«Decideranno i romani» dice l'ex capo della Protezione civile dopo che i vertici di Forza Italia hanno affidato a Berlusconi il compito di risolvere la questione del candidato romano. «L'obiettivo è l'unità del centrodestra», spiegano da Fi, dove ognuno spinge per la sua soluzione. Ma il nome più avanti è ancora quello di Meloni

Deciderà Silvio Berlusconi, che può evidentemente disporre di Guido Bertolaso come meglio crede. Questa è la non decisione partorita ufficialmente dall’ufficio di presidenza di Forza Italia, riunito a palazzo Grazioli nel pomeriggio del Natale di Roma per sciogliere il nodo delle troppe candidature nel centrodestra capitolino. Più di due ore di riunione, infatti, con Bertolaso a fare anticamera, poche stanza più in la («ma ero al telefono parlando dei problemi di Roma», dice), sono servite per dare mandato a Silvio Berlusconi di incontrare nelle prossime ore i possibili alleati e capire finalmente se convergere su Giorgia Meloni, opzione più accreditata, o su Alfio Marchini, candidatura più civica ma comunque dai toni molto destrorsi. Resta poi la terza ipotesi, ovviamente, almeno nelle parole di Bertolaso: convincere Meloni e Salvini a convergere proprio sull’ex capo della Protezione civile.

Questo scenario è però improbabile, e pare un fatto abbastanza scontato che Bertolaso debba prepararsi a staccare i molti manifesti appesi in città nelle ultime settimane. Anche se l’interessato continua a parlare di «voci», di «chiacchiericci» e di «pettegolezzi» e va alla Camera a incassare il sostegno di Gianfranco Rotondi e della sua Rivoluzione cristiana. «Mi sono sempre considerato un democristiano» ha peraltro detto Bertolaso, approfittando dell’orgogliosa compagnia, ricordando i primi passi in politica al seguito di Andreotti.
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La comunicazione ufficiale, comunque, dovrebbe arrivare nelle prossime 24 ore. Con Bertolaso che mette le mani avanti: «Mi è stato chiesto di provare a unire il centrodestra e di candidarmi sindaco, lo farò finché non mi si chiederà di tornare in Africa a occuparmi dei bambini». La scelta non è indolore per Forza Italia, alle prese con le consuete beghe interne. Per la scelta di Marchini spingono i volti più noti di Forza Italia locale, forti tra i generoni romani, come Antonio Tajani. Sull’opzione Meloni ci sono invece tutti gli ex An come Maurizio Gasparri e chi, berlusconiano puro, è però più attento agli equilibri politici e vuole tenere in vita il centrodestra. Tra questi c’è ad esempio Giovanni Toti, che in coalizione governa la Liguria, e non può permettersi la sufficienza di Tajani che vuole Marchini anche per fare uno sgarbo alla Lega, che è invece saldamente con Giorgia Meloni.

In attesa del verdetto, Renato Brunetta spiega così la scelta di affidarsi al capo: «Il centrodestra unito a Roma vince, questo dicono i numeri», dice, «l'obiettivo fondamentale è dunque l'unità e Berlusconi già nel 1994 ha fatto il miracolo di unificare il centro con la destra e poi per dieci anni abbiamo governato». E proprio se il punto è l’unità dei partiti, però, ecco che l’opzione Meloni sembra ancora una volta quella più ragionevole da percorrere, perché la leader di Fratelli d’Italia, che aveva inizialmente escluso un suo impegno perché incinta, dice ormai di poter fare un passo indietro.

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