È l'inizio di una guerra? Un attacco informatico? Un incidente? Mentre la Penisola iberica si interroga sul colossale stop di energia elettrica, vale la pena rileggere il romanzo "Il silenzio". Per ritrovare le stesse paure, le stesse emozioni. E una mappa per orientarci

«È tutta la vita che aspetto questo, e non lo sapevo». Silenzio, riferiscono le cronache dalla Spagna e dal Portogallo sull'incredibile blackout che ha avvolto per quasi 24 ore i due Paesi. Nessuno squillo del telefono, nessuna tv accesa, e migliaia, milioni di facce attonite alla ricerca di appigli di fiducia per superare l'inaspettato. 

Perché alla sospensione di energia elettrica non segue il buio, ma "Il silenzio": come scriveva con abbacinante luminosità Don DeLillo in un romanzo del 2020 (pubblicato da Einaudi, tradotto da Federica Aceto), immaginando una Manhattan in cui la tecnologia ammutolisce di colpo: Internet tace, i tweet, i post, i messaggi spariscono. Gli schermi diventano neri. I sistemi di riconoscimento facciale vanno in tilt. Le luci si spengono ovunque.

E il tanto atteso Super Bowl, intorno al quale si sono riuniti in un elegante appartamento un gruppo di colti protagonisti, in attesa di una coppia di amici ancora in volo? Di fronte a quel buco nero sorprendente, quella piega nella quotidianità che è come un'intercapedine spazio-temporale, al disorientamento segue una metamorfosi che trasforma lentamente innanzi tutto il linguaggio -sempre più spezzato, sincopato. Poi fa emergere dilemmi sommersi. E racconti: «La donna raccontò del primo matrimonio, del suo primo cellulare, del primo divorzio, del primo viaggio, del primo fidanzato francese, delle prime sommosse di strada».

 

L'imprevedibile che avanza, e spazza via di colpo le nostre certezze - come il Covid ha fatto - denudando la nostra cieca dipendenza dalla tecnologia, è un faccia a faccia potente con la nostra capacità di sopravvivere: di ritrovare il senso fisico delle cose. Una frenata che spalanca gli occhi. «In altri tempi, c'era sempre qualcuno con lo sguardo perso nel proprio cellulare, di mattina, a mezzogiorno, di sera, in mezzo al marciapiede, incurante degli altri che gli passavano velocemente accanto, completamente immerso, ipnotizzato, consumato dagli apparecchi, con gli altri che quasi gli andavano incontro per poi schivarlo all'ultimo momento; e adesso questi tossicodipendenti digitali non possono fare niente, i cellulari sono fuori uso, ogni cosa è fuori uso, completamente totalmente fuori uso».

Sembra che tutti i giornali spagnoli abbiano pubblicato prontuari per affrontare il blackout totale, invitando le persone a mantenere la calma e ad affrontare la disconnessione con razionalità. 

Don DeLillo aveva già previsto tutto in questo romanzo da appena cento pagine: invito a tacere. E, nel silenzio, a ripartire dalle cose fisiche più semplici: toccare, mordere, masticare, camminare, «il corpo alla fine fa di testa sua». Ripartire da un libro, magari. E nel conto alla rovescia verso il ritorno alla normalità, riconoscere per un attimo un lampo di verità:  «È tutta la vita che aspetto questo, e non lo sapevo».

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