Il dottor Sottile ieri giocava a tennis al Foro Italico, in sfoggio atletico. Gli “anni” sono da sempre un elemento della quirinabilità, da Pertini a Napolitano. Ma stavolta vale l’inverso: l’anzianità è un arma di seduzione per un Parlamento che non disdegnerebbe un presidente “a tempo”

Vociferano che ieri Giuliano Amato, 83 anni, da sempre tennista appassionato, sia stato avvistato a giocare a tennis al Foro Italico. Messaggio in codice: so ancora tenere in mano una racchetta. Fuor di metafora: non sono troppo vecchio per il Quirinale. La brutalità della traduzione è necessaria ad affrontare un argomento altrimenti tabù: la quirinabilità degli aspiranti, in relazione alla loro età. Se è vero che Mario Draghi, coi suoi 74 anni, è giudicato dai senatori della politica come un ragazzino che fa benissimo in tempo per il prossimo giro (discorso che vale a maggior ragione per nomi come quello di Dario Franceschini, il quale in effetti al momento è attestato proprio su questa linea), è altresì vero che l'età è uno dei fattori, per lo più non detti, per l'elezione al Colle.

 

Giorgio Napolitano, il presidente più anziano della storia d'Italia quando fu rieletto a 87 anni, ebbe a giocare abilmente con il fattore anni: nel 2012, all'inizio del semestre bianco (gli ultimi sei mesi del mandato), si presentava agli interlocutori come leggermente più ingobbito, stanco, invecchiato; e tale apparve fintantoché continuava a dire no all'ipotesi di un bis; ma poi, quando cambiò idea, ridiventò improvvisamente più alto, spavaldo, vitale. Percorsi impercettibili, sottaciuti. E del resto non è mai stata l'età in sé il vero ostacolo politico all'elezione di un capo dello Stato.

 

Resta indimenticabile la reazione con la quale Sandro Pertini, poi eletto a 81 anni, nel 1978 si difese dalla perplessità verso i nomi troppo anziani espressa dal suo antagonista nei socialisti aspiranti al Colle, Antonio Giolitti: «Qui vedo in giro dei sessantenni che sembrano usciti dalla tomba. Invece io ho preso da mia madre. È morta a novant’anni, ma soltanto perché è caduta dalla sedia. Un mio fratello è andato al creatore che ne aveva novantacinque, era un vecchio lupo di mare e fino all’ultimo si è conservato lucidissimo! Se vogliono tagliarmi fuori trovino altre ragioni. Che non sono simpatico. Che ho un caratterino. Ma l’età, quella no!». Ecco: l'età non è una ragione.

 

In questo turno quirinalizio, hanno sin qui tuttavia usato l'argomento Romano Prodi, 82 anni («ho un'età che si può considerare veneranda», ha detto in un'intervista al quotidiano “Libertà”). E Liliana Segre, 91 anni, chiamata in causa da una campagna su “il Fatto”, che ha raccolto 90 mila firme: «Quando si raggiunge un'età avanzata si deve avere cura di se stessi e coscienza dei propri limiti», ha detto al quotidiano di Travaglio. L'età è anche uno degli argomenti del capo dello Stato Sergio Mattarella, per il quale tuttavia potrebbe valere il lodo Napolitano di cui sopra.

 

Gli anni, neanche a dirlo, non preoccupano Silvio Berlusconi e, anzi, sono utilizzati come indicibile arma di seduzione, per ingolosire la platea di leader politici e grandi elettori che, tendenzialmente incapace a mettere su strategie di lungo respiro, gradirebbe non poco la possibilità di eleggere un presidente “a tempo”, ossia incline a non svolgere l'intero mandato di sette lunghi anni. Vale anche per Giuliano Amato. Vale a maggior ragione per il Cavaliere. Paolo Guzzanti lo disse all'Espresso, apertamente: «Fare presidente Berlusconi è un affare: metti al Colle un signore di 85 anni, malato, con quella storia, crei un momento di pausa in cui sani trent’anni di guerra civile».

 

A proposito del sempreverde universo di Arcore: si è trincerato dietro l'età anche il riservatissimo Gianni Letta, il quale a dire il vero a 86 anni (87 ad aprile) vive giusto adesso una stagione tuttavia mai così visibile, pubblica: e chissà questo che cosa vuol dire.

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