Referendum: si potrà votare fuori sede, ma bisogna fare domanda entro il 4 maggio. Ecco come

Per i cinque quesiti in materia di lavoro e cittadinanza si voterà l'8 e il 9 giugno. Potranno esprimere le loro preferenze anche i cittadini residenti all'estero, ma non iscritti all'Aire

Per la prima volta in Italia si potrà votare in un Comune diverso da quello di residenza. Precedentemente, questa opzione era stata garantita - sempre in via sperimentale - soltanto agli studenti. La tornata in questione è quella dei referendum abrogativi di domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025, in cui i cittadini sono chiamati a esprimersi su 5 quesiti in materia di lavoro e cittadinanza.

Il precedente

Era già successo per le elezioni del Parlamento europeo, che si sono tenute lo scorso anno nelle stesse date - l’8 e il 9 giugno del 2024 -, ma con delle differenze. In quel caso, la possibilità di votare fuori sede era stata riservata soltanto agli studenti. Adesso, invece, a poter accedere a questa modalità sono anche gli elettori che per motivo di lavoro o cure mediche si trovano in una provincia diversa da quella di residenza da almeno 3 mesi. Lo prevede l'articolo 2 del decreto-legge n.27/2025, che disciplina le modalità in via sperimentale. I seggi saranno aperti dalle 7 alle 23 il primo giorno e dalle 7 alle 15 il secondo.

Come si vota da "fuori sede"

Per poter esercitare il diritto di voto lì dove hanno il domicilio temporaneo, gli elettori fuori sede devono presentare domanda al Comune in cui intendono recarsi alle urne. Termine ultimo per l'inoltro della richiesta è il 4 maggio, che deve essere consegnata di persona oppure tramite un delegato presso gli uffici comunali. Alcuni Comuni consentiranno anche l'invio della domanda tramite via telematica. Per farlo, bisogna utilizzare il modulo disponibile sul sito del ministero dell'Interno, allegando la copia di un documento di riconoscimento in corso di validità e della propria tessera elettorale, oltre che un documento che attesti le motivazioni per le quali ci si trova in quella città. Chi ha presentato la domanda e dovesse cambiare idea, può comunque farlo fino al 14 maggio. Entro 5 giorni prima del referendum, il Comune di domicilio a cui è stata inoltrata richiesta provvederà a comunicare l’indirizzo della sezione elettorale, dove ci si dovrà recare con documento, tessera elettorale e attestazione di ammissione al voto. Nella domanda si può anche manifestare la disponibilità a essere nominato presidente o componente di sezione elettorale speciale per il voto fuori sede nel comune di temporaneo domicilio.

Come si vota dall'estero

Possono votare anche i cittadini residenti all'estero iscritti all’Aire, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero che risiedono fuori dall’Italia per più di 12 mesi. Gli elettori iscritti al registro riceveranno direttamente al proprio indirizzo di residenza nel paese estero il plico elettorale (per controllare che l’indirizzo sia corretto o per aggiornarlo, si dovrà accedere al sito dei servizi consolari). Nel plico ci sono cinque schede, una per referendum, due buste e una busta preaffrancata per la restituzione. Possono godere dello stesso diritto anche gli italiani fuori dal Paese per almeno 3 mesi e non iscritti all'Aire, esclusivamente per motivi di lavoro, studio o cure mediche, nonché i familiari che vivono con loro, ma la procedura da seguire è meno immediata. In questi casi, bisognerà inviare la domanda per poter esprimere le proprie preferenze dall’estero al Comune italiano di residenza entro il 7 maggio, inoltrandola via mail o per posta o presentando di persona una richiesta scritta. In allegato, bisognerà consegnare una dichiarazione che confermi i requisiti, la copia di un documento di identità in corso di validità e comunicare l’indirizzo estero completo tramite apposita dichiarazione e l’ufficio consolare di riferimento. Gli elettori all’estero voteranno per corrispondenza, in anticipo. I plichi verranno spediti all’indirizzo di residenza entro il 21 maggio (se non si riceve il plico elettorale entro il 25 maggio, bisogna contattare il proprio ufficio consolare per ottenere un duplicato). Il voto sarà valido solo se il Consolato riceverà il plico entro e non oltre le ore 16 del 5 giugno. Se si è iscritti all’Aire, ma l’8 e il 9 giugno si prevede di essere in Italia, si può votare ugualmente, a patto di comunicarlo al Consolato entro il 10 aprile.

I quesiti referendari

Per essere validi, i referendum abrogativi devono superare il cosiddetto quorum di votanti, ovvero il 50% più uno del corpo elettorale. I quesiti referendari su cui gli aventi diritto sono chiamati a esprimersi sono cinque. Di questi, quattro riguardano le regole relative al lavoro (licenziamenti illegittimi, cancellazione del tetto delle indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese, eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine e intervento in materia di salute e sicurezza sul lavoro), mentre il quinto interviene sulla norma sulla cittadinanza, dimezzando il tempo necessario per ottenere il passaporto italiano. Il voto si esprime tracciando un segno: sul Sì se favorevoli al quesito, sul No se contrari. Se il referendum è abrogativo, infatti, la vittoria del Sì abroga, ovvero cancella del tutto o in parte la legge in questione. In caso contrario, con la vittoria del No, la norma rimane invariata.

Quesito n.1 

“Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante 'Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183' nella sua interezza?”.

 

Il quesito vuole abrograre la disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti previsto dal Jobs Act: nelle imprese che hanno più di 15 dipendenti, i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono vedere il proprio posto di lavoro reintegrato dopo un licenziamento illegittimo, anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. 

 

Quesito n.2

“Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro”?”.

 

L’obiettivo è cancellare il tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese: in quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo, oggi un lavoratore può al massimo ottenere sei mensilità di risarcimento, anche qualora un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Scopo del referendum è innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato, permettendo così che sia il giudice a determinare il giusto risarcimento (senza alcun limite).

 

Quesito n.3

“Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?”.

 

Il terzo quesito sul lavoro punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine, che ad oggi possono essere instaurati fino a 12 mesi senza obbligo di causali che giustifichi il lavoro temporaneo. Se approvato, si otterrà la riespansione dell'obbligo della causale giustificativa anche per i contratti (e i rapporti) di lavoro di durata inferiore ai 12 mesi e all'esclusione del potere delle parti di individuare giustificazioni per la stipula (o proroga oppure rinnovo) di tali contratti. 

 

Quesito n.4 

“Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici?”.

 

Questo quesito vuole intervenire in materia di sicurezza sul lavoro. La norma vigente impedisce, in caso di infortunio negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante, stabilendo la responsabilità solidale dell'imprenditore committente con l'appaltatore e con ciascuno dei subappaltatori “per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema)”. In caso di esito favorevole del referendum, verrà estesa la responsabilità anche all'imprenditore committente, che quindi dovrebbe risarcire i danni subiti dal lavoratore anche se derivanti da rischi specifici dell’appaltatore o subappaltatore.

 

Quesito n.5

“Volete voi abrogare l'articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza?”.

 

L'obiettivo del quinto quesito non riguarda il lavoro, ma le regole di cittadinanza: la proposta è quella di dimezzare da dieci a cinque anni, per tutti gli stranieri maggiorenni, il periodo di residenza legale nel nostro Paese necessario a chiedere la concessione del passaporto italiano. Diritto che si estenderebbe automaticamente anche ai figli minorenni dei richiedenti. Con la vittoria di questo referendum, verrebbe ripristinato un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992, quando è stata introdotta la legge 91 del 1992 con cui è stato innalzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia utile per la presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni (art.9).

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