che lo è di stesso». 

Non teme di essere espulso dal Pd, votando contro il governo?
«Dobbiamo fare le cose passo dopo passo. Vorrei capire quanti nel gruppo sul governissimo sono d’accordo con me. Se il governo è meno politico, anche nella sua composizione, più delimitato nei tempi e negli scopi, si può aprire una discussione, che sia però ampia. Faccio un esempio: se invece di Renato Schifani nell’esecutivo ci fosse un giovane amministratore locale, come il sindaco di Pavia (Alessandro Cattaneo, il leader dei cosiddetti “formattatori” del PdL, giovani amministratori locali che puntavano al rinnovamento dei vertici del partito ndr) sarebbe meglio».

Qualcuno ha scritto che potrebbe lasciare il Pd per andare a fare la cosiddetta Big Sel
«Sono interessato a quel che succede in quel campo ma non vuol dire che aderisco. Fino a qualche giorno fa si parlava di SeL che entrava nel Pd. Io con Vendola voglio continuare a discutere. Lo facciamo a livello locale in tutte le amministrazioni».

Civati, non pensa che Bersani abbia provato a dialogare e a formare un governo con i grillini, ma che loro lo abbiano di fatto reso impossibile con il loro atteggiamento?
«Dire che la colpa ce la dividiamo in parti uguali. Intanto potevamo eleggere un Presidente della Repubblica parlando con loro. E’ vero che l’atteggiamento un po’ furbino di alcuni del Movimento 5 Stelle non ha aiutato. Magari, però, se avessimo presentato un governo del presidente, che guardava a loro, invece che a Berlusconi, forse sarebbe stato diverso. Ovviamente con un premier che non fosse Bersani»

Ci spiega per quale motivo il centrosinistra ha mancato l’ennesima vittoria annunciata.
«Proprio perché era annunciata. Ci eravamo convinti che siccome fuori infuriava la tempesta, rifugiandosi nel nostro elettorato storico sarebbe bastato. Non abbiamo visto l’indignazione della gente. La politica non è fatta solo di proposte e di sentimenti. Ci siamo convinti che il nostro elettorato storico fosse sufficiente. Abbiamo poco valorizzato anche Matteo Renzi. Dobbiamo mettere in campo tutte le nostre forze più fresche. In generale direi abbiamo dato poca battaglia perché pensavamo non ce ne fosse bisogno». 

Si avvicina il congresso. Lei sei mesi fa si è candidato. Conferma la sua candidatura? «Certo, confermo la mia candidatura al congresso. Il Pd potrebbe tornare a votare subito, bisogna fare immediatamente un lavoro corale».