Elettori sfiduciati, economia agonizzante, destra e sinistra in preda alle faide fra ras locali, giudici l’un contro l’altro armati. Sulla punta della stivale il 26 gennaio la forzista Santelli e l’indipendente targato democrat Callipo si giocano una partita che ha per premio un mare di guai

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Chi vota in Calabria il 26 gennaio affronta tre problemi. Il primo è il trasformismo di una classe politica disposta a cambiare casacca più della media nazionale, già elevatissima. Questo è un problema relativo perché l’elettore calabrese è lui stesso trasformista. A ogni giunta finora è seguita una coalizione di segno opposto, che batte gli avversari con un distacco compreso fra i venti e i trenta punti, com’è quello che i sondaggi attribuiscono a Jole Santelli, candidata del centrodestra, su Filippo Callipo, designato dal centrosinistra.

Il secondo problema del cittadino calabrese è che della Calabria gliene frega poco e niente a nessuno, siano poteri legittimi o illegittimi, e che la Calabrexit evocata da Cetto Laqualunque sarebbe accolta con entusiasmo dalle altre diciannove regioni. Il terzo problema, molto insidioso, è quello della moglie di Cesare ossia della signora sposata con il conquistatore delle Gallie che non solo deve essere ma deve anche sembrare onesta, se no il Divo Giulio la caccia di casa.

Callipo ha imitato Cesare. Ha estromesso dalla sua lista (Io resto in Calabria) i vecchi arnesi e i possibili concorrenti esterni in associazione mafiosa. Il Pd, che lo sostiene con una seconda lista e che ha usato Callipo per liberarsi del governatore uscente Mario Oliverio, è stato già più tollerante con i vecchi arnesi e le parentele arrischiate. Stesso dicasi per la terza lista del centrosinistra, ampiamente orchestrata da Oliverio.
Le sei liste della destra, come da tradizione, non solo hanno imbarcato i transfughi a parametro zero della coalizione avversaria ma hanno applicato un rigido garantismo verso i portatori di preferenze. D’altra parte, la moglie di Cesare l’ha scelta Cesare. I fratelli, gli zii, i cugini di grado da uno a enne capitano come capitano e la responsabilità penale è dell’individuo.

Ai tre problemi specifici della tornata elettorale se ne aggiungono svariati altri. L’economia è in recessione fissa. La disoccupazione rimane al vertice dell’Ue e le infrastrutture sono in fondo alla classifica continentale. I giovani se ne vanno e una ricerca di Transcrime, ripresa da un rapporto di Bankitalia dello scorso ottobre, segnala che il crimine organizzato calabrese deve alla sua regione di origine il 23 per cento del fatturato contro oltre il 60 per cento di camorra e Cosa nostra. Ma la ricerca risale al 2015 e, da allora, nemmeno la ’ndrangheta è rimasta in Calabria, perché ha potuto investire su mercati più fruttuosi. Sotto il profilo ambientale la regione è in condizioni disastrose, fra depuratori fermi, emergenze rifiuti e la distruzione delle coste che si aggrava a ogni mareggiata invernale contro gli sforzi di decine di associazioni che riescono ancora ad attirare turisti da tutta Europa per visitare infinite meraviglie naturali, archeologiche ed enogastronomiche.
Eppur si vota, per chi ancora ci tiene.

REPULISTI PD
Fra i quattro candidati governatori la partecipazione della società civile appare inversamente proporzionale alle possibilità di successo. Chi ha fatto meglio da questo punto di vista è stato l’indipendente Carlo Tansi, geologo ed ex numero uno della Protezione civile regionale, alla guida di ben tre liste.

Il candidato grillino, il docente di politica economica Francesco Aiello, è arrivato con il fiatone, e due liste, perché la piattaforma Rousseau gli ha dato via libera di strettissima misura (1150 sì contro 1017 no) soltanto l’11 dicembre, a poco più di due settimane dalla presentazione dei candidati. Ma il trionfo del M5S alle politiche 2018 (43,4 per cento) e il 26,7 per cento delle europee 2019 sono un ricordo lontano.

Anche il Pd ha pagato il braccio di ferro, rientrato in extremis, fra i fedelissimi di Oliverio e Callipo che ha dovuto rinunciare a una quarta lista (Dieci idee per la Calabria) per incapacità di adempiere ai formalismi di legge e che ha solo se stesso come valore aggiunto per sovvertire un pronostico apparentemente chiuso.

Il Pd, che aveva incassato una serie di no da altri possibili candidati governatori, ha mirato soprattutto a tagliare fuori Oliverio e a tutelare gli uscenti con la candidatura di Giovanni Nucera, Carlo Guccione e Domenico Bevacqua.

Confermato anche Demetrio Battaglia (Pd), figlio di Piero, sindaco democristiano di Reggio cinquant’anni fa, quando scoppiò la rivolta dei Boia chi molla, vero atto di nascita della ’ndrangheta moderna con le sue aderenze nell’estrema destra, nella massoneria e negli apparati dello Stato. Il fratello del consigliere uscente, Peter, è sotto processo per concorso esterno e corruzione nell’inchiesta Thalassa.

Nella lista ispirata dal governatore uscente (Democratici e progressisti) c’è Flora Sculco, unica donna eletta nel 2014 con oltre 9 mila preferenze raccolte fra Crotone e Catanzaro. Sculco, candidata in due circoscrizioni regionali su tre (centro e sud), è figlia di Enzo, storico dirigente della Cisl e consigliere regionale a sua volta, condannato in via definitiva a quattro anni per concussione.

Antonio Andrea Billari, compagno di lista di Sculco, è invece considerato vicino alla macchina da voti Nino De Gaetano, messo agli arresti per Rimborsopoli nel 2015 e coinvolto nell’inchiesta Il padrino. De Gaetano è uno degli epurati da Callipo insieme all’ex sindaco di Castrolibero Orlandino Greco (rinvio a giudizio chiesto da Catanzaro per concorso esterno e voto di scambio) e all’imprenditore di Cittanova Francesco D’Agostino (Stocco & Stocco) che pure è stato assolto dalle accuse dell’inchiesta Alchemia della Dda di Reggio. L’ex deputato Bruno Censore, respinto da Callipo, ha piazzato un suo uomo, Luigi Tassone, sindaco di Serra San Bruno.

Il vero regista degli oliveriani, Luigi Incarnato, è stato invece tagliato fuori dall’ultima inchiesta di Nicola Gratteri (Rinascita), anche se il 2 gennaio il tribunale della libertà ha annullato il suo arresto.

CORAZZATA CENTRODESTRA
L’idea di chi vive la politica locale da decenni è che per ora il centrodestra si sia mantenuto a distanza dai centri criminali perché la vittoria appare sicura e i poteri occulti preferiscono presentare le loro richieste a giunta fatta.
La capolista Santelli è la netta favorita. Cosentina, nipote dello storico ras socialista Giacomo Mancini, ha fatto pratica legale a Reggio presso lo studio di Nico D’Ascola, senatore forzista durante la scorsa legislatura e bocciato alle elezioni del 4 marzo 2018 dopo essere passato con il centrosinistra.

Superato l’esame di Stato, Santelli si è trasferita nello studio dell’altro avvocato reggino con base a Roma, Cesare Previti, e poi in parlamento a partire dal trionfo berlusconiano del 2001. Le sue esperienze amministrative in Calabria si limitano alla carica di vice del sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, che aspirava alla carica di governatore. Matteo Salvini ha detto no e, come Oliverio, Occhiuto ha minacciato di andare da solo con il sostegno del fratello Roberto, vicecapogruppo forzista alla Camera. Poi è arrivata la letterina di Natale di Silvio Berlusconi che ha invitato Occhiuto a farsi da parte e lui si è allineato.

Nell’insieme il fronte di centrodestra si presenta corazzato. La Lega, affidata al commissario Cristian Invernizzi dopo Domenico Furgiuele, eletto alla Camera nonostante il suocero condannato per estorsione, ha messo in campo gli uomini dell’ex governatore Giuseppe Scopelliti, da qualche settimana in semilibertà dopo la condanna per i bilanci falsi del Comune di Reggio. Con Tilde Minasi si è segnalata la presenza di Caterina Capponi, moglie del Gran maestro della Gran Loggia regolare d’Italia (Glri), l’obbedienza massonica che presenta in proporzione il più alto numero di iscritti non identificabili, secondo la Commissione antimafia. Escluso in extremis Renato Bellofiore, ex sindaco di Gioia Tauro con una giunta di centrosinistra. Bellofiore ha la colpa di essere passato per Fare, il movimento del dissidente leghista Flavio Tosi.

Anche Forza Italia ha puntato su alcuni reduci della fase Scopelliti. Su Catanzaro c’è Domenico Tallini, già assessore al personale. Su Reggio l’ex governatore ed ex sindaco avrebbe raccomandato ai suoi nostalgici il nome di Giuseppe Pedà, un altro ex sindaco di Gioia Tauro, contro l’altro candidato Giuseppe Raffa, ex presidente della Provincia.

In un clima di revival è stata creata la lista Casa delle libertà. È un vestito su misura per l’inaffondabile Pino Gentile, da decenni ras elettorale del cosentino insieme al fratello Antonio detto “il cinghiale” e in contrapposizione con i fratelli Occhiuto. In tema di dinastie, l’Udc ha candidato Pierpaolo Zavettieri, sindaco di Roghudi e nipote di Saverio, a lungo dirigente del Psi. Sempre con l’Udc c’è Nicola Paris, passato dalle liste del sindaco democrat di Reggio Giuseppe Falcomatà al centrodestra. Il fratello, Tommaso Paris, è stato condannato in primo grado a undici anni per mafia (inchiesta Alta tensione) e assolto in appello.

La lista Jole Santelli presidente, presentata a Reggio dall’ex consigliere regionale Luigi Fedele, coinvolto in Rimborsopoli, ha inserito al nord l’ex consigliere delegato all’agricoltura di Oliverio, Mauro D’Acri, al centro l’ex Pd Vito Pitaro e a sud, l’esordiente Enrico Ligato, 56 anni. Costruttore a Roma, Ligato è figlio di Lodovico, ex numero uno delle Ferrovie dello Stato ucciso nella sua villa a Pellaro nell’estate di trent’anni fa. L’omicidio eccellente fu eseguito da uomini della ’ndrangheta ma sui mandanti non è mai stata fatta chiarezza.

LITI IN PROCURA
Sulle mancate candidature di Oliverio e Occhiuto hanno pesato le inchieste giudiziarie. Per rispetto alla cronaca è il caso di ricordare che il potere giudiziario in Calabria attraversa uno dei suoi non rari momenti di crisi interna. Molti magistrati, per usare una cruda espressione locale, si sparano per lupi.

A Catanzaro, è conflitto aperto fra il procuratore generale Otello Lupacchini e il capo della Dda Gratteri che non si è mai amato con il suo ex collega di Reggio, Giuseppe Lombardo e che ha segnalato alcuni colleghi, fra i quali il procuratore capo di Cosenza Mario Spagnuolo alla procura competente, Salerno, dove un aggiunto di Gratteri, Vincenzo Luberto, è sotto indagine per corruzione con aggravante mafiosa. Avrebbe accettato viaggi pagati dall’ex deputato Pd, Ferdinando Aiello. A metà dicembre il Csm ha disposto il trasferimento di Eugenio Facciolla, procuratore capo a Castrovillari indagato per avere favorito la ditta Stm e il suo sistema informatico per le intercettazioni Exodus.

Ma non c’è una procura calabrese che non sia in crisi, da Vibo Valentia a Palmi, da Paola a Locri, dove si moltiplicano gli avvisi di garanzia contro l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano.

Sul fronte dell’esecutivo, che continua a sciogliere Comuni e a mandare commissari, si segnala il caso del prefetto di Cosenza, Paola Galeone, agli arresti per una corruzione da 700 euro dopo avere presieduto la commissione per il ripristino della legalità a Platì. Con questo esempio che viene dall’alto, il 27 gennaio sarà difficile prendersela con chi vota.

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