Cura del ferro

La metro D, l'ultimo miraggio di Roma: il trio Gualtieri, Salvini e Mainetti si muove insieme

di Gianfrancesco Turano   13 dicembre 2023

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Con la nuova sotterranea il sindaco della Capitale vorrebbe riparare alla sconfitta di Expo 2030 e spera nel ministro leghista per i finanziamenti. Ma il costruttore Condotte è in mano a un immobiliarista senza esperienza nelle costruzioni di questo tipo

A Roma, bocciata alla gara dell’Expo 2030, non resta che la cura del ferro. Ma quando il sindaco Roberto Gualtieri nel suo secondo rapporto all’Urbe ha esumato dall’armadio degli atti infrastrutturali mancati la metro D, lo scetticismo capitolino è intervenuto a sedare eventuali entusiasmi. La metro D, come no. Un progettino di ventidue fermate per 20,4 chilometri sull’asse sud-nord da Eur piazza agricoltura a Ojetti (Talenti-Montesacro) con passaggio da piazza Venezia, attualmente ribaltata dai lavori della linea C.

Nel 2006 il sindaco Walter Veltroni si impegnò nero su bianco nel pieno della breve ondata prodiana. Colore scelto, il giallo non ancora collegato allo tsunami M5S. In quel tempo l’opera valeva 3,4 miliardi di euro complessivi fra investimenti pubblici (51 per cento) e privati (49 per cento). Il project financing, come no. Lo stesso schema del Tav, del Mose, del ponte sullo Stretto e di altre belle intenzioni naufragate sull’evidenza che le grandi opere le può finanziare solo lo Stato, e in versione integrale. La D fu poi accantonata dal centrodestra di Gianni Alemanno e rispolverata senza troppa convinzione dalla sindaca grillina Virginia Raggi, per compensare la rinuncia alla candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024.

Oggi, a distanza di diciassette anni dal primo annuncio, Veltroni canta l’epos di Roberto Baggio sul Corriere della sera, Alemanno lancia in orbita movimenti rossobruni e Raggi è costretta a sperare in una candidatura europea per non sparire definitivamente dai radar. Nel frattempo, l’impresa mandante dell’opera, Condotte, è finita in amministrazione straordinaria prima che i suoi appalti principali, pochi mesi fa, fossero rilevati da Valter Mainetti, 76 anni, finanziere e appassionato d’arte che si laureò con Aldo Moro e ha trascorso la miglior parte dell’ultimo lustro a baccagliare con Bankitalia.

Roberto Gualtieri, sindaco di Roma

 

Come con il Ponte, planimetrie e lavori della gialla hanno bisogno di una mano di vernice. Project review è lo slogan lanciato dalla giunta, che vuole aprire il cantiere entro il 2030, quando ci sarà un’altra giunta. A seguire il progetto è l’assessore alla mobilità Eugenio Patanè nel quadro del nuovo Pums, il piano urbano della mobilità sostenibile che prende in considerazione anche le linee tramviarie. Nello specifico della linea D tornerà ad avere un ruolo Roma metropolitane che ha vissuto una lunga vicenda di stipendi in ritardo e riduzioni di organico. Dopo l’estate Gualtieri ha salvato la società comunale dalla liquidazione avviata da Raggi nel 2019. Il sindaco ha molto lodato la collaborazione del governo e del ministro Matteo Salvini.

Ora si stanno rivedendo gli aspetti tecnici dell’opera con Condotte e Pizzarotti. Il piano finanziario prevedeva un canone annuale di 150 milioni di euro per vent’anni a carico del Campidoglio. È una cifra incompatibile con la logica e con lo stato dei conti di Roma che infatti aveva inserito la D nel dossier per Expo 2030 sperando in finanziamenti ad hoc. Anche dopo la vittoria di Riad resterà tutto sulle spalle del contribuente, per una cifra prevista di 4 miliardi di euro di cui 1,5 miliardi per il tratto principale. È una proiezione numerica che appare troppo vicina alla stima del 2006, a maggior ragione dopo la fiammata inflazionistica e senza contare gli imprevisti di un sottosuolo ad altissima densità di reperti archeologici. La linea C in versione completa, partita da una stima di 3,7 miliardi, oggi costerebbe il doppio.

In queste difficoltà si è inserita la famiglia Mainetti che rilevato Condotte e i suoi lavori attraverso Tiberiade holding. La società, come si legge nel bilancio 2022, «ha potuto spendere tutta la propria esperienza e il proprio strategico posizionamento nel panorama imprenditoriale italiano partecipando all’importante trattativa per l’acquisto del “ramo core”». Sullo strategico posizionamento di una società che l’anno scorso ha fatturato 106 mila euro con 3 milioni di debiti lordi ognuno può farsi la sua opinione. Di fatto, Tiberiade fa segnare uno spostamento significativo delle attività di famiglia, che includono il quotidiano il Foglio, Polimnia Res, impresa edile attiva nel mercato del bonus 110 per cento, il fotovoltaico di Noraxis, destinato alle serre da rose, e le rinnovabili di Sorgente Sein, verso Paola Alunni Tullini. La moglie di Mainetti con residenza a Montecarlo controlla l’87 per cento di Tiberiade.

Valter Mainetti

 

L’acquisto di Imprecim, cioè il ramo “core” del gruppo Condotte, dall’amministrazione straordinaria e da una crisi con un passivo superiore a 3 miliardi di euro accertato al tribunale di Roma, è stato finanziato per una cifra di 20 milioni da Banca Progetto, sanzionata lo scorso luglio da Bankitalia per irregolarità minori e controllata da un veicolo lussemburghese di Oaktree capital group, noto ai tifosi interisti per i suoi finanziamenti al club nerazzurro presieduto da Steven Zhang.

La valutazione del portafoglio lavori a quota 7 miliardi, fatta da Mainetti a valle dell’acquisizione di Imprecim-Condotte, potrebbe persino essere approssimata per difetto se tutte le commesse principali, ossia la metro D, il ponte sullo Stretto con il consorzio Eurolink partecipato da Condotte al 15 per cento e la ferrovia algerina, venissero effettivamente realizzate. Per adesso, il cantiere operativo principale è quello della Città della salute nel comprensorio ex Falck di Sesto San Giovanni, a nord di Milano. Qui il consorzio Cisar, di cui Condotte è azionista, ha chiesto 180 milioni in più rispetto all’investimento in preventivo. Ma almeno i cantieri si sono sbloccati. Non è così per altre missioni sorelle della Metro D.

Per la strada a scorrimento veloce Lioni-Grottaminarda in territorio irpino, Condotte è committente insieme al Mise di un’opera da 500 milioni di euro per una trentina di chilometri che si trascina da anni. Il record dei ritardi va al Policlinico di Caserta, partito nel 2003 su committenza della seconda università di Napoli, la Vanvitelli. La nuova gestione di Condotte dichiara che sarà pronto entro il 2024. Ma nonostante l’impegno del presidente della Campania Vincenzo De Luca a coprire con fondi regionali gli extracosti delle materie prime, il cantiere procede a rilento.

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L’esperienza di Mainetti nel ramo delle grandi opere inizia con l’acquisto di Condotte-Imprecim. Per la maggior parte della sua vita, l’imprenditore romano si è occupato di finanza e real estate con una serie di acquisti di prestigio negli Stati Uniti come il Flatiron di New York. I fondi immobiliari soprattutto sono stati il suo pane con Sorgente group che però ha ceduto le attività di Sorgente sgr l’anno scorso dopo una serie di contestazioni da parte di Bankitalia che ne aveva disposto l’amministrazione straordinaria dal dicembre 2018 al gennaio 2022. Da tempo Mainetti sta cercando un socio industriale forte e non è facile in un contesto devastato da due decenni di crisi dove la stessa Webuild, la maggiore impresa italiana, fatica a smaltire i lavori. I rapporti con Francesco Gaetano Caltagirone, che ha impegnato il suo Messaggero contro lo sviluppo del tram e che sta realizzando la metro C insieme a Webuild, sono freddini. La metro D riporterà la pace?