Quando Salvini cerca attenzione

Il ministro condivide il post su Riace di un condannato per ’ndrangheta. Perché è un sistema come un altro per mietere “like”

Non credo nel “solo chi fa sbaglia” perché dobbiamo raggiungere un livello di responsabilizzazione collettiva e di responsabilità individuale tali da ridurre al minimo le cadute, e questo vale soprattutto per chi gode di visibilità. «Solo chi fa sbaglia», così Salvini si giustifica per il video che ha diffuso sui suoi canali social, un video in cui un condannato per ’ndrangheta critica Mimmo Lucano e il modello Riace. E allora mi domando cosa significhi “fare”. Si può sempre definire “fare” un post sui social? Si può definire “fare” condividere senza alcuna verifica un video prodotto da altri? Un post può essere definito “fare” quando è il frutto di un lavoro accurato di ricerca e verifica dei contenuti.

Se un post sui social media diffonde un contenuto che distorce o falsifica la realtà, se riporta informazioni sbagliate, se presenta il prestanome di un boss come un povero signore truffato da Mimmo Lucano, non è “fare” ma, semmai, è “fare male”, molto male. Immagino che abbiate ben chiara la distinzione che esiste tra il fare, il lavorare e il postare contenuti altrui sui social media senza nemmeno aver verificato che veicolino messaggi esatti. Se avete chiara la differenza, possiamo stabilire che una comunicazione social di questo tipo non è fare, ma “strafare”. E così la saggezza popolare del Ministro della Mala Vita potrebbe diventare: “solo chi strafà sbaglia”. Ma se lo strafare spesso copre l’assenza del fare, a volte copre anche il fare male o l’aver fatto male. E così una polemica potenzialmente dannosa diventa una benedizione se serve a tacitare altro. Ma a dire il vero l’impressione, che diventa consapevolezza, è che la comunicazione social negativa, godendo di un canale privilegiato, sia diventata consapevolmente l’unica opzione per chi voglia mietere click.

E qui veniamo al tema: molti mi dicono che il problema del nostro tempo (in generale), del nostro Paese e della nostra politica (in particolare) sono i new media. Potrei astrattamente trovarmi d’accordo se non fosse che i media che oggi consideriamo tradizionali sono stati essi stessi un tempo new media e sono serviti tanto al potere per propagare le proprie idee - talvolta nefaste - quanto a chi faceva opposizione per diffondere idee contrarie. Oggi è l’interazione immediata con la notizia, con la dichiarazione o la presa di posizione a farci ritenere che una comunicazione sia più efficace di un’altra. Per fare un esempio: se scrivo un post in cui dico di non credere in Dio, chi è d’accordo con me metterà “mi piace”, chi non lo è lascerà un commento. E il commento sarà più spesso insultante perché avrò affrontato un argomento sensibile e non essendoci fisicità nel dibattito è facile per l’insulto non trovare argini.

Jaron Lanier in “Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social” scrive: «Le persone normali vengono riunite in un contesto in cui la principale - e spesso unica - ricompensa è l’attenzione. Non potendo ricavare altro, l’utente comune tende a diventare uno stronzo, perché più sei stronzo, più attenzione ti viene data». Ho la prova tangibile di questo: quando pubblico un post, la risposta più volgare e becera è quella che ha più interazioni. Per intenderci, il “vaffanculo” in risposta a un mio qualsiasi post, ottiene a sua volta centinaia di commenti.
Allo stesso modo, un contenuto che veicoli odio, rabbia, rancore è matematicamente un contenuto più virale rispetto a uno che ti dica: oggi nessuno ti vuole fregare, goditi la giornata.

Nelle elezioni brasiliane Jair Bolsonaro ha condotto la sua campagna elettorale principalmente su WhatsApp, dove in centinaia di gruppi si condividevano contenuti che distorcevano la realtà a suo vantaggio o a svantaggio degli oppositori, in un paese dove si stima che più della metà della popolazione si informa prevalentemente su WhatsApp.

Da qui lo sconforto di alcuni e la constatazione che invece una strada per buttare a terra questo muro di cinico calcolo e disinformazione esiste. Lo hanno dimostrato le elezioni in Baviera e i risultati ottenuti dai Verdi che, raggiungendo il 19 per cento, il doppio rispetto alle elezione del 2013, hanno dimostrato che avere un programma premia, che non assecondare le destre in materia di immigrazione premia, che non giovare con le paure degli elettori premia, perché le persone, anche se dai social potrebbe sembrare vero il contrario, sono stanche di avere nemici, possibilmente neri e poveri.

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