Avevo chiesto al Direttore di questo prestigioso settimanale di rettificare una frase di un articolo che mi indicava, nel contesto di una velata disistima, come candidato alla Presidenza della Repubblica, in quanto punto di “riferimento per la politica che contesta Draghi e i vaccini”.
L’ottimo Marco Damilano mi ha offerto invece la possibilità, per la quale gli sono immensamente grato, di scrivere una lettera, diretta a esplicitare il mio pensiero. Rinuncio, dunque, ben volentieri alla mia difesa, e dico soltanto che rifuggo da dispute di pura distrazione di massa, che considero irresponsabile l’incitamento a non vaccinarsi e che non sono contro la persona di Draghi, ma contro la sua politica neoliberista.
E, da giurista, mi preme sottolineare che il pensiero unico dominante del neoliberismo sta conquistando anche le menti dei giudici, degli avvocati e di chi, comunque, si occupa di diritto. Evento, questo, di enorme gravità, poiché intralcia la stessa difesa dei diritti fondamentali sanciti in Costituzione, contro l’imperversare delle deleterie “privatizzazioni”, “delocalizzazioni" e “svendite”, che gettano sul lastrico migliaia di famiglie.
La causa di questa grave sventura, a mio avviso, sta nel fatto che i giuristi non hanno rilevato che, passandosi dallo Stato persona, soggetto “singolo”, informato ai principi dello Statuto albertino, allo Stato comunità, soggetto “plurimo”, coerente con i vigenti principi costituzionali, è completamente mutato “l’assetto proprietario”, e in particolar modo la natura del “demanio pubblico”, previsti dall’attuale codice civile.
In altri termini, se, secondo lo Statuto albertino, il “demanio” apparteneva allo Stato persona, seguendo gli schemi della “proprietà privata”; secondo la vigente Costituzione repubblicana, il “demanio” appartiene invece allo “Stato comunità” (il Popolo), a titolo di “proprietà pubblica”, cioè, come subito notò il Giannini, di “proprietà collettiva demaniale”, insuscettibile di “sdemanializzazione” e comprendente tutti quei beni che sono definiti “inalienabili”, “inusucapibili” e “inespropriabili”, in quanto indispensabili per l’esistenza stessa della Comunità nazionale. Si tratta del “paesaggio e del patrimonio artistico e storico della Nazione (art. 9 Cost.), nonché “dei servizi pubblici essenziali, delle fonti di energia, delle situazioni di monopolio e delle industrie strategiche” (art. 43 Cost.).
Se i giuristi avessero dato peso a questa realtà costituzionale, certamente non saremmo passati dal “miracolo economico italiano” degli anni ’60, all’attuale drammatica situazione economica.