Personaggi
Il ruolo che vide la giovane ministra Meloni esordire (a 31 anni nel 2008) è affidato al capo dello Sport che vuole cambiare il senso del servizio civile, rivedere la fascia anagrafica di competenza, usare il tesoretto lasciato da Draghi per dare prestiti ai ragazzi
di Carlo Tecce
«I giovani». Applausi. «I giovani sono il futuro». Altri applausi. «I giovani sono il presente». Ovazione. «Ci occupiamo prima dei giovani». Svenimenti. La scorpacciata di retorica dei politici prevede il solito rancio di «giovani», magari con tre «g», biascicate, a uso rafforzativo e socialmente (in senso di social) valide. E poi ’sti giovani dove li metti nei governi? Una volta sono consegnati a un sottosegretario, una volta a un ministro con delega singola, una volta a un ministro con delega doppia o addirittura tripla. Questa volta, la volta di Giorgia Meloni presidente, che fu la più giovane ministra e lo fu proprio al ministero per la gioventù a 31 anni, il Dipartimento per le “Politiche Giovanili” è capitato in sorte al ministro Andrea Abodi. Che ha un sacco di cose da fare. La sua mansione principale, che lo assorbe di più, è ministro per lo Sport e la deve combinare, incastrare, miscelare con le politiche giovanili e la valorizzazione degli anniversari nazionali.
A metà febbraio, in audizione in commissione Affari Sociali, a quattro mesi dal giuramento al Quirinale, il ministro Abodi ha ammesso ai deputati lì riuniti che per le Politiche Giovanili e per l’attiguo Sport sarebbe utile avere un ministero con portafoglio e strutturato e non, come si è definito, un «ministro errante» fra uffici separati: «Il Dipartimento per le Politiche Giovanili continuerà ad essere la regia di questo settore, di questa delega, anche se devo dirvi che coltivo l’ambizione che i temi che mi sono stati affidati poi trovino una casa in un ministero che abbia stabilità nel tempo, e non soltanto in una delega di quello che io chiamo, senza mancare di rispetto a me stesso, un ministro errante o in dipartimenti che sembrano dipartimenti di un’altra cosa. Io cerco sempre la coerenza e la capacità di trasmettere il senso sistemico; sport e giovani non si indeboliscono per la mancanza di portafoglio ma certamente si rafforzano nella misura in cui diventano stabilmente ambito di un ministero che possa fare politica di lungo periodo. Ho sempre pensato - l’ho detto a qualcuno di voi negli incontri che abbiamo fatto - che il portafoglio principale è il portafoglio della progettualità, il portafoglio degli obiettivi da raggiungere; quindi di questi tempi forse il portafoglio meno importante, non perché non lo sia ma perché le risorse finanziarie ci sono, è proprio quello finanziario; però se riuscissimo a dare stabilità son convinto che sarebbe molto più produttivo per tutti noi, perché ci darebbe una metodologia nel tempo che consentirà certamente di centrare gli obiettivi».
Il ben contenuto entusiasmo di Abodi fa intuire che le politiche giovanili non siano una facile opportunità, almeno non immediata per gli strumenti a disposizione. I 12 milioni di giovani italiani che rientrano nelle politiche giovanili hanno fra i 18 e i 35 anni e già qui c’è una disparità di vedute, ma siccome non si tratta né di scivoli pensionistici né di incentivi edilizi, nessuno si è tormentato con tale disparità di vedute. Però il ministro Abodi ritiene che 18 sia tardi per cominciare a essere giovani come a 35 sia tardi per finire di esserlo. Non si può essere giovani in Italia in un modo e in Europa in un altro.
Il servizio civile universale è l’attività più ampia, la versione classica, che si è aggiornata con il servizio civile digitale e il servizio civile ambientale. L’ultimo bando ha riguardato 71.000 posti per l’universale, ce n’è uno per il digitale (5.000) che scade il 30 marzo e uno per l’ambiente (1.500) che si aprirà dopo Pasqua. I volontari sono coinvolti in progetti pubblici o privati per un anno e ricevono un compenso mensile di 450 euro per un massimo di 25 ore settimanali. I governi hanno pochi margini di manovra. I fondi stanziati sono pluriennali, per esempio provengono dal piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Per incidere bisogna “interpretare”. Il servizio civile di oggi non è quello di mezzo secolo fa. Non è obiezione di coscienza. E allora cos’è? Per Abodi è anche una attitudine, una vocazione. Come per altre vocazioni, pure la vocazione al servizio civile è in calo. Quasi allarmante. Per 71.000 posti sono arrivate 105.000 domande. È aumentata l’offerta, è diminuita la domanda. Non soltanto nel governo di centrodestra imputano la disaffezione al volontariato anche al reddito di cittadinanza: maggiore retribuzione possibile, nessuna fatica sicura.
Il dipartimento ha lanciato una campagna di comunicazione per incentivare la partecipazione ai bandi. Nel medio o lungo periodo non è sufficiente. Per Abodi è necessario collaborare con il ministero per l’Istruzione e dunque con le scuole e, soprattutto, «certificare le competenze» acquisite col servizio civile. Perciò lo stesso Abodi ha avanzato la proposta di una banca dati, sempre con adesione volontaria, per inquadrare la «cittadinanza attiva» e non disperdere le esperienze.
Il denaro del Pnrr sta per scadere e pure il servizio civile avrà una ulteriore evoluzione. Per il centrodestra è un’occasione storica per un cambio pratico e anche culturale. La presidente Meloni ne è consapevole. «Credo che sia fondamentale non soltanto concentrarsi nello specifico sul tema dei giovani, ma in qualche maniera preoccuparsi - ha spiegato Abodi in commissione - anche di ciò che avviene prima di diventare giovani, per fare in modo che, quando come caratterizzazione della categoria anagrafica si arrivi a quell’appuntamento, ci si arrivi nel modo migliore. Dichiaro fin da ora che uno dei primi alleati di questa mia impostazione sarà il ministro dell’Istruzione, perché sono profondamente convinto (ma non è che sia una mia convinzione, è un dato di fatto) che tutto nasca dalla scuola e prosegua poi eventualmente, per chi lo ritiene opportuno, all’Università. Mi sto rendendo conto, tanto più nel confronto con i colleghi europei, quanto questa semina che avviene nella scuola e in altre realtà educative (la famiglia, lo sport sicuramente) determina poi una predisposizione nel corso della vita ad assumersi delle responsabilità, a mitigare i rischi di patologie sociali oltre che patologie di altra natura».
I soldi non mancano, dice il ministro. Abodi è un politico fortunato. La ripartizione del fondo per le politiche giovanili avviene a giugno. Il governo di Mario Draghi è caduto con la ripartizione firmata ministra Fabiana Dadone ancora fresca di stampa. Quest’anno il fondo è di 86 milioni di euro, di cui il 51 per cento è versato a regioni/province e la restante parte, 42 milioni, è destinato a interventi di rilevanza nazionale. Rimane in capo al ministero. E la ministra Dadone ha lasciato una ampia dote. Circa 30 milioni. Abodi ha a disposizione oltre 70 milioni per i suoi interventi di rilevanza nazionale.
Ci sono due tecniche di spesa nei ministeri: sminuzzare il denaro a disposizione, soddisfare molta gente di ogni tipo, pesare su niente; scegliere due o tre temi e investirci qualcosa di significativo. È ancora presto per individuare traiettorie precise, ma il ministro Abodi fa sapere che vuole spendere il fondo per «accesso al credito», «formazione», «lavoro». L’accesso al credito per i giovani è sempre farraginoso. Per i prestiti e soprattutto per i mutui. I capitali del Dipartimento per le Politiche Giovanili non possono stravolgere equilibri profondi, ma possono dare un segnale di attenzione. Ai fatti l’ardua sentenza.