La battaglia per una giusta paga non potrà essere discussa fino al 2024. Schlein: «Stanno dicendo che i lavoratori non contano nulla». Fratoianni: «Uno schiaffo in faccia». Conte: «Non vi consentiremo di farlo morire»

Viene dalla Camera il de profundis alla legge sul salario minimo a 9 euro all’ora. Ancora martedì sera, alla domanda "che facciamo?", la segretaria del Pd Elly Schlein rispondeva ai cronisti in Transatlantico: «Aspettiamo, sarebbe gravissimo se il governo, dopo aver lanciato la palla in tribuna per mesi, non avesse ancora una risposta sul salario minimo». Ecco la risposta: il presidente della commissione Lavoro, Walter Rizzetto di Fratelli d’Italia chiede e ottiene il rinvio del testo in commissione «per svolgere un approfondimento in sede referente alla luce del lavoro svolto dal Cnel, che richiede una nuova indagine conoscitiva». Bagarre in aula, protesta il Movimento Cinque Stelle che denuncia l'inammissibilità della richiesta e chiede la convocazione della Giunta del Regolamento. Convocazione respinta, il rinvio «è legittimo» risponde la presidente di turno Anna Ascani.  

 

Rinviato in commissione, nei fatti sepolto per molto tempo. Una volta avviata la sessione di bilancio, ed è questione di giorni, il salario minimo infatti non si potrà più discutere per legge, essendo una legge a spesa. Arrivati al 2024 per la maggioranza non sarà difficile seppellire il testo. La maggioranza allora potrebbe – hanno spiegato alcuni esponenti di centrodestra - presentare un testo alternativo, a firma di Fratelli d’Italia, che ricalcherebbe le conclusioni del Cnel e la linea da sempre portata avanti dalla stessa presidente del Consiglio, ovvero che il salario minimo fissato per legge non è una misura utile ed efficace a combattere il "lavoro povero", bensì la strada da percorrere è quella di un rafforzamento e ampliamento della contrattazione collettiva. Fino all'ultimo la maggioranza ha tentato di evitare di offrire alle opposizioni una 'tribuna' come l'Aula per portare avanti la battaglia sul salario minimo e, soprattutto, non arrivare ad un voto della Camera. Missione compiuta. 

 

L'epilogo di una sepoltura lentissima: prima il tentativo di stop, poi i due mesi voluti dalla maggioranza per permettere al Cnel, investito dalla premier Meloni, di svolgere un approfondimento sul tema poi sfociato in un documento nel quale di fatto si boccia la retribuzione minima oraria imposta per legge. Inermi restano Pd, M5s, Azione, Più Europa e Verdi-Si, che pur sbandierando «più di mezzo milione» di firme raccolte per la petizione a sostegno della proposta altro non possono fare che protestare. La segretaria Pd intervenendo in Aula parla di «Una fuga annunciata. Quello che stiamo votando oggi è un colpo a 3,5 milioni di lavoratori poveri e poverissimi. Il segnale che state lanciando loro è: non contate nulla, le vostre condizioni di lavoro non hanno diritto di essere rappresentate. Questa Italia per voi non esiste». Le tappe di quelle che definisce un "delitto perfetto" le illustra il leader di M5s Giuseppe Conte: «Siamo stati 5 mesi in commissione, con un ciclo di audizioni in cui è stato ascoltato anche il Cnel, ed ora buttate la palla in tribuna sfruttando il Cnel, sfruttando il rimpallo tra Cnel e voi, per compiere il delitto perfetto, per arrivare al rinvio in commissione, vale a dire rinviarla in commissione e farla morire lì. Ma non ve lo consentiremo».

 

«In Italia c'è una gigantesca questione salariale che riguarda tutti e va posta» dice rivolto alla maggioranza, Nicola Fratoianni di Ava: «Il salario minimo è una questione di dignità che deve spingere in alto tutti i salari contro l'aumento dei prezzi. Ai lavoratori, scappando per l'ennesima volta, date uno schiaffo in faccia». Sui social il leader di Azione Carlo Calenda scrive: «La maggioranza sta facendo un errore drammatico per la vita di tanti italiani che lavorano e faticano. Abbiamo dato disponibilità a cancellare il fondo per il sostegno delle imprese e dunque portare la misura ad avere impatto zero sulle finanze pubbliche. Neppure a queste condizioni Meloni ha dato ok. Atteggiamento sbagliato, ingiusto e miope». Sprezzante con un riferimento e neanche tanto velato all'ex segretario del Partito Democratico Matteo Renzi, chiude la partita Rizzetto: «Se le opposizioni sono tanto impaurite e preoccupate dal Cnel, organo Costituzionale, possono sempre cercare di indire un referendum per abolirlo ed abbandonare la politica se mai lo perdessero».

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