Quirinale: i 111 dei gruppi misti vogliono Sergio Mattarella. E preferiscono Silvio Berlusconi a Mario Draghi

L’Espresso ha contattato i centoundici parlamentari di Camera e Senato non appartenenti ai grandi partiti e li ha fatti votare sul Colle. Ecco le risposte, le confidenze e le paure di piccoli grandi elettori che possono essere decisivi

«È sicuro di essere chi sostiene di essere?», domanda volpino un deputato di sintetica e multiforme carriera interrogato sul Quirinale. È un tipico esponente del luogo. Ne ha assorbito i tratti sempre tenui, non marcati, sfiduciato, diffidente. Appartiene ai gruppi misti di Camera e Senato. Dove la miglior convinzione è non averne.

Le laboriose manovre sul Colle dei segretari di partito, di Enrico Letta, di Matteo Salvini, di Giuseppe Conte, di Giorgia Meloni, di Matteo Renzi e poi degli americani, dei diplomatici, dei tecnocrati, dei mediatori, dei famigerati mercati girano lontano da questi posti ineleganti, dai politici solitari, dai gruppi misti. Non li corteggiano. Li aspettano. Sbagliano. Perché qui si annidano fautori e sicari di governi e presidenze della Repubblica. Volti spesso sconosciuti e determinanti.

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I gruppi misti di questa legislatura sono una stratificazione di sentimenti: scissionisti, espulsi, apolidi, transeunti, dispersi, decaduti, comparse, transfughi, storie nobili, storie ignote, estremisti di centro, destra, sinistra. L’Espresso si è inoltrato nel labirinto politico più esteso e impervio per capire come decine di elettori marcino disuniti verso la nomina del presidente della Repubblica. Centoundici iscritti con l’esclusione dei senatori a vita Liliana Segre e Mario Monti, centoundici che valgono il dieci per cento dei 1.009 che con i delegati regionali saranno convocati dopo le feste natalizie in seduta comune nel palazzo di Montecitorio bardato di tricolore, centoundici (piccoli) grandi elettori decisivi dal quarto scrutinio quand’è richiesta la maggioranza assoluta. La metà più uno.

Ci siamo avventurati nei gruppi misti di Camera e Senato con un equipaggiamento convenzionale: un sondaggio. Uno strumento statistico e giornalistico di largo consumo applicato su parlamentari insondabili per definizione. I sondaggi si rivolgono a un campione rappresentativo di una popolazione più ampia, invece L’Espresso ha raggiunto l’intera platea. Abbiamo di fatto invitato centoundici parlamentari nel nostro catafalco. La cabina elettorale. Lì ci si sente soli, protetti dal legno spesso, le tende scure, in ascesi, carta, penna, nient’altro, in contatto diretto con la propria coscienza, a scacciare simpatie, antipatie, frustrazioni, tentati dallo sgarbo e dal ballo dei franchi tiratori. Il quesito basico: chi vota per il Colle? Le risposte varie. Si poteva attingere da un elenco dei nomi più evocati, invocati, temuti. In ordine alfabetico (e cariche parziali): Giuliano Amato, promesso presidente della Consulta; Silvio Berlusconi, il fondatore di Forza Italia; Rosy Bindi, ex presidente del Partito democratico; Marta Cartabia, ministro della Giustizia; Maria Elisabetta Casellati, presidente del Senato; Pier Ferdinando Casini, senatore e già presidente della Camera; Mario Draghi, presidente del Consiglio; Dario Franceschini, ministro della Cultura; Paolo Gentiloni, commissario europeo agli Affari economici e monetari; Sergio Mattarella, capo dello Stato; Letizia Moratti, assessore regionale della Lombardia; Romano Prodi, due volte presidente del Consiglio. Si poteva rifiutare l’elenco, qualcuno l’ha respinto con nausea, e barrare la casella “altro”. Ci si poteva sottrarre alla funzione istituzionale più solenne con una pigra e liberatoria scheda bianca. Dopo incontri, telefonate, messaggi, ecco i risultati (poi la spiegazione): Mattarella 20, Berlusconi 13, Bindi 12, Cartabia 10, Draghi 9, Gentiloni 3, Casini 1, Amato 1. Altro 25, di cui il giurista Paolo Maddalena 7, il filosofo Massimo Cacciari 1, il magistrato Nino Di Matteo 1, il sensale forzista Gianni Letta 1, lo scienziato premio Nobel Giorgio Parisi 1. Bianche 3. Non sa/non risponde 14.

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La lettura al triplice fischio. Le preferenze per Draghi vanno rovesciate: ne ha prese 9, e ciò non sorprende, semmai delude perché non ha preso le altre 102. Il presidente del Consiglio, candidato naturale, taciturno e dunque asfissiante per il suo governo, non fa proseliti nei gruppi misti di Camera e Senato. Per due motivi. Ci sono quelli che hanno lasciato i partiti per non benedire il suo governo. Ci sono quelli che se lo immaginano giurare al Quirinale, prosecuzione di un disegno scolpito da chissà quale complotto, mentre la loro legislatura finisce in anticipo di un anno e rincasano senza speranza di ritorno. Draghi non ha estimatori nei gruppi misti. Al contrario è abbastanza detestato. Non ricaverà nulla dai centoundici. Anzi i centoundici sono un avviso alla prudenza: o si immerge ben addestrato e scortato nelle acque del voto per il Quirinale, acque di squali incoraggiati dalla segretezza, o rischia di uscirne sfigurato.

 

Invece per Mattarella c’è una sentita venerazione nei gruppi misti. Pochi hanno l’ardire di citarlo. Viene sussurrato. Mattarella non è disponibile. Ha già pianificato il trasloco. Mattarella ha rispetto della Costituzione. Mattarella non somiglia a Giorgio Napolitano il monarca. Non scherzate con Mattarella. Ripetono. Un senatore fa scivolare Mattarella nel rintocco del cucchiaino con la tazza del caffè. Un deputato meridionale passato per la Lega argomenta con schiettezza: «Perché toccare le cose che funzionano? Le cose che non funzionano si aggiustano. Le cose che non funzionano e non si aggiustano si buttano. Le cose che funzionano si lasciano stare». Mattarella è il rifugio di un profondo spirito patrio e anche di un altrettanto profondo istinto di sopravvivenza. Mattarella vuol dire fermare l’orologio della legislatura che scade nel marzo 2023. Guadagnare un anno. Lo stipendio. La pensione. La maggioranza dei centoundici è pronta a plebiscitare Mattarella e questa stramba, per molti unica, ultima legislatura. Il compendio è di un parlamentare ex Pd: «Draghi attende finché ha modo. Se capisce che non c’è spazio, si ritira dalla gara e non si sgualcisce. Allora soltanto Mattarella può salvare l’Italia in un periodo di emergenza economica e sanitaria per gli italiani e per i parlamentari soverchianti. Entrambi lo ringraziano. Se utile alla causa, noi del misto potremmo portarlo in processione dal Quirinale alla Camera».

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Se la politica cruda, netta, disadorna vi spaventa, sentite il racconto di un ex parlamentare di Forza Italia. Un paio di settimane fa, dopo tanti mesi, è tornato alla villa di Arcore di Berlusconi. Un permesso concesso con magnanimità e, certo, interesse politico. Durante la prima mezz’ora di colloquio, sorseggiando acqua minerale, il Cavaliere ha smontato con ironia la sua corsa al Colle: mi ci vedi alla mia età, con le mie malattie e miei processi? Col trascorrere dei minuti, circumnavigato più volte lo stesso discorso, Berlusconi ha afferrato il taccuino e s’è messo a fare i conti: se il centrodestra mi supporta compatto, se voi miei ex parlamentari mi offrite un gesto di riconoscenza, non mi resta che abbordare qualche ex grillino. La coalizione di centrodestra si aggira attorno ai 450 voti. Per arrivare a 505, traguardo in vigore con la maggioranza assoluta, il Cavaliere potrebbe cercare (piccoli) grandi elettori fra Italia Viva di Matteo Renzi (42, con perdite) e appunto i 111 dei misti di Camera e Senato. Il presupposto, la coalizione di centrodestra compatta, è molto blando. Però il consenso per Berlusconi non è superfluo. Più alla Camera che al Senato. Gli ex di Forza Italia sono già in missione per convincere il vicino di banco: «Ho abbandonato Forza Italia, esatto, ma non posso negare o addirittura tradire il mio percorso locale e nazionale compiuto con la luce del Cavaliere a farmi da guida. Lo voterei, ovvio», e vuole affermarlo in pubblico il giovane deputato bergamasco Stefano Benigni.

Rosy Bindi è la replica di sinistra all’odiato Berlusconi. Se proprio si vuol viaggiare nel tempo, però all’indietro, di una decina o una ventina di anni, a chi schiera la sagoma inceronata di Berlusconi, la sinistra contrappone la limpidezza etica di Bindi. La riflessione più calzante è di una senatrice ex Cinque Stelle: «Mai mi sarei immaginata di desiderare fortemente Bindi al Quirinale perché mai mi sarei immaginata che tra i papabili Bindi fosse il politico più a sinistra. E anche donna. Un trionfo». La vicenda è seria: più di una trentina fra i centoundici dei gruppi misti di Camera e Senato, anche gli uomini (precisazione purtroppo necessaria), vorrebbe una donna al Quirinale per spezzare l’incantesimo maschile, per lanciare le ambizioni più in là, in un punto nel futuro che l’Italia pare non potersi permettere. La senatrice Segre, testimone di memoria, sofferenze, integrità morale, non ha rivali neppure nei gruppi misti, ma ha già fermato ipotesi e desideri richiamandosi ai 91 anni compiuti e alla competenza.

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La ministra Cartabia arriva quarta nel nostro sondaggio col suo modo silenzioso di avanzare. Dispiace ai Cinque Stelle di ogni epoca per la riforma della giustizia, non dispiace ai centristi, ai parlamentari di sfuggente colorazione politica. Bindi e soprattutto Berlusconi spaccano, polarizzano e sollecitano barricate di cui si è quasi persa la memoria, Cartabia anestetizza: è donna, è giovane, è referenziata, è ciellina, è (percepita) garantista, comunque non è giustizialista, proietta nel domani con un solido ancoraggio nel passato. Una riserva da monitorare.

 

Il commissario europeo Gentiloni ha qualche estimatore sparso. Ciascuno dei suoi tre simpatizzanti lo colloca fra il centrodestra e il centrosinistra, figura di raccordo fra il Pd di Enrico Letta, i 5S di Conte e quel grumo di potere centrista che Renzi intende allestire col presidente ligure Giovanni Toti. Casini c’è come eterno ammonimento. Amato come opera incompiuta abbozzata già vent’anni fa.

Il senatore Gianluigi Paragone (Italexit), ex Cinque Stelle, vuole proporre, e non si rompono vincoli di riservatezza, l’ex giudice costituzionale Paolo Maddalena, riferimento per la politica che contesta Draghi e i vaccini (qui la sua replica). Paragone spera di attecchire nei venti ex grillini di “Alternativa”. E in effetti la speranza non è vana.

 

La lettera
Paolo Maddalena: “Irresponsabile invito a non vaccinarsi: sono contro il neoliberismo, non contro i vaccini”
14/12/2021

Più di un terzo dei deputati del gruppo Misto - 25 su 66 - è fuori dalle componenti organizzate. Agisce in comunione con sé stesso. Solitamente, è capitato, viene preceduto da stuoli di assistenti parlamentari, segretarie aggiunte, addetti stampa: «Buongiorno, sono l’assistente dell’onorevole, la richiamerà la segretaria aggiunta o l’addetto stampa siccome è della stampa». Faccia lei. Purché non sia febbraio. I più simpatici, una minoranza, sono quelli che non partecipano, che ruvidamente declinano, che si danno indaffarati. Hanno l’aria dello Stregatto. Sanno qualcosa, ne sono gelosi e non si esprimono. Stanno per varcare il catafalco vero, loro.

Le schede bianche sono l’apatia politica, né testimonianza né adesione, disillusi maturi che non si agitano quando e dove non serve. Numeri misti che non fanno il totale. All’uscita del labirinto – in confronto il kafkiano Gregor Samsa fa tenerezza – ci si sente persi. Il Quirinale si fa anche con i gruppi misti di Camera e Senato. Con quei politici che si ritrovano assieme per caso. Non devono recepire ordini di partito. Non c’è pericolo di essere epurati. Alcuni, peraltro, sono già epurati.

Il deputato Renzo Tondo, due volte presidente friulano, ha tre ristoranti e un campo per ottimi ortaggi. Come fotografia del profilo ha scelto due padelle di caponate fumanti: «Se le ho incorniciate significa che sono belle e anche buone. Chi va nel catafalco può apparire bello, ma poi vai a sapere se è buono». Accomodatevi. Sarà lunga. E forse gustosa.

 

COME SI È SVOLTO IL SONDAGGIO
Il sondaggio sul Quirinale è stato svolto contattando via email, telefono, messaggio e di persona i 111 iscritti ai gruppi misti di Camera (66) e Senato (45, tutti a eccezione dei senatori a vita Mario Monti e Liliana Segre). All’intervistato è stata proposta una rosa di nomi composta da Giuliano Amato, Silvio Berlusconi, Rosy Bindi, Marta Cartabia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Pier Ferdinando Casini, Mario Draghi, Dario Franceschini, Paolo Gentiloni, Sergio Mattarella, Letizia Moratti, Romano Prodi. Si poteva optare anche per le scelte “altro” generico o specificato e scheda bianca. Coloro che non hanno risposto o non hanno voluto partecipare sono nel gruppo “non sa/non rispondere”. Dunque, L’Espresso ha interpellato per il suo sondaggio sul Quirinale per la Camera: Schullian Manfred (presidente, Minoranza linguistiche), Colletti Andrea (vicepresidente, Alternativa), Gebhard Renate (vicepresidente, Minoranze linguistiche), Lapia Mara (vicepresidente, Centro democratico), Lupi Maurizio (vicepresidente, Noi con l’Italia-Usei-Rinascimento Adc), Magi Riccardo (vicepresidente, Azione +Europa-Radicali italiani), Tasso Antonio (vicepresidente, Maie-Psi-Facciamoeco), Longo Fausto (tesoriere, Maie-Psi-Facciamoeco), Acunzo Nicola (Centro democratico), Aiello Piera, Angiola Nunzio (Azione +Europa-Radicali italiani), Aprile Nadia, Baroni Massimo Enrico, Bartolozzi Giusi, Benedetti Silvia, Benigni Stefano, Borghese Mario Alejandro (Maie-Psi-Facciamoeco), Cabras Pino (Alternativa), Cardinale Daniela (Centro democratico), Cecconi Andrea (Maie-Psi-Facciamoeco), Colucci Alessandro (Noi con l’Italia-Usei-Rinascimento Adc), Corda Emanuela (Alternativa), Costa Enrico (Azione +Europa Radicali italiani), Costanzo Jessica (Alternativa), Cunial Sara, D'Ambrosio Giuseppe, De Giorgi Rosalba, Ehm Yana Chiara, Ermellino Alessandra (Centro democratico), Fioramonti Lorenzo (Maie-Psi-Facciamoeco), Forciniti Francesco (Alternativa), Frate Flora, Fusacchia Alessandro (Maie-Psi-Facciamoeco), Giuliodori Paolo (Alternativa), Lo Monte Carmelo (Centro democratico), Lombardo Antonio (Maie-Psi-Facciamoeco), Maniero Alvise (Alternativa), Menga Rosa, Muroni Rossella (Maie-Psi-Facciamoeco), Paxia Maria Laura, Pedrazzini Claudio, Plangger Albrecht (Minoranze linguistiche), Raduzzi Raphael (Alternativa), Romaniello Cristian, Romano Paolo Nicolò (Alternativa), Rossini Emanuela (Minoranze linguistiche), Rostan Michela, Sangregorio Eugenio (Noi con l’Italia-Usei-Adc), Sapia Francesco (Alternativa), Sarli Doriana, Sgarbi Vittorio (Noi con l’Italia-Usei-Rinascimento Adc), Siragusa Elisa, Sodano Michele, Spessotto Arianna (Alternativa), Suriano Simona, Tabacci Bruno (Centro democratico), Termini Guia, Testamento Rosa Alba (Alternativa), Tondo Renzo (Noi con l’Italia-Usei-Rinascimento Adc), Trano Raffaele (Alternativa), Trizzino Giorgio, Vallascas Andrea (Alternativa), Vianello Giovanni, Villarosa Alessio Mattia, Vizzini Gloria, Volpi Leda (Alternativa). Per il Senato: De Petris Loredana (presidente, Liberi e Uguali-Ecosolidali), Bonino Emma (tesoriere, Azione +Europa), Abate Rosa Silvana, Angrisani Luisa, Berutti Massimo Vittorio (Idea-Cambiamo!-Europeisti), Biasotti Sandro Mario (Idea-Cambiamo!-Europeisti), Botto Elena, Buccarella Maurizio (Liberi e Uguali-Ecosolidali), Causin Andrea, Ciampolillo Lello, Corrado Margherita, Crucioli Mattia, De Bonis Saverio, De Falco Gregorio, Dessì Emanuele (Partito comunista), Di Marzio Luigi, Di Micco Fabio, Errani Vasco (Liberi e Uguali-Ecosolidali), Fantetti Raffaele (Idea-Cambiamo!-Europeisti), Fattori Elena, Giannuzzi Silvana, Giarrusso Mario Michele (Italexit), Granato Bianca Laura, Grasso Pietro (Liberi e Uguali-Ecosolidali), La Mura Virginia, Laforgia Francesco (Liberi e Uguali-Ecosolidali), Lannutti Elio (Italia dei Valori), Lezzi Barbara, Lonardo Alessandrina, Mantero Matteo (Potere al Popolo), Martelli Carlo (Italexit), Merlo Ricardo Antonio, Mininno Cataldo, Moronese Vilma, Morra Nicola, Nugnes Paola, Ortis Fabrizio, Pacifico Marinella (Idea-Cambiamo!-Europeisti), Paragone Gianluigi (Italexit), Quagliariello Gaetano (Idea-Cambiamo!-Europeisti), Richetti Matteo (Azione +Europa), Romani Paolo (Idea-Cambiamo!-Europeisti), Rossi Mariarosaria (Idea-Cambiamo!-Europeisti), Ruotolo Sandro (Liberi e Uguali-Ecosolidali), Sbrana Rosellina.

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