L’ex presidente Inps, padre del reddito di cittadinanza, sarà capolista M5S alle Europee. Attrae i notabili di Forza Italia, vuole allearsi col Pd. E già si dice che possa soffiare il posto dell’ex premier

Interno giorno, ristorante colorato tra gli eterni nella penombra attorno alla Camera dei deputati: tavolo da quattro, sorprese due. La prima è che Pasquale Tridico, colui che da lontano sembra Giuseppe Conte per l’aspetto azzimato da uomo del Sud e i capelli ravviati, è già in piene trattative da campagna elettorale, per quanto non abbia ancora sciolto ufficialmente la riserva sull’ipotesi candidarsi con M5S alle Europee. La seconda è che l’ex presidente dell’Inps è intento a un confronto con Mario Pepe, forzista della provincia di Salerno, millenario re dei peones azzurri, capo dei Responsabili ai tempi mitologici in cui un voto di fiducia doveva confermare (e confermò) la maggioranza a sostegno di Silvio Berlusconi dopo il divorzio da Gianfranco Fini. Uno insomma in servizio permanente attivo, Pepe, che ora non a caso tifa per il tecnico prestato ai Cinque Stelle: «Stiamo lavorando a sostenere Tridico: è una persona seria, e noi mica possiamo rimetterci ancora una volta ad appoggiare Martusciello, no?», lo si sente sussurrare nei corridoi di Palazzo. Non è Antonio Tajani che parla, ma la novità è considerevole. Del resto i mondi di Forza Italia devono ritrovare una forma dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi, si aggrappano così al nuovo che ri-avanza, là dove una volta era tutta Carfagna: Tridico ha peraltro qualcosa dell’Achille Lauro originale (non il cantante), l’armatore miliardario e politico che fu uno dei modelli del Cavaliere. Dall’altra parte, anche i mondi contiani devono trovare altri spazi, dopo che l’arrivo di Elly Schlein ha spostato a sinistra l’asse del Pd infrangendo qualsiasi sogno dell’ex premier di tratteggiarsi un profilo da Berlinguer.

 

La casella preparata per Tridico è quella più importante del M5S in queste elezioni europee: capolista nella Circoscrizione Sud, piazzato cioè in cima al granaio di voti dei Cinque Stelle, quello che permette al partito di Giuseppe Conte di tenersi in piedi con un certo stile, invece di sprofondare dalle parti di Italia Viva o Azione. Quel Meridione che gli ha consentito alle ultime Politiche di avere oltre il 16 per cento di risultato medio. Come certificano i dati, il M5S nel settembre 2022 è primo partito in Campania, vale il 34,7 per cento nel proporzionale Camera, il doppio di Fratelli d’Italia (17,4) e del Partito Democratico (15,6); in Calabria è il secondo partito con 29,4 per cento; in Puglia è di nuovo il primo con il 28 per cento, in Basilicata arriva al 25 per cento. Per non parlare della Sicilia (che fa parte della circoscrizione Isole) al 28,2 per cento. Numeri che riportiamo perché ricalcano quasi alla perfezione la mappa della classifica italiana dei percettori del reddito di cittadinanza: in Lombardia, Regione che in quella lista arriva undicesima, il M5S ha preso nel 2022 solo il 7,5 per cento, in Piemonte il 10,4, in Emilia-Romagna il 9,9, in Veneto il 5,8 per cento.

 

Voti tradotti in sussidi, sussidi tradotti in voti, secondo una proporzione quasi matematica, piantata a terra grazie alla riforma epocale della stagione contiana al governo. Il Rdc che doveva abolire la povertà, che ha spolpato i conti pubblici (31,5 miliardi di euro) e ha creato una transeunte categoria ontica: quella del Navigator.

 

Finita con Mario Draghi l’epoca del grillismo rivoluzionario, cominciata con Giorgia Meloni l’epoca del grillismo di ragionevole opposizione – quello più attento ad avere il proprio pro-quota di nomine che a lavorare per buttare giù il governo – adesso la rievocazione del Reddito è la leva più potente che si possa immaginare, visto che le Europee sono elezioni nelle quali i Cinque Stelle per tradizione zoppicano e, soprattutto, visto che la regola del limite dei due mandati, rigidamente applicata da Giuseppe Conte per liberarsi di tutta la classe dirigente grillina precedente al suo arrivo, ha finito per azzoppare la possibile corsa di qualsiasi volto noto nel Movimento. Primo fra tutti Roberto Fico, che al momento circola per gli eventi politico-cerimoniali del centrosinistra in Campania come un personaggio in cerca d’autore, anche se a dire la verità sembra assai più a suo agio così di quando era presidente della Camera.

 

Niente di meglio dunque per conquistare voti che Tridico, il padre del reddito di cittadinanza, il gran sacerdote del gruzzoletto per tutti, il santo patrono degli indigenti e dei meno indigenti, dei seicentomila che – secondo i suoi calcoli – continuano anche adesso a prendere il reddito riformato da Giorgia Meloni e ancora di più dei seicentomila che con la nuova legge non ne hanno diritto più. Professore di economia politica, 48 anni, nato in provincia di Cosenza, editorialista del Fatto ma ora anche di Repubblica, un curriculum da dieci pagine e 104 pubblicazioni esclusa l’ultima (“Il lavoro di oggi, la pensione di domani”, presentato in ogni angolo del Sud, da Campobasso a Diamante), nominato presidente dell’Inps nel 2019 da Conte. Sei anni fa, campagna elettorale 2018, figurava come ministro del Lavoro in un futuribile governo Cinque Stelle: poi a Chigi arrivò l’Avvocato del Popolo e quella casella fu, a scalare, per Luigi Di Maio.

 

Il rapporto con Conte è ottimo, tale è rimasto almeno finora: «Queste sarebbero le persone che dovrebbero governare l’Italia se solo fosse un Paese normale», era il commento in calce al canale social “Sostenitori di Giuseppe Conte” per celebrare in estate la presentazione del libro di Tridico, con appunto l’ex premier. A dicembre il capo grillino l’ha nominato coordinatore del Comitato per la formazione e l’aggiornamento di M5S (al suo posto c’era Chiara Appendino: sul sito M5S sotto la foto di Tridico c’è «coordinatrice», forse un omaggio involontario alla parità). Per l’occasione è stato messo su a Napoli un evento al Teatro Troisi, con l’ex ministro Sergio Costa, il senatore Federico  Cafiero de Raho e il solito Fico. Gli incontri si infittiscono: il prossimo è il 27 sull’intelligenza artificiale.

 

Basta del resto guardare le curate pagine social di Tridico per capire la direzione e un insieme di suggestioni che fanno, se non un programma di governo, almeno un progetto di scalata. Dalla difesa a spada tratta del diritto di sciopero generale della Cgil, fino alla tiritera dei rimpianti relativi al Rdc. C’è in particolare un editoriale, il 18 dicembre, che sembra indicare le nuove Cinque Stelle, a partire da un elenco di piazze: «Il 7 ottobre “La via maestra” della difesa della Costituzione, con Cgil e 200 associazioni; il 28 ottobre a Roma e il 10 dicembre ad Assisi le richieste di cessate il fuoco tra Israele e Palestina; il 17 novembre lo sciopero generale di Cgil e Uil contro la legge di bilancio e l’impoverimento del lavoro; il 25 novembre la grandissima piazza delle donne contro violenza e patriarcato. E in occasione della Cop28 sui cambiamenti climatici, gli ambientalisti hanno continuato a chiedere l’uscita dalle energie fossili». Ecco la costellazione è disegnata: Pace, Costituzione, Lavoro, Lotta alla violenza sulle donne, Clima. Sono giusto cinque.

 

È per questa via, sobria e precisa, che Tridico si avvia a un percorso simile a quello che fu di Giuseppe Conte. Anche lui con la pochette, anche lui col capello pettinato. Al punto che qualcuno ha già cominciato a vedere in lui, addirittura, un possibile federatore della sinistra. Un nuovo Conte, un Conte nuovo: sempre che il Conte originale non se n’abbia a male. Non era poi il sogno di Gianroberto Casaleggio, realizzare la replicabilità all’infinito dei leader politici?