L’incontro a San Pietro con Volodymyr Zelensky, secondo Donald Trump, “è andato bene”. Ed è già un primo passo rispetto al faccia a faccia (o meglio, all’agguato a favor di telecamere) di marzo nello Studio Ovale, quando sembrava che i rapporti tra i due fossero irreversibilmente deteriorati. Qualcuno l’ha chiamata la “diplomazia funebre di Roma” (parola del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier), secondo altri è un “miracolo di papa Francesco”. Fatto sta che il presidente americano e quello ucraino sono tornati a parlarsi, all’interno della basilica di San Pietro, e le posizioni sembrano riavvicinarsi. Zelensky ora “è più calmo, vuole un accordo, e credo sia pronto a cedere la Crimea”, ha detto Trump ieri pomeriggio (sera in Italia) lasciando il suo resort in New Jersey per tornare alla Casa Bianca. Lo status della penisola occupata da Mosca nel 2014, com’è noto, è il punto più spinoso delle trattative (Washington la vorrebbe riconoscere, de iure e de facto, alla Russia; il “no” di Kiev ha fatto sì che negli scorsi giorni il segretario di Stato americano, Marco Rubio, annullasse il suo viaggio a Londra dove avrebbe dovuto incontrare, oltre al suo omologo ucraino, anche i ministri degli Esteri di Regno Unito, Francia e Germania).
La "settimana decisiva"?
Ora c’è da capire quanto questo colloquio storico, per il luogo più che per i contenuti, possa essere davvero un nuovo punto di svolta nella guerra in Ucraina. Trump da qualche giorno si dice “molto deluso” da Putin, che continua a “bombardare i civili” e, per la prima volta, il tycoon s’interroga sulla possibilità che il leader del Cremlino lo stia “prendendo in giro” e che quindi, forse, dovrà essere “affrontato in maniera diversa”. In questo contesto si entra in quella he secondo Rubio sarà “una settimana davvero decisiva”. Cercheremo di stabilire, ha sottolineato in un’intervista alla Nbc il capo della diplomazia statunitense, “se le due parti desiderano veramente la pace e quanto sono ancora vicine o lontane, dopo 90 giorni di mediazioni. Penso che siamo vicini, ma non abbastanza. È giusto essere ottimismi ma - ha aggiunto - serve anche realismo. È una questione complicata. Ma al momento l’unico leader che può mettere insieme le due parti è Donald Trump.
Lavrov: "Imperativo riconoscimento territori occupati"
Intanto il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha avuto una conversazione telefonica con Rubio, durante il quale hanno sottolineato "l'importanza di consolidare i presupposti che stanno emergendo per avviare i negoziati" sull'Ucraina, "con l'obiettivo di concordare un percorso affidabile verso una pace sostenibile a lungo termine". D'altra parte Lavrov, in un'intervista rilasciata al quotidiano brasiliano O Globo, ha attaccato ancora l'Ucraina: "Restiamo aperti ai negoziati, ma la palla non è nel nostro campo. Finora - ha sottolineato il capo della diplomazia russo - Kiev non ha dimostrato la sua capacità di negoziare". Concetto ribadito dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, secondo cui Putin "ha ripetutamente confermato la disponibilità della parte russa ad avviare negoziati con l'Ucraina senza precondizioni, al fine di avviare il processo sulla strada della pace". Lavrov ha anche aggiunto che Mosca considera "imperativo" il riconoscimento del "possesso russo della Crimea, di Sebastopoli, della repubblica di Donetsk, della regione di Lugansk, delle regioni di Kherson e di Zaporizhzhia".
Putin ringrazia i soldati nordcoreani
Nell’attesa che la diplomazia muova i suoi prossimi passi, non si fermano gli scontri militari. Mosca afferma che di aver abbattuto stanotte 115 droni ucraini sul territorio russo e che un civile è rimasto ucciso in uno degli attacchi effettuati dai velivoli senza pilota delle forze di Kiev, quello sulla città occidentale di Bryansk. Nel weekend la Russia ha annunciato di aver liberato la regione di Kursk, occupata dall’esercito di Kiev la scorsa estate. E, per la prima volta, ha ammesso la partecipazione di militari nordcoreani, che Vladimir Putin ha pubblicamente ringraziato: "Il popolo russo non dimenticherà mai l'impresa delle forze speciali coreane, onoreremo sempre gli eroi coreani che hanno dato la vita per la Russia, per la nostra comune libertà, al pari dei loro compagni d'armi russi. Gli amici coreani - ha aggiunto Putin - hanno agito in base a un senso di solidarietà, giustizia e genuina amicizia. Lo apprezziamo molto e ringraziamo con sincerità il presidente Kim Jong-un personalmente".