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Attualità
febbraio, 2023

Dopo 15 mesi di Roberto Gualtieri, Roma è ancora un immondezzaio

Rifiuti, servizi, strade. Assenteismo e sprechi. Clientele che gonfiano gli organici di Campidoglio e municipalizzate. Mentre le correnti del Pd si fronteggiano, restano i mali di una metropoli a tratti ingovernabile

Parola di Sabrina Alfonsi: «I cinghiali vanno a piazza Mazzini non per i cassonetti dei rifiuti, ma perché è piena di ghiande» (Ansa, 30 gennaio 2023). Le ghiande?!

 

L’assessora all’Ambiente e ai rifiuti del Comune di Roma è stata anche alla guida del municipio del centro storico della capitale. E non può non sapere che a piazza Mazzini le ghiande abbondano da quasi un secolo. Senza che prima d’ora si sia mai visto un cinghiale.

 

Ma che qui il contatto con la realtà sia uno dei problemi più rilevanti non si fatica a capirlo, leggendo il fumoso piano industriale dell’Ama, l’azienda comunale incaricata di tenere Roma pulita. In attesa che si materializzi il termovalorizzatore promesso dal sindaco Roberto Gualtieri vogliono riempire le piazze con giganteschi cassoni. Dove la gente può buttare tutto. Cento cassoni in cento piazze, sono previsti. Cioè una piccola discarica “fai da te” in ogni piazza. In alternativa, per chi preferisce la differenziata, ecco le domus ecologiche. Anziché cassoni, cassonetti. Ma chiusi in recinti: occhio non vede, cuore non duole. Perché il cuore duole, assai. E duole anche il portafoglio, visto che la tassa sui rifiuti più cara d’Italia è nella città più sporca. Non per i cassonetti che tracimano: quasi sempre, magari in ritardo, ma li svuotano. È che le strade sono luride. I marciapiedi ridotti a letamai. I giardini pubblici, indecenti. Come prima. Come sempre.

 

Gualtieri è sindaco ormai da 15 mesi. Ed è lecito chiedersi che cosa stia succedendo a Roma. La città è un immondezzaio. Il trasporto pubblico, deprimente. Per gli altri servizi, buona fortuna. Dovete fare la carta d’identità? Dal 20 gennaio primo appuntamento utile: 24 aprile. Tre mesi, e leccatevi i baffi. Lasciamo perdere il resto.

 

E pensare che secondo l’Acos, l’agenzia del Comune di Roma per il controllo della qualità dei servizi, i romani non sono mai stati così felici della propria amministrazione da 15 anni a questa parte. Tanto da premiarla con un bel 6,74. Voto che frana, però, davanti a una storiella.

 

Piazza Sant’Eustachio, Roma: primo febbraio 2023, ore 11 del mattino. Solito delirio di auto blu, scorte e furgoni in tripla fila. Ci sono, bontà loro, anche i vigili urbani. Ma solo per rimuovere i motorini, gli unici mezzi parcheggiati regolarmente negli appositi spazi a 50 metri da palazzo Madama perché il Campidoglio ha decretato lì il divieto di fermata. Ragioni di sicurezza per la visita ufficiale della presidente ungherese Katalin Novàk, in programma nei giorni 31 gennaio e primo febbraio, con tappa in Senato. La richiesta viene dalla questura. Ma si dà il caso che sia arrivata il 28 gennaio, mentre i solerti uffici comunali l’hanno evasa soltanto il 30 gennaio. E siccome le regole dicono che per rimuovere i veicoli servono almeno 48 ore di preavviso, quando la presidente ungherese va dal presidente del Senato Ignazio La Russa, il 31 gennaio, le 48 ore non sono trascorse e i motorini sono ancora lì. Nonostante ciò, il giorno dopo li rimuovono ugualmente, anche se tutto è finito da un bel pezzo. Un capolavoro.

 

Ti diranno: corri di qua, corri di là, non è facile stare dietro a tutto. Soprattutto con poco personale. Il sindaco Roberto Gualtieri vorrebbe assumere altri mille vigili. Forse per compensare quei 945 che esibiscono, come ha raccontato Repubblica, un certificato medico per il quale risultano inabili al lavoro? Chi non può stare all’esterno o lavorare di notte, chi non può guidare l’auto o la moto, chi non può soffiare nel fischietto. Insomma, quel 6,74 in pagella non sarà troppo generoso?

 

Ogni sindaco che arriva promette la svolta, e magari ci crede davvero. Poi però finisce inghiottito dalle sabbie mobili di un apparato irriformabile. L’unica sarebbe rovesciare il tavolo. Spazzare via rendite di posizione sindacale, pelandroni e dirigenti incapaci, affarismi che inquinano l’attività amministrativa e favoriscono la corruzione. Incrostazioni profonde, sedimentate fin dai tempi delle giunte democristiane che reggevano il sacco ai palazzinari come documentato già nel 1955 da Manlio Cancogni nella coraggiosa inchiesta pubblicata da L’Espresso con un titolo che ha fatto epoca: “Capitale corrotta, nazione infetta”. E poi sopravvissute, evolvendosi anche grazie alle giunte di centrosinistra.

 

Ma per riuscirci, o almeno provarci, ci vorrebbe un fisico bestiale. Anche perché non dovresti guardare in faccia nessuno, nemmeno chi ti ha fatto eleggere.

 

Ce l’avrà Roberto Gualtieri? Storico cresciuto all’Istituto Gramsci con Giuseppe Vacca. È un secchione, il che gli torna utile al Parlamento europeo. Studia, lavora e non fatica a emergere. Alla vigilia delle Europee del 2019 l’autorevole sito Politico.com lo classifica terzo parlamentare più influente. Ma a Roma è tutta un’altra storia. E fare il sindaco anziché il ministro dell’Economia è storia ancora diversa. Il Pd romano è una marmellata di correnti e clan, spesso in guerra fra loro. Che però non hanno alcuna intenzione di farsi da parte.

 

L’uomo forte si chiama Claudio Mancini. È considerato l’ombra di Goffredo Bettini, il grande manovratore del Pd romano dietro l’operazione Gualtieri. Dunque in Campidoglio è più influente di Nicola Zingaretti, nonostante controlli metà dei consiglieri zingarettiani.

 

Sulle nomine ha lui l’ultima parola. E ne abbiamo viste: l’ex deputata non rieletta Patrizia Prestipino a Garante degli animali, e il presidente uscente del consiglio regionale trombato alle politiche Marco Vincenzi al Giubileo (gratis)…. Ma pure il consiglio di amministrazione dell’Ama, al cui vertice viene proiettato Daniele Pace, alto dirigente di Invitalia. Il secondo presidente in un anno, dopo i cinque in cinque anni della gestione Virginia Raggi. Auguri: ne ha bisogno.

 

A Roma non c’è svolta senza risolvere il problema dei rifiuti e della pulizia. Che non è un problema solo cittadino. Perché una capitale europea in queste condizioni non è presentabile.

 

Fosse privata, i libri dell’Ama sarebbero da anni in tribunale. Un’azienda di servizio pubblico dove 1.500 dipendenti su 7.500 hanno un certificato medico per qualche inabilità al lavoro e altrettanti possono assentarsi per assistere un parente malato, semplicemente non sta in piedi. E la cosa non si risolve con una nuova valanga di assunzioni. Tutte quelle fatte negli anni passati, senza mettere fine all’andazzo, l’hanno solo alimentato. Mortificando i molti dipendenti bravi e coscienziosi.

 

Se l’assenteismo viaggia a sprazzi oltre il 20 per cento e più di un terzo dei mezzi è antiquato o inservibile, la qualità del servizio non può che essere in proporzione. Certo i mali, lo sappiamo, vengono dal passato. Roma è l’unica capitale europea che non chiude il ciclo dei rifiuti nel proprio territorio. Mancano gli impianti e lo smaltimento ha costi astronomici, di media 230 euro a tonnellata, contro un prezzo di mercato di 150. E la scelta del termovalorizzatore, senza dubbio coraggiosa ma contrastata nella stessa maggioranza, ha tempi drammatici. Cinque, forse sei anni. Ma intanto la raccolta differenziata non si schioda da un avvilente 45 per cento. La città continua a essere sudicia. E se la mossa decisiva sono i cento cassoni in cento piazze stiamo freschi.

 

La verità è che l’Ama è lo specchio di una città imprigionata da logiche e interessi che prescindono dai bisogni dei suoi abitanti. L’assenteismo è una cartina al tornasole. I tassi di presenza delle strutture comunali si aggirano intorno all’80 per cento. Al Comune di Milano è al 90 e oltre. Per non parlare di certi numeri. Il gabinetto del sindaco di Roma conta 294 persone. Quello del sindaco di Milano, 70.

 

Succede negli uffici comunali e succede anche all’Atac, la società di trasporto, municipalizzata più grande d’Europa con 11 mila dipendenti. I trasporti funzionano peggio di quanto potrebbero e il traffico è mostruoso. Con un numero altrettanto mostruoso di incidenti stradali: nel 2021 ben 11 mila, 30 al giorno.

 

L’eredità, verissimo, non è stata semplice. Quando si è insediata, la vicesindaca Silvia Scozzese, responsabile del bilancio, ha scoperto che nei conti c’era più di un miliardo non speso dall’amministrazione Raggi. Anche per le strade malmesse, ovvio. Siamo certi che quei soldi vengono ora utilizzati al meglio, ma non basta, ahimè, per la svolta.

 

Anche perché le incrostazioni profonde hanno prodotto negli anni effetti anche collaterali micidiali cui nessuno ha mai posto rimedio. Posti di lavoro inventati, società inutili, sprechi insensati. Tutta roba che contribuisce a far pagare ai romani l’addizionale Irpef più alta d’Italia. Pur non avendo mai avuto alcuna ragion d’essere. Qualche esempio? Risorse per Roma: creata dal nulla per supportare (!?) gli uffici comunali, occupa più di 550 persone. Il Comune possiede anche 45 farmacie, con circa 300 dipendenti. Perdono 2 milioni e mezzo l’anno. Dulcis in fundo, Roma è l’unica città al mondo proprietaria di una compagnia di assicurazioni, la AdiR. Nata decenni fa per assicurare i mezzi comunali, ora conta fra i suoi clienti la città di Chioggia e la Provincia di Cuneo. E assicura anche il Comune di Napoli. Per l’esattezza, 310 autobus. Napoli… Ma che senso ha?

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