Ricordate cosa era accaduto lo scorso maggio alla professoressa Rosa Maria Dell’Aria, la prof di italiano dell’istituto industriale Vittorio Emanuele III di Palermo? Ricordate che lo scorso 11 maggio fu sospesa dall’ufficio scolastico provinciale per due settimane - con conseguente dimezzamento dello stipendio - perché i suoi studenti “osarono” esprimere un giudizio sui decreti sicurezza varati dal precedente governo? Lo sapete che la vicenda non si è ancora definitivamente conclusa?
Lo sapete che la professoressa Rosa Maria Dell’Aria ha ancora lo stipendio decurtato per non aver «vigilato» - questo l’assurdo e censorio assunto - sul lavoro che alcuni suoi studenti hanno presentato in occasione della Giornata della Memoria? Sapete perché la professoressa è stata punita? Perché i suoi studenti hanno espresso un’opinione. Esatto, avete capito bene: perché i suoi studenti hanno ritenuto di voler dire che i decreti sicurezza, secondo loro, violavano i diritti umani.
Per questo motivo la professoressa Rosa Maria Dell’Aria è stata sospesa per due settimane e da maggio ha lo stipendio decurtato senza che nessun rappresentante dell’attuale governo si sia sentito in dovere di prendere una iniziativa urgente su una vicenda ingiusta, assurda e diseducativa. La professoressa, raggiunta dai microfoni di Radio Radicale, unica emittente che continua a occuparsene, mette in secondo piano la questione che riguarda il suo stipendio e dice: «Il lavoro che i ragazzi avevano fatto era una riflessione sui diritti umani; la volontà non era di paragonare le leggi marziali ai decreti sicurezza, ma dire che a loro avviso, nei decreti sicurezza c’erano delle norme che violavano i diritti umani». La professoressa continua esprimendo concetti che io non credevo fosse necessario, alle soglie del 2020, dover ribadire. Afferma, cioè, che il dovere dell’insegnante è quello di stimolare lo spirito critico degli studenti, spingerli a informarsi, fare in modo che non abbiano paura di esprimere le loro opinioni per poterne discutere tutti insieme, per approfondire e, magari, cambiare anche idea. Il perimetro è il rispetto dell’altro, l’assenza di violenza verbale, ma non è possibile far passare il messaggio che esprimere le proprie opinioni sia pericoloso per sé e per qualcun altro.
E se non sono cessati gli effetti giuridici ed economici della sospensione, quello che preoccupa di più la professoressa Dell’Aria è il clima di tensione e di timore che si è generato negli altri professori, negli studenti e nelle loro famiglie. La professoressa racconta a Massimiliano Coccia che ora riceve spesso dai suoi studenti domande come «questo possiamo dirlo o no?» e anche «Possiamo parlare di argomenti di attualità o meglio non portare i giornali in classe?». Ecco, questo è il fallimento più clamoroso della scuola, quando smette di essere un luogo di libertà di espressione e diventa un luogo in cui dover passare del tempo in attesa di essere liberi fuori, liberi altrove. Ecco, questo è tutto il contrario dell’apprendimento, del confronto, della crescita. E se molti professori, dice Rosa Maria Dell’Aria, continuano, nonostante ciò che è accaduto a lei, a fare il proprio lavoro come prima, ci sono genitori e studenti che si pongono una legittima domanda: ma scrivere in un esame di Stato qualcosa che vada al di là del programma che si è svolto in classe, può portare a conseguenze negative?
Sullo sfondo due iniziative a cui ho sentito di dover aderire. La prima è stata promossa da Radicali Italiani e lanciata lo scorso 10 dicembre in occasione della giornata mondiale per i diritti umani, per chiedere al Presidente Mattarella di ricordare, durante il suo messaggio di fine anno, che le modifiche da apportare ai due decreti sicurezza del precedente governo, vengano effettivamente rese esecutive. La seconda riguarda la Ong italiana Mediterranea Saving Humans che attualmente ha le sue imbarcazioni sequestrate e quindi ferme, impossibilitate a effettuare salvataggi in mare. La nave Mare Jonio e il veliero Alex sono in banchina, mentre il mare è privo di testimoni e di soccorsi. Navi ferme significa più morti in mare, non meno partenze. Dopo “il governo del cambiamento” c’è “il governo dell’attesa”. E nell’attesa ci sono professoresse che hanno da mesi lo stipendio decurtato, studenti che hanno paura di esprimere le proprie opinioni, migranti che muoiono in mare non visti e diritti violati. Nell’attesa, Buon Natale a tutti.