Lo sbarco in Salento è rinviato a data da destinarsi, Radio Padania Libera dovrà cercarsi un'altra frequenza. Trasmettere su quella che l'emittente del Carroccio aveva occupato il 17 dicembre dagli impianti di Alessano nel leccese, ha infatti verificato il Ministero dello Sviluppo economico, interferisce con Radio Nice (all'inglese), fifty-fifty musica italiana e internazionale, una delle cinque, più due tv ancora in analogico e altre tre sul digitale terrestre, dell'editore salentino Paolo Pagliaro. Per un beffardo contrappasso, l'incursione al Sud ha fruttato ai leghisti l'accusa di essere dei garibaldini in camicia verde: "150 anni fa occuparono la nostra terra, con fucilazioni, stupri, saccheggi di banche e opere d'arte. Oggi, con la stessa logica da conquistatori, vengono a scipparci pure le frequenze?", attacca Pagliaro, editore sì, ma anche capofila della battaglia per la secessione del Salento dalla Puglia e alfiere del federalismo fiscale: che per protesta contro l'invasione padana dell'etere e "la colata di insulti a meridionali, extracomunitari, rom e omosessuali", manda in onda due volte al dì l'inno di Mameli.
Ma a Radio Padania chi gliel'ha fatto fare di andare a rompere le scatole in una zona in cui la Lega non presenta liste e difficilmente racimolerebbe voti? "Si sbaglia: abbiamo ricevuto di lì varie telefonate di gente d'accordo con noi, e nel leccese c'è un gruppo di imprenditori molto disponibili verso la Lega: se non escono allo scoperto è perché quella, capirà, non è una terra facile", risponde Cesare Bossetti, amministratore unico di Radio Padania. Non sarebbe neppure il primo avamposto al Sud. "A Palermo arriviamo in tutta la città: ci sono voluti due anni per ricevere la prima telefonata in diretta, ma ora succede quasi ogni giorno. Ci ascoltano a Lampedusa, dove vicesindaco era la leghista Angela Maraventano, ora senatrice. E copriamo l'intera Sardegna, dove alle ultime elezioni abbiamo avuto il 2 e rotti per cento. Certo, è tutta questione di costo delle frequenze...".
Bossetti è Radio Padania. Vent'anni fa, il 17 settembre, gli telefona Bobo Maroni: "Abbiamo comprato una radio, dobbiamo farla funzionare in fretta", gli dice: "Chiedi a un installatore, io ho un'officina meccanica, e neanche l'autoradio", gli risponde il Cesare. "Non hai capito, è Radio Varese. Hai tre giorni e tre notti per preparare la documentazione da portare al ministero". Bossetti trova nella legge il modo di accedere alle agevolazioni come radio "comunitaria nazionale", qual era allora solo Radio Maria.
La Lega cambia sede, e anche Radio Padania Libera si sposta in via Bellerio, all'inizio quattro angusti locali nel seminterrato, ora un paio in più, ai muri gli storici manifesti del Carroccio come quello "tornare padroni in casa nostra", con cinese, albanese, nero e islamico che scansano via l'anziano pensionato padano. Ci lavorano fissi in dieci, in quei locali: 4 giornalisti, 3 tecnici, 3 registi, e Bossetti ora alle prese col sistema Mux di veicolazione del segnale sul digitale in accordo con Rtl e "in attesa di offerte" per il digitale tv. Più una cinquantina di collaboratori: gratis, di varie associazioni padane, perché "facciamo pochissima pubblicità.
Il costo di un milione e mezzo di euro l'anno è coperto per un milione dal finanziamento statale, il resto metà da spot e metà da sovvenzioni degli ascoltatori", spiega mostrando pacchi di bollettini postali dai 20 euro in su, 3 mila l'anno, più 1.500 paypal via Internet. Per produrre un flusso ininterrotto dalle 6 di mattina a mezzanotte e repliche notturne, 400 telefonate in diretta al giorno, rassegna stampa, "Onda libera" di Giulio Cainarca con l'ospite fino a mezzodì, i notiziari di Giuliana Bortolozzo (moglie di Bossetti, ma non è nepotismo, galeotta fu la radio), l'attualità di Roberto Ortelli, che finì sul "Times" perché ai Mondiali tifava Paraguay contro l'Italia: e sei ore di musica, ma solo come amalgama tra un parlare e l'altro. Audiradio dà una fidelizzazione, cioè il rimanere sintonizzati almeno due ore di fila, seconda solo a RadioUno, e 100 mila ascoltatori in dieci province, altrettanti stimati nelle altre 35 dove arriva.
Ma a Milano è coperto solo il centro: "Dove vuole che li troviamo 3 milioni di euro per comprare un'altra frequenza libera?".
Con sei-sette ore al giorno di microfoni aperti è naturale esca di tutto, dai meridionali imbroglioni dei call center agli extraterrestri di Mario Borghezio alla Padania sognata come un villaggio dei Puffi: il blogger Daniele Sensi si è preso la briga di registrare e schedare le perle. "Il gioco vale la candela: abbiamo scelto di essere aperti, in diretta, senza filtri, salvo l'input ai conduttori di tagliare al primo insulto o bestemmia", risponde Matteo Salvini, eurodeputato, consigliere al Comune di Milano, direttore dei programmi di Radio Padania, dove tiene un filo diretto un paio di volte la settimana: "Poi qualcosa scappa, anche a me, sa, dopo due ore che sei in onda...".
Sfogo dei militanti e strumento di compattamento della base, la radio? "Guardi che l'altro giorno c'era da noi Travaglio, e son passati D'Alema, Di Pietro, Bertinotti, Vendola. Abbiamo fatto co-conduzioni in diretta con Radio Popolare e lo rifarei con altre radio senza filtri quali 24 e Radicale". Il diavolo e l'acqua santa. Ma, misteri dell'audience, esiste una fascia a cavallo tra Lega Nord e sinistra che ascolta indifferentemente le invettive padane e quelle da centro sociale. "Ben venga Salvini, gli daremo volentieri spazio", chiude il salentino Pagliaro di RadioRama-RadioNice. E così la guerra del Salento finì a tarallucci e vino.