Politica
24 maggio, 2019

E voi li conoscete i programmi per l'Europa proposti dai partiti?

Strasburgo web
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Una rapida guida alle proposte dei gruppi dell'Europarlamento su poteri, immigrazione, crescita e tutto il resto

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Per Salvini le europee sono un referendum sull’Unione europea. In realtà la scelta è tra le proposte di riforma delle forze europeiste e lo smantellamento dell’Ue auspicato dai nazionalisti, tra costruire una vera sovranità europea per il XXI secolo o tornare alle sovranità nazionali ottocentesche.

Lo hanno mostrato anche i vari dibattiti tra i candidati alla Presidenza della Commissione: Manfred Weber del Partito Popolare Europeo (cui aderiscono Forza Italia, Popolari per l’Italia e Popolo della famiglia), Frans Timmermans dei Socialisti europei (cui aderisce il Pd), Jan Zahradil dei Conservatori e Riformisti (cui aderisce Fratelli d’Italia), Ska Keller dei Verdi (cui aderisce Europa Verde), Nico Cué della Sinistra (cui si rifà l’omonima lista italiana), Margrethe Vestager dei Liberali e Democratici (cui aderisce Più Europa).

Due gruppi erano assenti, perché non abbastanza coesi da dotarsi di un Manifesto ed un candidato comune: l’Europa delle libertà e della democrazia diretta e l’Europa delle nazioni e della libertà, cui aderiscono il M5S e la Lega. Non avranno un ruolo rilevante perché divisi al loro interno e marginali, poiché nessuno è disposto a collaborare con loro. E mancavano le nuove offerte politiche: i giovani europeisti di Volt, la sinistra di Diem25 di Varoufakis; e Rinascimento europeo di Macron, che non si sa con chi si alleerà in Parlamento.

I Manifesti elettorali delle forze politiche europee affrontano le grandi questioni - rilancio dell’economia e sfide sociali, cambiamento climatico, sicurezza, migranti e stabilizzazione del vicinato, democrazia e stato di diritto, ruolo dell’Europa nel mondo - con proposte diverse, ma che implicano più integrazione. I più diversi dagli altri sono anche i più opposti tra loro. I Conservatori e riformisti, su una linea nazionalista, vorrebbero che l’Ue restituisse le competenze agli Stati membri. Diem25 chiede una completa democrazia europea e un’assemblea costituente.

Tutti sono contro il cambiamento climatico, ma i Verdi hanno proposte più ambiziose e dettagliate, cui si avvicinano quelle dei Socialisti, mentre i Popolari sono favorevoli a soluzioni di mercato per la riduzione delle emissioni e non citano, cioè sono contro, la Carbon Tax, cioè una tassa sulle emissioni inquinanti.

Sul rilancio dell’economia i Liberal-democratici e i Popolari puntano sul completamento del Mercato unico, investimenti in innovazione, formazione, ricerca e su nuovi grandi accordi commerciali. Contro questi ultimi è la Sinistra, che auspica una proprietà pubblica delle banche, l’abolizione del Fiscal Compact e la fine dell’indipendenza della Bce, che dovrebbe perseguire la piena occupazione. Socialisti e Verdi vorrebbero maggiori garanzie sui diritti e gli standard sociali e ambientali negli accordi commerciali e sono contro gli arbitrati e le giurisdizioni speciali per gli investitori. Si concentrano sulla solidarietà intra-Ue e sul forte aumento degli investimenti; e già in questa legislatura il Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (Piano Juncker) ha mobilitato oltre 350 miliardi, il 2% del Pil dell’Unione.

Nonostante le differenze, tutte le proposte mirano a tassare chi evita le tasse a livello nazionale, in modo da recuperare risorse per i cittadini senza gravare su di loro. Molti chiedono anche un bilancio specifico dell’Eurozona, il completamento dell’unione bancaria, la trasformazione del Meccanismo Europeo di Stabilità in un Fondo Monetario Europeo, ma i Popolari sottolineano l’importanza di procedere prima a una riduzione dei rischi e l’importanza di rispettare le regole di bilancio attuali. Tutti vorrebbero contrastare i paradisi fiscali, tranne di fatto i Conservatori e riformisti che ritengono la tassazione debba rimanere una competenza nazionale.
Sull’Europa sociale la Sinistra vuole una solidarietà ad ampio raggio tra i Paesi. Socialisti e Verdi fanno proposte concrete come un salario minimo europeo, un’assicurazione europea contro la disoccupazione, un rafforzamento dei diritti sociali un Green New Deal. E in forma più blanda anche Liberal-democratici e Popolari aprono ad un’Europa più sociale.

Tutti chiedono una politica europea delle migrazioni e dell’asilo, con più cautela dai Conservatori. D’altronde i gruppi nel Parlamento europeo hanno già approvato una ambiziosa e solidale riforma di Dublino, che non entra in vigore perché i governi nazionali nel Consiglio non riescono ad approvarla anch’essi. Si vuole un rafforzamento della Guardia costiera e di frontiera, un meccanismo europeo di riconoscimento dello status di rifugiato, una solidarietà interna maggiore, vie legali di ingresso e contrasto al traffico di persone. Popolari e Conservatori puntano sui rimpatri. Tutti chiedono più investimenti verso l’Africa e il Medio Oriente per affrontare le cause delle migrazioni. Vari parlano di Piano Marshall europeo, dimenticando però che il Piano Marshall includeva anche le basi militari americane, a garanzia della stabilità del regime politico dei vari Paesi. Investimenti in aree dilaniate da guerre civili finirebbero in armi, non in sviluppo. Ma l’assenza di una difesa europea - che alcuni auspicano, ma senza formulare proposte specifiche e ambiziose - limita la capacità europea di stabilizzazione dell’area di vicinato che tutti i partiti auspicano.

I Manifesti mostrano che agli europei serve l’unità politica per contare sul piano mondiale di fronte a Usa, Cina e Russia, e alle sfide economiche, geopolitiche, ambientali. È possibile una convergenza europeista per riformare l’Ue: con più risorse per investimenti e rilancio dell’economica, un’Europa più sociale, più cooperazione su sicurezza interna ed esterna, inclusa la politica dell’asilo e la stabilizzazione dell’area di vicinato; con la transizione ecologica e il contrasto al cambiamento climatico come priorità. Le elezioni determineranno il grado di ambizione delle proposte sui vari temi. Maggiori i voti per le forze con proposte più specifiche e avanzate - su riforma dell’eurozona e fiscalità europea, Europa sociale, contrasto ai cambiamenti climatici, difesa comune, asilo e migranti - migliori saranno le posizioni del Parlamento. Da un punto di vista nazionale è importante anche avere parlamentari europei in quanti più gruppi possibile (ora Liberali e Verdi ospitano ciascuno un solo italiano, fuoriusciti dal M5S). Meno voti per le forze nazionaliste significano più possibilità che il Parlamento trovi la forza di proporre una riforma organica dell’Ue. Su questo inciderà anche l’affluenza alle urne.

La vera partita della riforma dell’Ue sarà poi tra il Parlamento e i governi nazionali. Il primo scontro tra Parlamento e Consiglio europeo sarà sulla nomina del Presidente della Commissione, l’embrione di esecutivo europeo. Il Parlamento difende l’idea di una democrazia parlamentare europea, in cui la scelta del Presidente della Commissione - eletto dal Parlamento su proposta del Consiglio Europeo - dipenda dal risultato delle elezioni europee, cioè dal voto dei cittadini. I governi nazionali, che già designano il Presidente del Consiglio Europeo e della Bce, vorrebbero scegliere anche quello della Commissione a proprio piacimento. I governi incarnano l’Europa delle nazioni, bloccano le riforme, paralizzano l’Unione: sono i migliori (inconsapevoli?) alleati dei nazionalisti. Se vincerà il Parlamento avrà un asse forte con la Commissione e probabilmente proposte di riforma più avanzate.

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