Meno di une lettore su dieci afferma di stare seguendo con interesse quanto avviene all'interno del Partito Democratico. E anche i sondaggi vanno presi con grande cautela

Nel 2007, in occasione delle primarie fondative del Partito democratico, il solo Walter Veltroni fu votato da 2 milioni ?e 700 mila persone. Dieci anni dopo, alle primarie che nell’aprile 2017 re-incoronarono Renzi, gli elettori in totale faticarono a superare quota 1 milione e 800 mila.

Considerato questo trend, sicuramente l’ampiezza della partecipazione sarà uno dei parametri su cui valutare politicamente la stagione del congresso e delle primarie del prossimo anno. Un sondaggio di Demopolis per Otto e mezzo, diffuso una decina di giorni fa, stima che solo il 9% degli italiani stia seguendo “con interesse” le vicende interne al Partito democratico, mentre il 66% non le segue per nulla.

Sul fronte delle candidature al momento sembrano essere due gli aspiranti segretari in grado di giocare per la vittoria: Nicola Zingaretti, il favorito, e Marco Minniti. Gli stessi dati ?di Demopolis vedono Zingaretti fra il 33 e il 39 per cento ?e Minniti fra il 30 e il 36.

C’è però un dettaglio di metodo al quale prestare attenzione, quando si parla di rilevazioni sulle primarie: per gli istituti demoscopici è molto difficile identificare con precisione l’elettorato delle primarie. Non disponiamo di dati certi sulla composizione sociale del “bacino” delle votazioni passate, non abbiamo elenchi di votanti registrati come accade negli Stati Uniti ed è quindi arduo stimare correttamente, prima ancora che quanti parteciperanno alle primarie, che tipo ?di persone lo faranno.

Per questi motivi, e per ragioni di fattibilità, quando le agenzie ?di sondaggio conducono indagini sulle primarie tendono a usare come campione chi si considera attualmente elettore del Pd, ?o chi dichiara di averlo votato alle ultime elezioni.

Ma il bacino degli elettori del Pd non corrisponde a quello delle primarie. Innanzitutto perché non tutti gli elettori Pd votano alle primarie (a quelle del 2007 votarono in 3 milioni e mezzo, ma i voti per il Pd alle politiche di qualche mese dopo sarebbero stati 12 milioni; alle primarie 2009 presero parte circa 3 milioni di persone, ma alle elezioni europee il Pd aveva raccolto 8 milioni di voti). E poi perché non tutti i votanti “primaristi” appartengono al perimetro del Partito democratico: è lecito aspettarsi che una quota di chi prenderà parte al congresso di quest’anno a marzo abbia votato +Europa, o Leu, o sia rimasto a casa.

Il suggerimento è quindi di guardare con cautela agli scenari sulla futura leadership democratica. Che sarà però di grande importanza per il messaggio che darà, al resto del quadro politico e del Paese, sul posizionamento futuro di quello ?che rimane il terzo partito italiano.