I sospetti Usa sui visti a Malta: “Punto di transito o nascondiglio per i terroristi”

Con Daesh alle porte e il rischio attentati che attanaglia l’Europa, l'isola accoglie i cittadini del suo storico partner commerciale, la Libia, tra i sospetti e le ipotesi sul suo essere una possibile base di transito di jihadisti

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"Il problema sono le divisioni fra tribù. Le cui milizie spesso finiscono per curare i propri interessi e non quelli di chi le ha armate. Gheddafi le usava per proteggersi e alimentava la corruzione. Una parte dei rivoluzionari ha perso di vista lo scopo della rivoluzione e ha fatto quello che ha fatto lui, cadere nella trappola del potere”.

Hasim è seduto al Mc Donald di Spinola Bay, malinconico per la Libia della “rivoluzione a metà”. Tripolino di 22 anni, è uno degli studenti dei programmi di studio che il suo paese aveva stretto con mezza Europa, e che catturano le occhiatacce dei maltesi: non va a scuola, non lavora, una lunga cicatrice gli spacca il collo in orizzontale. E anche perché i suoi connazionali sono ora al centro di indagini e polemiche per facilità con cui l’ambasciata a Tripoli dal 2011 ha concesso 74.958 “travel visa" su 91.331 richieste.

I fatti di Parigi hanno rinverdito il forte senso identitario dei 430.000 maltesi verso lo “straniero”. Anche se questi è il primo ministro del governo ufficiale di Tobruk Abdullah Al Thani, a Malta a inizio dicembre per presiedere il tavolo della Libyan Investment Authority e celebrare il futuro degli accordi economici con l’isola.

Il carico da 90 ce lo ha messo la commissione Ue alla quale alcuni eurodeputati hanno chiesto chiarimenti anche per i 7.000 visti concessi dal consolato ad Algeri, dalla sua apertura a marzo 2014 fino a questo autunno, concessi per studiare inglese a chi è transitato solo in aeroporto diretto altrove.

E il Dipartimento di Stato americano, che ha diramato un’allerta speciale indicando Malta come plausibile "punto di transito o nascondiglio per terroristi”. Il più piccolo paese Ue ha escluso radicalizzazioni e allarmi, ma dopo aver sospeso Schengen per il Vertice Ue - Africa ha individuato due somali sospettati di aver fornito passaporti e logistica a 4 siriani arrestati in Italia e ad altre 400 persone.

La Procura di Brescia, dopo i fermi di 7 persone tutte dirette a Malta con documenti falsi, ne processerà una sospettata di terrorismo e sta indagando sull’ipotesi che un hub nel Mediterraneo esita davvero.

Un solo barcone a gennaio, 104 “illegali" in tutto il 2015 grazie alla quota di distribuzione dei richiedenti asilo stabilita dall’Ue per un paese così piccolo, e ad un “accordo informale” con l’Italia che si è offerta di accogliere tutti i migranti salvati in mare. Vuote le prigioni per chi arriva senza documenti, solo 651 i migranti negli Open Center, i centri di accoglienza.

Ma Malta - dove il ricavato dell’ultima vendita della cittadinanza a 74 “ricchi” vale l’1% del Pil, crescita economica nel secondo trimestre a un tasso annuo del 5%, 12% di forza lavoro straniera e terza disoccupazione più bassa dell’Ue - è ancora al centro delle rotte migratorie.

Si arriva con aereo e visto turistico. Russi e serbi al posto dei sub-sahariani. Lo sanno i siriani (che spesso sono turchi e iracheni) dei voli da Istanbul, che poi si stabiliscono ad Hamrun e lavorano nell’edilizia, e quelli che pare abbiano viaggiato con piccole barche rubate in Grecia per attraccare di notte al molo dell’hotel Jerba in rovina.

Lo sanno i somali, che vanno e vengono ed ambiscono ad entrare nel programma maltese di relocation negli Stati Uniti, e si propongono come interpreti. Ma soprattutto lo sanno i libici, che volano a La Valletta dall’Egitto e dalla Tunisia, in fuga dall’anarchia e con Daesh in casa.

Contano su un vecchio amico affine per lingua e cultura, partner nel club Schengen e per di più discreto, pacifico, pronto ad attrarre investimenti. 6.000 i libici naturalizzati e 13.000 i residenti. 1.592 i visti di quest’anno, il 99 % delle richieste. Nel 2014 sono stati 13.789 permessi di soggiorno rilasciati a paesi terzi, più del doppio rispetto al 2012, di cui 3.500 solo a cittadini libici.

Malta Identity, agenzia istituita dal premier Joseph Muscat per gestire visti e soggiorno, ha inviato a settembre lettere di revoca “in quanto informazioni e documentazione presentate sono ritenute inaffidabili”, dando due settimane di tempo per lasciare l’isola.

Mossa riconducibile alla truffa ideata da Joe Sammut, commercialista, ex tesoriere del Labour Party e curatore per 20 anni degli interessi dei Gheddafi a Malta: creare false società (850 aziende, 7.500 euro a persona e un ricavo ipotizzato di circa 6 milioni di euro), per garantire la cittadinanza a uomini d’affari libici e loro famiglie e a richiedenti vari, caso che ora coinvolge dogana, Financial Service, Agenzia, scuole di inglese, alberghi e che si intreccia all’indagine interna del 2014 per la quale è stata richiamata la console a Tripoli Marisa Farrugia: 300 visti al giorno, corsia preferenziale a presunti paganti e ai segnalati di Sammut.

Sotto Gheddafi molti giovani arrivavano per fare ciò che era proibito nel proprio paese: locali e prostituzione. Dopo, sono arrivati i ricchi sia pro-rivoluzione che ex papaveri del regime per vivere negli appartamenti extra lusso di Pendergarden e a Tignè Point, un colossale centro commerciale e palazzi costruiti quasi sull’acqua.

A Mosta ci sono gli uffici delle società commerciali e petrolifere della Libia che fa affari anche in mezzo al caos. Gli studenti invece vanno alle scuole di inglese in Saint Julian e a Ta’Giorni, dove si trova il Libyan Higher Vocational Institute Centre of Excellence, sul quale il governo di Tobruk ha investito nel 2013 oltre 22 milioni di euro, rafforzando gli accordi del 1976 con il governo maltese.

“I libici sono molto attaccati alla propria terra, ma sono tre le categorie che si trasferiscono qui”- spiega Nagia Essayed, architetto e insegnante, arrivata come molti altri (benestanti) durante la caduta del regime. Ha fondato col marito la "Libyan Foundation Reabilitation”, la Ong che fino ad oggi ha specializzato nella cura dei traumi di guerra 35 psicologi libici tramite l’Università di Oxford. "Sono famiglie che vogliono istruire i figli in un sistema simile a quello che avevano in patria, ricchi uomini d’affari, e giovani che arrivano col visto per lo studio”.

Gli ultimi arrivi hanno avuto libero acceso a Schengen da Malta e Italia con un visto turistico. Quando scade, "molti si rivolgono alla cattolica Malta Emigrant Commission per chiedere una protezione, e la ottengono”. Secondo l’UNHCR ad ottobre di 1.372 richieste di asilo 748 venivano dalla Libia, 280 dalla Siria, 54 dall'Ucraina. 874 le protezioni (asilo, temporanea o sussidiaria) riconosciute a cittadini libici.

“La protezione umanitaria temporanea vale 6 mesi, estendibile ad anno e poi a tre. Così possono andare dove vogliono, lavorare, ma non rientrare in Libia. Ci sono 14 famiglie di colore, che ricevono un sussidio, giunte dopo la rivoluzione e provenienti tutte da un villaggio nei pressi di Misurata. Le aiutiamo anche attraverso la nostra comunità” - racconta Abdulrazagh Zmirli, ex manager di Medavia, la compagnia libico-maltese che durante la caduta del regime garantiva i voli umanitari per conto dell’Onu. Conosce la comunanza tra i due paesi, dagli aiuti libici a Mintoff negli anni ’60, dopo le perdite economiche per la dismissione delle basi inglesi, agli accordi energetici e commerciali attuali. “Molti amici del regime sono venuti qui, ma la maggior parte è fuggita in Egitto e in sud America. I giovani che sono rimasti hanno preferito le armi. Chi parte è per diventare qualcuno”.

La Libia paga fino a 4 anni di studi, ma i fondi ora non arrivano, come per Hasim che frequentava il college Mcast e che ha una cugina bloccata in Usa per questo motivo. 2.500 euro per un corso di inglese di tre mesi, 10 mila euro per un anno. Alcuni fanno un master, quelli inviati dal governo magari come dottorandi hanno anche uno stipendio di circa 2.000 euro.

“Non sono tutti studenti. Loro e anche i feriti curati qui e in Italia sono ribelli anti-regime, inviati dal governo per tenerli lontani. C’era anche una pagina Facebook che pubblicizzava l'acquisto di un permesso per Malta, a 1.000 euro.”- dice Osama Benzeglem. Per lui vanno tenuti d’occhio specie quelli che arrivano da Misurata, Sabratha, Zawia, Zuwara, Zliten e “quei giovani che vanno e vengono da qui alla Turchia”.

Tassista e attivista, a Malta da 20 anni , Osama è finito 6 volte in tribunale per le denunce e le proteste contro la presunta corruzione e le presenze islamiste nell’ambasciata del governo di Tripoli, ad Attard, e contro Habib Lamin, il diplomatico a capo dell’ambasciata del governo ufficiale di Tobruk, a Ta’ Xbiex. Malta, suo malgrado, le ospita entrambe. “Conosci Abdelhakim Belhadj e Khaled al-Sharif? Sono i leader di Al Qaeda in Libia. Il secondo ha una compagnia aerea ed è diventato ministro della difesa del governo di Tripoli. Ha acquistato armi con i fondi del ministero e le ha vendute a Sirte e a Benghazi. E' stato a Malta molte volte. Anche Medi al Harati, che è cittadino irlandese. Ex sindaco di Tripoli, ha fondato una milizia in Siria, uno che non dovrebbe essere qui”.

Come Fahmi Slim Mousa Ben Khalifa, “il re del porto di Zwara”, nome che circola tra gli esperti della rete dei contrabbandieri di carburante, sigarette, migranti. Avrebbe un nave che frequenta i porti maltesi, ma lui ha smentito ogni accusa. La faccia del business buono invece è Hosni Bey, tycoon libico attivo del settore logistica, servizi, commercio, turismo in tutto il Mediterraneo e che qui è di casa. Anche per quelli come lui la Medavia fino al 5 novembre volava con due turboelica verso Mitiga, a Tripoli, al costo di circa 500 dollari. Era l’unica.

Il sogno di tutti è tornare in Libia. Hasin è preoccupato, non ha ancora la residenza perché all’ufficio immigrazione gli hanno perso i documenti e li ha dovuti consegnare di nuovo. “I fatti di Parigi? E’ una guerra religiosa e mediatica per screditare noi musulmani. Io supporto tutte le religioni, quel che sta succedendo copre interessi diversi americani o arabi, o europei. I media devono fermare questo lavaggio del cervello, e i paesi dialogare ma controllando meglio i confini”.

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